La caduta del muro di Berlino nel 1989, sancì la fine della Guerra fredda. Il conflitto, per decenni, aveva dato forma a una geometria bipolare, dove Unione Sovietica e Stati Uniti svolgevano il ruolo di contrappesi delle rispettive potenze militari. Dissolto il blocco sovietico, gli Stati Uniti si ritrovarono a essere l'unica potenza con a disposizione uno straordinario potere militare, una ¿superpotenza¿. Come gestire il potere hard nella costruzione del Nuovo ordine mondiale annunciato dal Presidente Bush sr., e come combinarlo con i valori messianici wilsoniani, era un nuovo tema. Con gli attentati terroristici che colpirono gli Stati Uniti l'11 settembre 2001, l'amministrazione Bush varò una nuova strategia volta a garantire la sicurezza nazionale. Una svolta unilaterale, sancita dall'invasione dell'Iraq del 2003, era volta a dare agli Stati Uniti la dinamicità necessaria per combattere la ¿guerra al terrore¿, senza dover ricorrere alle regole e istituzioni internazionali che caratterizzano un approccio multilaterale. Da qui ha il suo inizio un dibattito intorno alle opportunità del multilateralismo e dell'unilateralismo e di quanto influiscano sulla legittimità del ruolo di guida dell'ordine liberale da parte degli Stati Uniti. Il dibattito non vede coinvolti solo importanti studiosi americani, ma inevitabilmente coinvolge le opinioni e il punto di vista degli alleati europei. Compito di questa dissertazione sarà, quindi, quello di esplorare il dibattito su unilateralismo e multilateralismo sviluppatosi tra il 2002 e il 2008 attraverso saggi e articoli di tre studiosi americani, ovvero John Ikenberry, Joseph Nye e Robert Kagan. Nella prima parte dell'elaborato, si darà spazio alla presentazione delle quattro scuole di pensiero, teorizzate da Walter Russel Mead nel saggio ¿Il serpente e la colomba¿ sulla politica estera degli Stati Uniti, che serviranno da riferimento per la successiva analisi del contesto storico, ossia, la Guerra del Golfo gli interventi in Kosovo e l'invasione dell'Iraq. Eventi ai quali si riferiranno sia Nye e sia Kagan. Nella seconda parte, si vedrà il dibattito vero e proprio. Partendo da Ikenberry e il suo saggio ¿Leviatano Liberale¿, si vedrà come per lo studioso americano la Dottrina Bush gettasse le basi per la costruzione di un'egemonia illiberale. Dopo Ikenberry, si passerà a introdurre Joseph Nye e la sua distinzione tra hard e soft power, necessaria per comprendere quale via sia preferibile, se quella unilaterale o multilaterale. Attraverso due saggi, pubblicati tra il 2003 e il 2004, ¿Paradiso e potere¿ e ¿Il diritto di fare la guerra¿ verrà presentata la difesa di Robert Kagan all'azione unilaterale degli Stati Uniti. Gran parte del lavoro dello studioso è incentrato sulla critica all'Europa, la quale sarebbe più propensa al multilateralismo poiché impossibilitata a colmare il divario di potenza militare con gli Stati Uniti. Il non aver costruito una potenza in grado di colmare il divario ed equilibrare il potere statunitense, è considerato da Kagan una delle promesse non mantenute dell'integrazione europea.
Unilateralismo e Multilateralismo: il dibattito americano dal 2001 al 2018
FASSETTA, FEDERICO
2017/2018
Abstract
La caduta del muro di Berlino nel 1989, sancì la fine della Guerra fredda. Il conflitto, per decenni, aveva dato forma a una geometria bipolare, dove Unione Sovietica e Stati Uniti svolgevano il ruolo di contrappesi delle rispettive potenze militari. Dissolto il blocco sovietico, gli Stati Uniti si ritrovarono a essere l'unica potenza con a disposizione uno straordinario potere militare, una ¿superpotenza¿. Come gestire il potere hard nella costruzione del Nuovo ordine mondiale annunciato dal Presidente Bush sr., e come combinarlo con i valori messianici wilsoniani, era un nuovo tema. Con gli attentati terroristici che colpirono gli Stati Uniti l'11 settembre 2001, l'amministrazione Bush varò una nuova strategia volta a garantire la sicurezza nazionale. Una svolta unilaterale, sancita dall'invasione dell'Iraq del 2003, era volta a dare agli Stati Uniti la dinamicità necessaria per combattere la ¿guerra al terrore¿, senza dover ricorrere alle regole e istituzioni internazionali che caratterizzano un approccio multilaterale. Da qui ha il suo inizio un dibattito intorno alle opportunità del multilateralismo e dell'unilateralismo e di quanto influiscano sulla legittimità del ruolo di guida dell'ordine liberale da parte degli Stati Uniti. Il dibattito non vede coinvolti solo importanti studiosi americani, ma inevitabilmente coinvolge le opinioni e il punto di vista degli alleati europei. Compito di questa dissertazione sarà, quindi, quello di esplorare il dibattito su unilateralismo e multilateralismo sviluppatosi tra il 2002 e il 2008 attraverso saggi e articoli di tre studiosi americani, ovvero John Ikenberry, Joseph Nye e Robert Kagan. Nella prima parte dell'elaborato, si darà spazio alla presentazione delle quattro scuole di pensiero, teorizzate da Walter Russel Mead nel saggio ¿Il serpente e la colomba¿ sulla politica estera degli Stati Uniti, che serviranno da riferimento per la successiva analisi del contesto storico, ossia, la Guerra del Golfo gli interventi in Kosovo e l'invasione dell'Iraq. Eventi ai quali si riferiranno sia Nye e sia Kagan. Nella seconda parte, si vedrà il dibattito vero e proprio. Partendo da Ikenberry e il suo saggio ¿Leviatano Liberale¿, si vedrà come per lo studioso americano la Dottrina Bush gettasse le basi per la costruzione di un'egemonia illiberale. Dopo Ikenberry, si passerà a introdurre Joseph Nye e la sua distinzione tra hard e soft power, necessaria per comprendere quale via sia preferibile, se quella unilaterale o multilaterale. Attraverso due saggi, pubblicati tra il 2003 e il 2004, ¿Paradiso e potere¿ e ¿Il diritto di fare la guerra¿ verrà presentata la difesa di Robert Kagan all'azione unilaterale degli Stati Uniti. Gran parte del lavoro dello studioso è incentrato sulla critica all'Europa, la quale sarebbe più propensa al multilateralismo poiché impossibilitata a colmare il divario di potenza militare con gli Stati Uniti. Il non aver costruito una potenza in grado di colmare il divario ed equilibrare il potere statunitense, è considerato da Kagan una delle promesse non mantenute dell'integrazione europea.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14240/99262