Il settore agricolo, ed in particolare quello zootecnico, è tra i principali responsabili dell'emissioni di metano (CH4), anidride carbonica (CO2), protossido di azoto (N2O) e idrocarburi alogenati di origine antropogenica, tutti classificati come gas serra (GHG, Green House Gas). Tra le specie allevate, le maggiori emissioni di GHG sono a carico dei ruminanti che, a causa del loro apparato digerente e della popolazione microbica presente nei prestomaci, sono in grado di fermentare i carboidrati in metaboliti terminali, che andranno a formare acidi grassi volatili (AGV), con produzione di anidride carbonica e idrogeno, entrambi utilizzati dai batteri metanogeni per sintetizzare metano. Il campionamento e la quantificazione del metano prodotto dai ruminanti avviene con varie tecniche in funzione del tipo di ricerca condotta (in vivo o in vitro). Per studi effettuati in vivo vengono utilizzate camere respiratorie dove si misurano i gas eruttati dall'animale; evidenti vincoli economici e spaziali ne limitano l'utilizzo. Più utilizzata è la tecnica ¿tracer¿, che si basa sull'utilizzo di un gas tracciante (esafluoruro di zolfo, SF6) e che permette di identificare i volumi dei gas target. Riconosciuto il ruolo dei ruminanti nella produzione dei gas serra, si è cercato recentemente di capire se la manipolazione della dieta attraverso la scelta e il dosaggio preciso degli alimenti, e/o l'aggiunta di specifiche sostanze naturali o sintetiche, potesse mitigare le emissioni di metano enterico. Tra i composti di natura sintetica, con effetto inibitorio nei confronti degli archeobatteri del rumine (responsabili della produzione di metano) ci sono il bromoclorometano (BCM), il 2-bromo-etano solfonato, il cloroformio e la ciclodestrina. Alcune ricerche hanno dimostrato come quantità ridotte di questi composti nella razione possano diminuire significativamente le emissioni di metano enterico, mentre dosi elevate (in particolare di cloroformio), possono risultare tossiche. Composti come l'etil-3-nitrossipropionato (E3NP) e il 3 nitrossipropanolo (3-NOP) sono stati utilizzati per inibire la metanogenesi, agendo direttamente sul metil-coenzima M reduttasi (MCR), catalizzatore della biosintesi del CH4. Anche i nitrati sono composti in grado di attenuare le emissioni di CH4, perché agiscono come dissipatori di idrogeno nel rumine, e competono con la formazione di metano. All'interno del rumine i nitrati vengono ridotti a nitriti, che possono risultare tossici perché, una volta assorbiti, si legano ai globuli rossi ossidandosi a nitrati trasformando il ferro ferroso (Fe2+) dell'emoglobina in ferro ferrico (Fe3+), rendendoli così incapaci di trasportare ossigeno. La scarsa o nulla accettazione pubblica di queste e altre sostanze inibenti di origine sintetica, ha fatto sì che la ricerca si orientasse sempre di più sull'uso di composti naturali. Tra questi, molto diffusi sono i polifenoli (ampia classe di metaboliti secondari delle piante con una porzione fenolica), ed in particolare i tannini, che possono inibire l'emissione di gas di eruttazione agendo direttamente sulla popolazione di batteri metanogeni ovvero limitando la produzione di idrogeno. Anche le saponine, contenute in estratti vegetali di Yucca schidigera e Quillaja saponaria, sono interessanti come potenziali additivi naturali dei mangimi per bovini da latte e da carne, poiché inibiscono l'attività dei protozoi ruminali, dei quali circa il 25% vive in associazione con i metanogeni. La futura domanda dei prodotti di origine animale vedrà parallelamente un aumento sempre più consistente degli allevamenti intensivi, con un numero di capi così elevato da poter essere considerato un serio problema ambientale.

Strategie nutrizionali per la mitigazione delle emissioni di metano nei ruminanti

MY, GABRIELE
2018/2019

Abstract

Il settore agricolo, ed in particolare quello zootecnico, è tra i principali responsabili dell'emissioni di metano (CH4), anidride carbonica (CO2), protossido di azoto (N2O) e idrocarburi alogenati di origine antropogenica, tutti classificati come gas serra (GHG, Green House Gas). Tra le specie allevate, le maggiori emissioni di GHG sono a carico dei ruminanti che, a causa del loro apparato digerente e della popolazione microbica presente nei prestomaci, sono in grado di fermentare i carboidrati in metaboliti terminali, che andranno a formare acidi grassi volatili (AGV), con produzione di anidride carbonica e idrogeno, entrambi utilizzati dai batteri metanogeni per sintetizzare metano. Il campionamento e la quantificazione del metano prodotto dai ruminanti avviene con varie tecniche in funzione del tipo di ricerca condotta (in vivo o in vitro). Per studi effettuati in vivo vengono utilizzate camere respiratorie dove si misurano i gas eruttati dall'animale; evidenti vincoli economici e spaziali ne limitano l'utilizzo. Più utilizzata è la tecnica ¿tracer¿, che si basa sull'utilizzo di un gas tracciante (esafluoruro di zolfo, SF6) e che permette di identificare i volumi dei gas target. Riconosciuto il ruolo dei ruminanti nella produzione dei gas serra, si è cercato recentemente di capire se la manipolazione della dieta attraverso la scelta e il dosaggio preciso degli alimenti, e/o l'aggiunta di specifiche sostanze naturali o sintetiche, potesse mitigare le emissioni di metano enterico. Tra i composti di natura sintetica, con effetto inibitorio nei confronti degli archeobatteri del rumine (responsabili della produzione di metano) ci sono il bromoclorometano (BCM), il 2-bromo-etano solfonato, il cloroformio e la ciclodestrina. Alcune ricerche hanno dimostrato come quantità ridotte di questi composti nella razione possano diminuire significativamente le emissioni di metano enterico, mentre dosi elevate (in particolare di cloroformio), possono risultare tossiche. Composti come l'etil-3-nitrossipropionato (E3NP) e il 3 nitrossipropanolo (3-NOP) sono stati utilizzati per inibire la metanogenesi, agendo direttamente sul metil-coenzima M reduttasi (MCR), catalizzatore della biosintesi del CH4. Anche i nitrati sono composti in grado di attenuare le emissioni di CH4, perché agiscono come dissipatori di idrogeno nel rumine, e competono con la formazione di metano. All'interno del rumine i nitrati vengono ridotti a nitriti, che possono risultare tossici perché, una volta assorbiti, si legano ai globuli rossi ossidandosi a nitrati trasformando il ferro ferroso (Fe2+) dell'emoglobina in ferro ferrico (Fe3+), rendendoli così incapaci di trasportare ossigeno. La scarsa o nulla accettazione pubblica di queste e altre sostanze inibenti di origine sintetica, ha fatto sì che la ricerca si orientasse sempre di più sull'uso di composti naturali. Tra questi, molto diffusi sono i polifenoli (ampia classe di metaboliti secondari delle piante con una porzione fenolica), ed in particolare i tannini, che possono inibire l'emissione di gas di eruttazione agendo direttamente sulla popolazione di batteri metanogeni ovvero limitando la produzione di idrogeno. Anche le saponine, contenute in estratti vegetali di Yucca schidigera e Quillaja saponaria, sono interessanti come potenziali additivi naturali dei mangimi per bovini da latte e da carne, poiché inibiscono l'attività dei protozoi ruminali, dei quali circa il 25% vive in associazione con i metanogeni. La futura domanda dei prodotti di origine animale vedrà parallelamente un aumento sempre più consistente degli allevamenti intensivi, con un numero di capi così elevato da poter essere considerato un serio problema ambientale.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14240/97465