Nel presente lavoro è stata considerata la casistica affrontata presso la sezione di genetica forense del Laboratorio di Scienze Criminalistiche ¿Carlo Torre¿ dell'Università di Torino, nel periodo successivo ad acquisizione di certificazione ISO9001:2008 / ISO9001:2015 (2009-primo semestre 2019), in tema di: a) Accertamenti genetici giudiziali di paternità/consanguineità ai sensi degli art.269c.c. (n=337) b) Accertamenti genetici stragiudiziali di paternità/consanguineità (n=275) c) Accertamenti genetici di paternità/consanguineità per ricongiungimento o coesione familiare di migranti ai sensi dell'art. 2 bis del d.P.R 334/04 (n=52) Lo studio ha innanzitutto consentito di svolgere una riflessione su alcuni punti critici emersi nel corso dell'attività quali: a) Informazione ed assenso dei minori in fascia d'età (> 12 anni) nella quale il c.c. prevede espressamente il coinvolgimento (22% dei casi affrontati); b) Informazione degli interessati in merito ad esiti inattesi del test quale il riscontro di assetto cromosomico 46,XY in soggetto fenotipicamente femminile (un caso) o 47,XXY (due casi). Venendo agli aspetti più propriamente metodologici è stata valutata, in assenza di un quadro normativo nazionale specifico, l'aderenza delle procedure di laboratorio a quanto previsto in tema di indagini di paternità in documenti e raccomandazioni delle società scientifiche di settore (Società Italiana di Genetica Umana, 2013; gruppo Genetisti Forensi Italiani della Società Italiana di Medicina Legale, 2018), facendo anche riferimento a legislazioni estere (linee guida GEKO, Repubblica Federale Tedesca, 2013). Nel 90,2% dei casi la batteria di marcatori polimorfici utilizzati presentava a priori una probabilità di esclusione media >99.999%, anche in casi difettivi. Nel 99,4% dei casi i valori di PI e W ottenuti superavano la soglia nominale di 10000 e 99,99% rispettivamente ed è stato possibile pervenire ad un calcolo del rapporto di verosimiglianza (paternity index, PI) e della conseguente probabilità di paternità (W), sia in casi standard che in assenza di campione materno. I test difettivi (presunto padre deceduto) sono stati complessivamente 5%. Questi casi sono stati affrontati analizzando campioni d'archivio del defunto (principalmente tessuti FFPE 19,5%) o esumazione del cadavere (81,5%). Per i restanti è stato possibile effettuare esami indiretti volti a ricostruire il genotipo del defunto attraverso quello di consanguinei viventi. Il 52% di questi casi ha richiesto l'analisi di polimorfismi addizionali, rispetto a convenzionali marcatori short tandem repeat (STR) localizzati su cromosomi non sessuali, come: - STR del cromosoma X (34%); - STR del cromosoma Y (15%); - regioni ipervariabili HV1 e HV2 del DNA mitocondriale (3%). Con particolare riferimento ai test per ricongiungimento/coesione familiare dei migranti si segnala infine come, in conseguenza delle molteplici possibili ipotesi alternative a quella di consanguineità saggiata, è difficile pervenire a valori univoci di rapporto di verosimiglianza. In questo tipo di indagini, il ricorso a soglie nominali oltre le quali la relazione di parentela potrebbe dirsi provata appare approccio semplicistico e sconsigliato. In tali circostanze il test genetico dovrebbe essere semmai considerato elemento a supporto, che non contraddice le attestazioni degli interessati, da valutare ad opera delle autorità competenti alla luce di un quadro di conoscenza più ampio relativo al singolo caso.

Indagini genetiche di paternità/consanguineità giudiziali e stragiudiziali presso il Laboratorio di Scienze Criminalistiche dell'Università di Torino revisione casistica 2009-2019

GHISO, VIRGINIA
2018/2019

Abstract

Nel presente lavoro è stata considerata la casistica affrontata presso la sezione di genetica forense del Laboratorio di Scienze Criminalistiche ¿Carlo Torre¿ dell'Università di Torino, nel periodo successivo ad acquisizione di certificazione ISO9001:2008 / ISO9001:2015 (2009-primo semestre 2019), in tema di: a) Accertamenti genetici giudiziali di paternità/consanguineità ai sensi degli art.269c.c. (n=337) b) Accertamenti genetici stragiudiziali di paternità/consanguineità (n=275) c) Accertamenti genetici di paternità/consanguineità per ricongiungimento o coesione familiare di migranti ai sensi dell'art. 2 bis del d.P.R 334/04 (n=52) Lo studio ha innanzitutto consentito di svolgere una riflessione su alcuni punti critici emersi nel corso dell'attività quali: a) Informazione ed assenso dei minori in fascia d'età (> 12 anni) nella quale il c.c. prevede espressamente il coinvolgimento (22% dei casi affrontati); b) Informazione degli interessati in merito ad esiti inattesi del test quale il riscontro di assetto cromosomico 46,XY in soggetto fenotipicamente femminile (un caso) o 47,XXY (due casi). Venendo agli aspetti più propriamente metodologici è stata valutata, in assenza di un quadro normativo nazionale specifico, l'aderenza delle procedure di laboratorio a quanto previsto in tema di indagini di paternità in documenti e raccomandazioni delle società scientifiche di settore (Società Italiana di Genetica Umana, 2013; gruppo Genetisti Forensi Italiani della Società Italiana di Medicina Legale, 2018), facendo anche riferimento a legislazioni estere (linee guida GEKO, Repubblica Federale Tedesca, 2013). Nel 90,2% dei casi la batteria di marcatori polimorfici utilizzati presentava a priori una probabilità di esclusione media >99.999%, anche in casi difettivi. Nel 99,4% dei casi i valori di PI e W ottenuti superavano la soglia nominale di 10000 e 99,99% rispettivamente ed è stato possibile pervenire ad un calcolo del rapporto di verosimiglianza (paternity index, PI) e della conseguente probabilità di paternità (W), sia in casi standard che in assenza di campione materno. I test difettivi (presunto padre deceduto) sono stati complessivamente 5%. Questi casi sono stati affrontati analizzando campioni d'archivio del defunto (principalmente tessuti FFPE 19,5%) o esumazione del cadavere (81,5%). Per i restanti è stato possibile effettuare esami indiretti volti a ricostruire il genotipo del defunto attraverso quello di consanguinei viventi. Il 52% di questi casi ha richiesto l'analisi di polimorfismi addizionali, rispetto a convenzionali marcatori short tandem repeat (STR) localizzati su cromosomi non sessuali, come: - STR del cromosoma X (34%); - STR del cromosoma Y (15%); - regioni ipervariabili HV1 e HV2 del DNA mitocondriale (3%). Con particolare riferimento ai test per ricongiungimento/coesione familiare dei migranti si segnala infine come, in conseguenza delle molteplici possibili ipotesi alternative a quella di consanguineità saggiata, è difficile pervenire a valori univoci di rapporto di verosimiglianza. In questo tipo di indagini, il ricorso a soglie nominali oltre le quali la relazione di parentela potrebbe dirsi provata appare approccio semplicistico e sconsigliato. In tali circostanze il test genetico dovrebbe essere semmai considerato elemento a supporto, che non contraddice le attestazioni degli interessati, da valutare ad opera delle autorità competenti alla luce di un quadro di conoscenza più ampio relativo al singolo caso.
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