Agli inizi dell'Ottocento Hegel annuncia che l'arte ha ormai oltrepassato il momento in cui era in grado manifestare lo spirito nel modo più adeguato, ed è destinata, per questo motivo, a svolgere una funzione indebolita rispetto a quella che aveva svolto nel passato. Questa possibilità sembra poi essere confermata dell'arte del Novecento, la quale, a partire dalle avanguardie storiche, si pone in aperto contrasto con la storia dell'arte passata e sembra ritirarsi in un ¿mondo dell'arte¿ isolato, rinunciando alle prerogative che l'avevano caratterizzata fino ad un secolo prima. Il problema posto da Hegel, perciò, ha avuto grande risonanza durante tutto il Novecento e, tra gli autori che hanno provato a riattualizzare la tesi di Hegel, Arthur Danto occupa certamente un posto di rilievo. Danto riprende la visione hegeliana, ma intende la ¿fine dell'arte¿ come la conclusione di una precisa narrazione, la storia dell'arte occidentale, al termine della quale gli artisti possono godere di uno stato di completa libertà. Non dovendo più produrre opere con l'obiettivo di far progredire la storia dell'arte, essi sono finalmente liberi di offrire delle personali rappresentazioni del mondo senza vincoli di alcun tipo. Nel presente lavoro, perciò, l'intento è stato quello di analizzare da una parte i reali punti di contatto tra la tesi di Hegel e quella di Danto, e dall'altra le profonde differenze che intercorrono tra le visioni dei due autori, con l'obiettivo finale di comprendere quale delle due riesca a spiegare meglio il panorama contemporaneo.

L'arte dopo la fine dell'arte: un confronto tra Danto e Hegel

PIETROPAOLO, LEONARDO
2017/2018

Abstract

Agli inizi dell'Ottocento Hegel annuncia che l'arte ha ormai oltrepassato il momento in cui era in grado manifestare lo spirito nel modo più adeguato, ed è destinata, per questo motivo, a svolgere una funzione indebolita rispetto a quella che aveva svolto nel passato. Questa possibilità sembra poi essere confermata dell'arte del Novecento, la quale, a partire dalle avanguardie storiche, si pone in aperto contrasto con la storia dell'arte passata e sembra ritirarsi in un ¿mondo dell'arte¿ isolato, rinunciando alle prerogative che l'avevano caratterizzata fino ad un secolo prima. Il problema posto da Hegel, perciò, ha avuto grande risonanza durante tutto il Novecento e, tra gli autori che hanno provato a riattualizzare la tesi di Hegel, Arthur Danto occupa certamente un posto di rilievo. Danto riprende la visione hegeliana, ma intende la ¿fine dell'arte¿ come la conclusione di una precisa narrazione, la storia dell'arte occidentale, al termine della quale gli artisti possono godere di uno stato di completa libertà. Non dovendo più produrre opere con l'obiettivo di far progredire la storia dell'arte, essi sono finalmente liberi di offrire delle personali rappresentazioni del mondo senza vincoli di alcun tipo. Nel presente lavoro, perciò, l'intento è stato quello di analizzare da una parte i reali punti di contatto tra la tesi di Hegel e quella di Danto, e dall'altra le profonde differenze che intercorrono tra le visioni dei due autori, con l'obiettivo finale di comprendere quale delle due riesca a spiegare meglio il panorama contemporaneo.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14240/95170