I fungicidi sono la classe di prodotti fitosanitari più utilizzata in italia (61,4%) e in Europa, uno dei sistemi che ne richiede una maggior quantità per ettaro è la viticoltura. Ciò stimola diversi controlli territoriali atti per monitorare eventuali contaminazioni e le loro conseguenze ambientali, in modo da programmare pratiche sempre più sostenibili. Per quanto riguarda i rilevamenti delle acque superficiali e sotterranee sono state trovate diverse sostanze di sintesi a concentrazioni maggiori dello standard di qualità ambientale (SQA). Questi non essendo prodotti selettivi esercitano anche una effetto negativo sulla microflora del suolo dove, essendo dilavati per effetto delle piogge, vengono frequentemente ritrovati. Queste considerazioni fanno capire che le pratiche in uso nelle aziende convenzionali non garantiscono la sostenibilità dell'agroecosistema, ma anche sistemi come quello biologico presentano criticità da superare. Infatti la difesa di patogeni avviente in questo caso quasi esclusivamente con prodotti a base di zolfo e rame, quest'ultimo, per le sue caratteristiche chimico-fisiche, può abbassare notevolmente la qualità del suolo. I diversi formulati che si trovano in commercio, una volta nel suolo, vengono rapidamente adsorbiti dai siti di scambio cationico di fillosilicati e sostanza organica. Ciò lo rende uno degli elementi meno mobili nel suolo e unitamente al fatto che non può essere degradato ne causa l'accumulo negli strati superficiali e in corrispondenza del filare. Conseguentemente si possono averere ripercussioni su fauna del suolo, popolazione microbica, piante con apparato radicale superficiale ed eventuale contaminazione di altri comparti ambiantali per ruscellamento. Alcune soluzioni potrebbero essere l'utilizzo di molecole alternative a basso (o nullo) impatto ambientale come fosfonato di potassio, estratto di Ascophyllum nodosum (induttore di resistenza) , gluconato di rame o prodotti a base di argille. Formulati come quelli sopra elencati possono essere utlillizzati per abbassare in modo considerevole la dose di rame o sostituirlo in alcuni trattamenti, considerando la limitazione europea di 6 kg ha-1 anno-1. Il loro utilizzo è ora molto limitato in quanto non sono ancora approvati come trattamenti (ma solo come concimi) e non sono del tutto risolutivi. Quindi per porre rimedio all'uso di rame (il cui utilizzo non può ancora essere ridotto a zero) e per risanare i campi ormai contaminati a livelli critici, si stanno sviluppando metodi che utilizzano piante in combinazione con microrganismi per estrarre e smaltire il metallo (fitoestrazione) o con microrganismi che ne abbasano la biodisponibilità (biostabilizzazione).

Effetti dei trattamenti fungicidi della vite sulla qualità del suolo

OMEDÈ, GABRIELE
2017/2018

Abstract

I fungicidi sono la classe di prodotti fitosanitari più utilizzata in italia (61,4%) e in Europa, uno dei sistemi che ne richiede una maggior quantità per ettaro è la viticoltura. Ciò stimola diversi controlli territoriali atti per monitorare eventuali contaminazioni e le loro conseguenze ambientali, in modo da programmare pratiche sempre più sostenibili. Per quanto riguarda i rilevamenti delle acque superficiali e sotterranee sono state trovate diverse sostanze di sintesi a concentrazioni maggiori dello standard di qualità ambientale (SQA). Questi non essendo prodotti selettivi esercitano anche una effetto negativo sulla microflora del suolo dove, essendo dilavati per effetto delle piogge, vengono frequentemente ritrovati. Queste considerazioni fanno capire che le pratiche in uso nelle aziende convenzionali non garantiscono la sostenibilità dell'agroecosistema, ma anche sistemi come quello biologico presentano criticità da superare. Infatti la difesa di patogeni avviente in questo caso quasi esclusivamente con prodotti a base di zolfo e rame, quest'ultimo, per le sue caratteristiche chimico-fisiche, può abbassare notevolmente la qualità del suolo. I diversi formulati che si trovano in commercio, una volta nel suolo, vengono rapidamente adsorbiti dai siti di scambio cationico di fillosilicati e sostanza organica. Ciò lo rende uno degli elementi meno mobili nel suolo e unitamente al fatto che non può essere degradato ne causa l'accumulo negli strati superficiali e in corrispondenza del filare. Conseguentemente si possono averere ripercussioni su fauna del suolo, popolazione microbica, piante con apparato radicale superficiale ed eventuale contaminazione di altri comparti ambiantali per ruscellamento. Alcune soluzioni potrebbero essere l'utilizzo di molecole alternative a basso (o nullo) impatto ambientale come fosfonato di potassio, estratto di Ascophyllum nodosum (induttore di resistenza) , gluconato di rame o prodotti a base di argille. Formulati come quelli sopra elencati possono essere utlillizzati per abbassare in modo considerevole la dose di rame o sostituirlo in alcuni trattamenti, considerando la limitazione europea di 6 kg ha-1 anno-1. Il loro utilizzo è ora molto limitato in quanto non sono ancora approvati come trattamenti (ma solo come concimi) e non sono del tutto risolutivi. Quindi per porre rimedio all'uso di rame (il cui utilizzo non può ancora essere ridotto a zero) e per risanare i campi ormai contaminati a livelli critici, si stanno sviluppando metodi che utilizzano piante in combinazione con microrganismi per estrarre e smaltire il metallo (fitoestrazione) o con microrganismi che ne abbasano la biodisponibilità (biostabilizzazione).
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