Il tartufo, in particolare il tartufo bianco (Tuber magnatum), rappresenta uno dei prodotti più pregiati per il territorio piemontese e, grazie ad esso, ogni anno migliaia di persone sono attirate dal suo aroma nelle decine di fiere dislocate sul territorio. Ultimamente anche altre specie hanno assunto maggiore importanza, in particolare il tartufo nero pregiato, soprattutto in relazione alle reali possibilità di coltivazione. Il lavoro ha riguardato un aggiornamento delle informazioni disponibili (aspetti produttivi e normativi del tartufo a livello internazionale e nazionale), lo studio dell'intero settore tartuficolo piemontese ed infine l'analisi della tartuficoltura in Valle Grana, esaminandone le principali caratteristiche che la rendono una delle poche zone idonee alla coltivazione del tartufo nero pregiato. Nell'ultimo decennio, l'intero comparto ha evidenziato una costante crescita, sia a livello di cercatori, sia a livello di prodotto commercializzato. Se la domanda è aumentata, non si può dire lo stesso per l'offerta che è sempre più ridotta, o meglio le produzioni nazionali e regionali sembrano in continuo calo, costringendo i principali attori della filiera ad importare i tartufi da altri Paesi. Sotto l'aspetto normativo non si segnalano particolari novità, ad eccezione della riforma fiscale che ha ridotto, a partire da gennaio 2017, l'aliquota IVA dal 22 al 10%. Risulta indispensabile, come riportato dal Piano nazionale della filiera del tartufo 2017-2020, una revisione della normativa nazionale, spesso in contrasto con le norme europee. Concentrando l'attenzione sul Piemonte, il numero di raccoglitori tesserati e la superficie riconosciuta a tartufaia controllata presentano entrambi un trend in crescita, mentre per quanto riguarda le fiere, si è registrata una perdita di 6 eventi negli ultimi 12 anni; quelle rimaste hanno acquisito maggiore importanza, sia per quanto riguarda la loro classificazione, sia per la durata. In Valle Grana, nel settore sud-occidentale del Piemonte, l'interesse per la tartuficoltura è cresciuto costantemente nel tempo, soprattutto grazie al ruolo svolto dall'Associazione Tartuficoltori di Montemale di Cuneo che, oltre ad aiutare i soci nella conduzione delle proprie tartufaie coltivate, svolge anche interventi mirati al recupero delle tartufaie naturali in stato di abbandono, cercando di favorire le produzioni che sembrano in costante diminuzione, in linea con quanto accade sull'intero territorio nazionale. Concentrandosi sui dati produttivi, è stato osservato che gli aspetti climatici sono sicuramente coinvolti nel ciclo di sviluppo e crescita del tartufo, ma molto dipende anche dalla predisposizione della pianta ad unirsi al fungo. Nonostante il ridotto numero di osservazioni, è possibile dire che la roverella presenta delle produzioni 7-10 volte inferiori rispetto ai dati bibliografici finora disponibili e che una produzione media stimata di 2,8 kg/ha/anno non risulta sufficiente a coprire tutti i costi di impianto e gestione. Infatti, la produzione dovrebbe ammontare a circa 8 kg/ha/ano. Quindi, con le attuali produzioni, la coltivazione dei tartufi neri con le roverelle non risulta sostenibile dal punto di vista economico, anche considerando eventuali contributi previsti dal PSR, ma può rappresentare un'attività da svolgere a livello hobbistico, in grado di recuperare piccole porzioni di territorio altrimenti destinate all'abbandono.
Evoluzione del settore tartuficolo in Piemonte nell'ultimo decennio
CAPO, LUCA
2017/2018
Abstract
Il tartufo, in particolare il tartufo bianco (Tuber magnatum), rappresenta uno dei prodotti più pregiati per il territorio piemontese e, grazie ad esso, ogni anno migliaia di persone sono attirate dal suo aroma nelle decine di fiere dislocate sul territorio. Ultimamente anche altre specie hanno assunto maggiore importanza, in particolare il tartufo nero pregiato, soprattutto in relazione alle reali possibilità di coltivazione. Il lavoro ha riguardato un aggiornamento delle informazioni disponibili (aspetti produttivi e normativi del tartufo a livello internazionale e nazionale), lo studio dell'intero settore tartuficolo piemontese ed infine l'analisi della tartuficoltura in Valle Grana, esaminandone le principali caratteristiche che la rendono una delle poche zone idonee alla coltivazione del tartufo nero pregiato. Nell'ultimo decennio, l'intero comparto ha evidenziato una costante crescita, sia a livello di cercatori, sia a livello di prodotto commercializzato. Se la domanda è aumentata, non si può dire lo stesso per l'offerta che è sempre più ridotta, o meglio le produzioni nazionali e regionali sembrano in continuo calo, costringendo i principali attori della filiera ad importare i tartufi da altri Paesi. Sotto l'aspetto normativo non si segnalano particolari novità, ad eccezione della riforma fiscale che ha ridotto, a partire da gennaio 2017, l'aliquota IVA dal 22 al 10%. Risulta indispensabile, come riportato dal Piano nazionale della filiera del tartufo 2017-2020, una revisione della normativa nazionale, spesso in contrasto con le norme europee. Concentrando l'attenzione sul Piemonte, il numero di raccoglitori tesserati e la superficie riconosciuta a tartufaia controllata presentano entrambi un trend in crescita, mentre per quanto riguarda le fiere, si è registrata una perdita di 6 eventi negli ultimi 12 anni; quelle rimaste hanno acquisito maggiore importanza, sia per quanto riguarda la loro classificazione, sia per la durata. In Valle Grana, nel settore sud-occidentale del Piemonte, l'interesse per la tartuficoltura è cresciuto costantemente nel tempo, soprattutto grazie al ruolo svolto dall'Associazione Tartuficoltori di Montemale di Cuneo che, oltre ad aiutare i soci nella conduzione delle proprie tartufaie coltivate, svolge anche interventi mirati al recupero delle tartufaie naturali in stato di abbandono, cercando di favorire le produzioni che sembrano in costante diminuzione, in linea con quanto accade sull'intero territorio nazionale. Concentrandosi sui dati produttivi, è stato osservato che gli aspetti climatici sono sicuramente coinvolti nel ciclo di sviluppo e crescita del tartufo, ma molto dipende anche dalla predisposizione della pianta ad unirsi al fungo. Nonostante il ridotto numero di osservazioni, è possibile dire che la roverella presenta delle produzioni 7-10 volte inferiori rispetto ai dati bibliografici finora disponibili e che una produzione media stimata di 2,8 kg/ha/anno non risulta sufficiente a coprire tutti i costi di impianto e gestione. Infatti, la produzione dovrebbe ammontare a circa 8 kg/ha/ano. Quindi, con le attuali produzioni, la coltivazione dei tartufi neri con le roverelle non risulta sostenibile dal punto di vista economico, anche considerando eventuali contributi previsti dal PSR, ma può rappresentare un'attività da svolgere a livello hobbistico, in grado di recuperare piccole porzioni di territorio altrimenti destinate all'abbandono.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14240/95015