La terra e l'acqua sono i due pilastri fondamentali dai quali dipende l'agricoltura e quindi l'intera umanità. Sfortunatamente sono state entrambe drasticamente inquinate da prodotti chimici a causa di attività naturali e antropogeniche. La ricerca, il trasporto e la lavorazione del petrolio hanno portato alla contaminazione di suoli, acque superficiali e sotterranee causando effetti negativi per l'ambiente, per gli animali, per i vegetali e per le popolazioni di molti paesi. Dal momento che le comuni tecniche di risanamento ambientale (chimiche e meccaniche) sono molto costose e distruttive, si sono iniziati a cercare nuovi metodi più economici, meno invasivi e più rispettosi per l'ambiente da risanare. La fitodepurazione è un sistema di bonifica naturale che prevede l'utilizzo delle piante e dei batteri ad esse associati per rimuovere gli inquinanti dall'ambiente o renderli inoffensivi. Questa tecnica può essere usata sia in situ che ex situ, a seconda delle necessità. In entrambi i casi vanno scelte delle specie di piante con caratteristiche idonee al contaminante da trattare. Per rimuovere il petrolio e i suoi composti da un'area si utilizzano piante molto tolleranti nei loro confronti così che possano crescere e svilupparsi velocemente. Queste devono anche avere una grande produzione di biomassa ipogea ed epigea, avere la capacità di assorbire e accumulare l'inquinante e devono inoltre possedere enzimi e vie metaboliche per degradarlo. È stato riscontrato che i batteri nella rizosfera hanno un ruolo importantissimo nei processi di fitodepurazione poiché possono degradare i composti del petrolio e ricavarne energia; per questo vengono impiegate piante che secernono essudati che ne stimolano la crescita e il metabolismo. I ceppi più comuni sono Pseudomonas e Acinetobacter. Anche gli essudati sono quindi fondamentali per una fitodepurazione efficace, infatti questi permettono la degradazione diretta degli idrocarburi del petrolio, aumentano la biodisponibilità dell'inquinante così che questo possa essere degradato o assorbito, stimolano la produzione di enzimi batterici coinvolti nella degradazione di questi composti e inoltre forniscono un costante approvvigionamento di nutrienti ed energia alle comunità batteriche nella rizosfera. Prima di utilizzare questa tecnica in situ vengono svolti dei test in laboratorio per scegliere le piante più idonee a quella determinata situazione. Si possono usare macrofite galleggianti, sommerse ed emergenti. Gli studi hanno dimostrato che la biomassa totale prodotta dalle piante, la lunghezza delle loro radici e dei loro germogli sono influenzate negativamente dalla presenza del petrolio. Alcune specie molto tolleranti sono T. latifolia, C. laevigatus, L. fusca e U. mutica. La fitodepurazione coinvolge molti meccanismi: la degradazione diretta e indiretta. La fitostabilizzazione prevede la stabilizazione dei contaminanti sfruttando l'effetto degli essudati che li legano o l'assorbimento radicale. La fitoaccumulazione implica l'assorbimento dell'inquinante e il suo trasporto nei tessuti attraverso lo xilema. La fitovolatilizzazione utilizza la traspirazione per liberare nell'atmosfera gli inquinanti volatili modificati durante il trasporto. La fitodepurazione è una tecnica innovativa ed efficace, poco costosa e rispettosa dell'ambiente. Sono tuttavia richiesti altri studi per comprenderne i meccanismi e testare nuove piante e batteri.
La fitodepurazione delle acque contaminate dal petrolio
RIZZA, DANIELE
2018/2019
Abstract
La terra e l'acqua sono i due pilastri fondamentali dai quali dipende l'agricoltura e quindi l'intera umanità. Sfortunatamente sono state entrambe drasticamente inquinate da prodotti chimici a causa di attività naturali e antropogeniche. La ricerca, il trasporto e la lavorazione del petrolio hanno portato alla contaminazione di suoli, acque superficiali e sotterranee causando effetti negativi per l'ambiente, per gli animali, per i vegetali e per le popolazioni di molti paesi. Dal momento che le comuni tecniche di risanamento ambientale (chimiche e meccaniche) sono molto costose e distruttive, si sono iniziati a cercare nuovi metodi più economici, meno invasivi e più rispettosi per l'ambiente da risanare. La fitodepurazione è un sistema di bonifica naturale che prevede l'utilizzo delle piante e dei batteri ad esse associati per rimuovere gli inquinanti dall'ambiente o renderli inoffensivi. Questa tecnica può essere usata sia in situ che ex situ, a seconda delle necessità. In entrambi i casi vanno scelte delle specie di piante con caratteristiche idonee al contaminante da trattare. Per rimuovere il petrolio e i suoi composti da un'area si utilizzano piante molto tolleranti nei loro confronti così che possano crescere e svilupparsi velocemente. Queste devono anche avere una grande produzione di biomassa ipogea ed epigea, avere la capacità di assorbire e accumulare l'inquinante e devono inoltre possedere enzimi e vie metaboliche per degradarlo. È stato riscontrato che i batteri nella rizosfera hanno un ruolo importantissimo nei processi di fitodepurazione poiché possono degradare i composti del petrolio e ricavarne energia; per questo vengono impiegate piante che secernono essudati che ne stimolano la crescita e il metabolismo. I ceppi più comuni sono Pseudomonas e Acinetobacter. Anche gli essudati sono quindi fondamentali per una fitodepurazione efficace, infatti questi permettono la degradazione diretta degli idrocarburi del petrolio, aumentano la biodisponibilità dell'inquinante così che questo possa essere degradato o assorbito, stimolano la produzione di enzimi batterici coinvolti nella degradazione di questi composti e inoltre forniscono un costante approvvigionamento di nutrienti ed energia alle comunità batteriche nella rizosfera. Prima di utilizzare questa tecnica in situ vengono svolti dei test in laboratorio per scegliere le piante più idonee a quella determinata situazione. Si possono usare macrofite galleggianti, sommerse ed emergenti. Gli studi hanno dimostrato che la biomassa totale prodotta dalle piante, la lunghezza delle loro radici e dei loro germogli sono influenzate negativamente dalla presenza del petrolio. Alcune specie molto tolleranti sono T. latifolia, C. laevigatus, L. fusca e U. mutica. La fitodepurazione coinvolge molti meccanismi: la degradazione diretta e indiretta. La fitostabilizzazione prevede la stabilizazione dei contaminanti sfruttando l'effetto degli essudati che li legano o l'assorbimento radicale. La fitoaccumulazione implica l'assorbimento dell'inquinante e il suo trasporto nei tessuti attraverso lo xilema. La fitovolatilizzazione utilizza la traspirazione per liberare nell'atmosfera gli inquinanti volatili modificati durante il trasporto. La fitodepurazione è una tecnica innovativa ed efficace, poco costosa e rispettosa dell'ambiente. Sono tuttavia richiesti altri studi per comprenderne i meccanismi e testare nuove piante e batteri.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14240/97992