Sempre più spesso lo spazio delle grandi città sembra delinearsi come un ambiente ostile, il campo di battaglia su cui si combatte una guerra latente, le cui armi sono oggetti apparentemente innocui e insignificanti facenti parte dell'arredo urbano: panchine, barriere, dispositivi anti skater sono una presenza fissa nel panorama urbano e contribuiscono alla formazione di ecosistemi disegnati per modellare e controllare il comportamento dei suoi cittadini. Questa tendenza, che va sotto il nome di defensive design o architettura ostile pare diffondersi in maniera sostanzialmente indisturbata specie nei contesti urbani, con un impatto più problematico di quanto a prima vista possa sembrare. Interrogarsi sul ruolo che questi ed altri artefatti inanimati svolgono nella relazione con gli utenti umani e le loro eventuali implicazioni politiche è una necessità impellente, fondamentale per comprendere non solo il rapporto tra oggetti e soggetti, ma anche per indagare più a fondo il modo in cui gli oggetti abbiano in effetti un ruolo centrale nella determinazione delle relazioni intersoggettive. Nel corso di questo scritto la metodologia della semiotica degli oggetti verrà applicata all'analisi alcuni di questi dispositivi di architettura ostile, per meglio comprendere come questi rivestano il ruolo di agenti silenziosi in grado di far rispettare le regole, rafforzare o limitare certi comportamenti e operando quindi una distinzione implicita tra utenti desiderati e indesiderati.
Architettura ostile: strategie dell'esclusione nello spazio urbano
MONDINO, FRANCESCO
2018/2019
Abstract
Sempre più spesso lo spazio delle grandi città sembra delinearsi come un ambiente ostile, il campo di battaglia su cui si combatte una guerra latente, le cui armi sono oggetti apparentemente innocui e insignificanti facenti parte dell'arredo urbano: panchine, barriere, dispositivi anti skater sono una presenza fissa nel panorama urbano e contribuiscono alla formazione di ecosistemi disegnati per modellare e controllare il comportamento dei suoi cittadini. Questa tendenza, che va sotto il nome di defensive design o architettura ostile pare diffondersi in maniera sostanzialmente indisturbata specie nei contesti urbani, con un impatto più problematico di quanto a prima vista possa sembrare. Interrogarsi sul ruolo che questi ed altri artefatti inanimati svolgono nella relazione con gli utenti umani e le loro eventuali implicazioni politiche è una necessità impellente, fondamentale per comprendere non solo il rapporto tra oggetti e soggetti, ma anche per indagare più a fondo il modo in cui gli oggetti abbiano in effetti un ruolo centrale nella determinazione delle relazioni intersoggettive. Nel corso di questo scritto la metodologia della semiotica degli oggetti verrà applicata all'analisi alcuni di questi dispositivi di architettura ostile, per meglio comprendere come questi rivestano il ruolo di agenti silenziosi in grado di far rispettare le regole, rafforzare o limitare certi comportamenti e operando quindi una distinzione implicita tra utenti desiderati e indesiderati.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14240/98797