Il pensiero di Thomas Hobbes è davvero inconciliabile con il messaggio proposto dalla tradizione cristiana nel corso del tempo? È possibile, in qualche modo, mitigare questa credenza consolidata? Un mondo costituito da individui con istinti egoistici e prevaricatori può essere paragonato ad un proposito di fratellanza e cooperazione basato sulla fede? Partendo da questi interrogativi è nata la curiosità di approfondire l'argomento nella sede ufficiale della tesi di laurea. Avvalendomi dell'ausilio di illustri studiosi, anche contrari alla mia argomentazione iniziale, ho cercato di comparare le due visioni apparentemente antitetiche: come punto di partenza ho adottato uno degli elementi costitutivi di ciascuna di esse, lo stato di natura ed il giardino dell'Eden. Nel corso del lavoro ho voluto ricordare anche le manifeste differenze, allo scopo di acquisire una prospettiva nuova e funzionale all'obiettivo iniziale. È il caso del primo capitolo, nel quale si presenta una delle teorie più affascinanti e complesse del giusnaturalista britannico, quella dell'obbligazione, per adattarne le coordinate generali allo specifico caso della scelta di Adamo ed Eva di disobbedire ai dettami divini, assaporando il frutto dell'Albero della Vita posto al centro del maestoso giardino. Osservare tale fondamentale momento biblico attraverso gli schemi interpretativi di uno tra i filosofi maggiormente osteggiati dall'ambiente ecclesiastico risulta interessante e sorprendentemente naturale, tanto da porre diversi quesiti strutturali. Nella seconda parte della ricerca, si approfondisce la concezione di stato di natura, e come Hobbes sia riuscito a costruirla in maniera minuziosa, alla luce della destabilizzante scoperta del Nuovo Mondo e dei suoi abitanti. Mentre la reazione immediata degli altri intellettuali fu di spaesamento e conseguente presa di posizione identitaria contro le insormontabili diversità dei selvaggi, quella del filosofo britannico fu di apertura totale a un'originale forma di conoscenza, foriera di arricchimento personale. È a questo livello che si evidenzieranno altre somiglianze con l'impostazione cristiana. L'ultima parte è contraddistinta da un parallelismo fra l'atteggiamento degli storici del tempo nei confronti delle popolazioni americane e quello degli alti funzionari cattolici e anglicani verso Hobbes: è un disagio ampiamente legittimato e motivato oppure si tratta di una disarmante superficialità? Il risultato globale è un confronto di vedute a partire da un livello particolare fino ad arrivare ad uno più generico: rimane in entrambi i casi un filo conduttore tra i due poli che assume, gradualmente, i connotati di un legame indissolubile. Stato di natura ed Eden, Chiesa ed Hobbes, sono tanto lontani quanto vicini.
STATO DI NATURA. TRA FILOSOFIA E RELIGIONE
RUBERTO, DOMENICO
2017/2018
Abstract
Il pensiero di Thomas Hobbes è davvero inconciliabile con il messaggio proposto dalla tradizione cristiana nel corso del tempo? È possibile, in qualche modo, mitigare questa credenza consolidata? Un mondo costituito da individui con istinti egoistici e prevaricatori può essere paragonato ad un proposito di fratellanza e cooperazione basato sulla fede? Partendo da questi interrogativi è nata la curiosità di approfondire l'argomento nella sede ufficiale della tesi di laurea. Avvalendomi dell'ausilio di illustri studiosi, anche contrari alla mia argomentazione iniziale, ho cercato di comparare le due visioni apparentemente antitetiche: come punto di partenza ho adottato uno degli elementi costitutivi di ciascuna di esse, lo stato di natura ed il giardino dell'Eden. Nel corso del lavoro ho voluto ricordare anche le manifeste differenze, allo scopo di acquisire una prospettiva nuova e funzionale all'obiettivo iniziale. È il caso del primo capitolo, nel quale si presenta una delle teorie più affascinanti e complesse del giusnaturalista britannico, quella dell'obbligazione, per adattarne le coordinate generali allo specifico caso della scelta di Adamo ed Eva di disobbedire ai dettami divini, assaporando il frutto dell'Albero della Vita posto al centro del maestoso giardino. Osservare tale fondamentale momento biblico attraverso gli schemi interpretativi di uno tra i filosofi maggiormente osteggiati dall'ambiente ecclesiastico risulta interessante e sorprendentemente naturale, tanto da porre diversi quesiti strutturali. Nella seconda parte della ricerca, si approfondisce la concezione di stato di natura, e come Hobbes sia riuscito a costruirla in maniera minuziosa, alla luce della destabilizzante scoperta del Nuovo Mondo e dei suoi abitanti. Mentre la reazione immediata degli altri intellettuali fu di spaesamento e conseguente presa di posizione identitaria contro le insormontabili diversità dei selvaggi, quella del filosofo britannico fu di apertura totale a un'originale forma di conoscenza, foriera di arricchimento personale. È a questo livello che si evidenzieranno altre somiglianze con l'impostazione cristiana. L'ultima parte è contraddistinta da un parallelismo fra l'atteggiamento degli storici del tempo nei confronti delle popolazioni americane e quello degli alti funzionari cattolici e anglicani verso Hobbes: è un disagio ampiamente legittimato e motivato oppure si tratta di una disarmante superficialità? Il risultato globale è un confronto di vedute a partire da un livello particolare fino ad arrivare ad uno più generico: rimane in entrambi i casi un filo conduttore tra i due poli che assume, gradualmente, i connotati di un legame indissolubile. Stato di natura ed Eden, Chiesa ed Hobbes, sono tanto lontani quanto vicini.File | Dimensione | Formato | |
---|---|---|---|
814440_tesi..pdf
non disponibili
Tipologia:
Altro materiale allegato
Dimensione
503.42 kB
Formato
Adobe PDF
|
503.42 kB | Adobe PDF |
I documenti in UNITESI sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.
https://hdl.handle.net/20.500.14240/99297