Definire l'arte: un'impresa possibile

The aim of this work is to examine, certainly not exhaustively, some of the most important contributions that have taken place on the theme of the definition of art during the last century. The path I followed in exposing this debate starts from Wittgenstein's view that there are 'open' concepts for which it is not possible to find a set of necessary and sufficient conditions for their definition. This analysis is extended and applied to works of art by some philosophers who follow his approach, in particular by Morris Weitz: if the definition of a concept must indicate necessary and sufficient conditions for its correct application, in the case of art such conditions are not recognizable. Therefore, for these philosophers art cannot be defined. This paper then focuses on some figures who have made a particularly important contribution to this debate, believing, contrary to the neo-Wittgensteinian position, that a definition of art is possible. Arthur Danto proposes a solution that looks not at the sensitive properties of the art object but at the 'relational' ones. The fundamental question that Danto asks is this: why are Warhol's Brillo Boxes considered to be art, have high prices on the market and have entered important public and private collections all over the world, while this is not the case for the corresponding and indistinguishable Brillo product boxes, which are found in supermarkets? The answer is as follows: if the two objects as things are indistinguishable at a perceptual level, this means that the difference between a work of art and the corresponding common object resides in some properties that are obviously not perceptible through the senses, that is, in "relational" properties. George Dickie proposes an institutional way as a solution to the problem through the concept of the art world. According to this philosopher, what makes an object a work of art is its relationship with a social structure. According to Dickie, first, the artist, with full knowledge of the facts, creates artifacts and candidates them to aesthetic appreciation. Secondly, the art world (in the final version of this theory) is a social practice that imposes a function on a material object, transforming it into something else, that is, a work of art. The institutional path proposed by Dickie in a sense paves the way for the sociological analyses of the art world that appear at the turn of the millennium. In particular, Howard Becker's empirical analysis of the art world reveals a concept of art as a collective activity in which reference to and respect for the conventions defined over time play a fundamental role. Finally, Francesco Poli deals with the study of the world of art, especially that of contemporary art, with a sociological orientation. His central point is that today, in relation to contemporary art, it is more appropriate to speak of the "art system" rather than of the "art world", as happened in the analyses examined above, with the intention of including in this term both the economic and cultural dimensions of artistic production.

L'obiettivo di questo lavoro è quello di esaminare, non certo esaustivamente, alcuni tra i più rilevanti contributi che si sono avvicendati sul tema della definizione dell'arte nel corso del secolo scorso. Il percorso che ho seguito nell'esporre tale dibattito parte da Wittgenstein secondo cui esistono concetti 'aperti' per i quali non è possibile trovare un insieme di condizioni necessarie e sufficienti per la loro definizione. Questa analisi wittgensteiniana viene estesa e applicata alle opere d'arte da alcuni filosofi che seguono il suo approccio, in particolare da Morris Weitz: se la definizione di un concetto deve indicare condizioni necessarie e sufficienti per la sua corretta applicazione, nel caso dell'arte tali condizioni non sono ravvisabili. Quindi, per questi filosofi l'arte non è definibile. Questo elaborato si focalizza poi su alcune figure che hanno dato un contributo di particolare rilievo a tale dibattito ritenendo, al contrario della posizione neo-wittgensteiniana, che una definizione dell'arte sia possibile. Arthur Danto propone una soluzione che guarda non alle proprietà sensibili dell'oggetto d'arte ma a quelle 'relazionali'. La domanda fondamentale che Danto si pone è la seguente: come mai le Brillo Boxes di Warhol sono considerate arte, hanno prezzi elevati sul mercato e sono entrate in importanti collezioni pubbliche e private di tutto il mondo, mentre ciò non avviene per le corrispondenti ed indistinguibili scatole del prodotto Brillo, che si trovano nei supermercati? La risposta è la seguente: se i due oggetti in quanto cose sono indistinguibili a livello percettivo, ciò significa che la differenza tra un'opera d'arte e il corrispondente oggetto comune risiede in qualche proprietà evidentemente non percepibile attraverso i sensi, cioè in proprietà ¿relazionali¿. George Dickie propone una via istituzionale come soluzione del problema attraverso il concetto di mondo dell'arte. Secondo questo filosofo, ciò che fa di un oggetto un'opera d'arte è la sua relazione con una struttura sociale. Secondo Dickie, in primo luogo, l'artista è colui che, con cognizione di causa, crea artefatti e li candida all'apprezzamento estetico. In secondo luogo, il mondo dell'arte (nella versione definitiva di questa teoria) è una pratica sociale che impone una funzione su un oggetto materiale, trasformandolo in un'altra cosa, cioè in un'opera d'arte. La via istituzionale proposta da Dickie in un certo senso spiana la strada alle analisi sociologiche sul mondo dell'arte che compaiono a cavallo tra i due millenni. In particolare, dall'analisi empirica sul mondo dell'arte di Howard Becker emerge un concetto di arte come attività collettiva nella quale il riferimento ed il rispetto delle convenzioni definitesi nel corso del tempo ha un ruolo fondamentale. Infine, Francesco Poli affronta lo studio del mondo dell'arte, specialmente quello dell'arte contemporanea, con un orientamento di tipo sociologico. Il punto centrale da lui sostenuto è che oggi, in relazione all'arte contemporanea, è più opportuno parlare di ¿sistema dell'arte¿ piuttosto che di ¿mondo dell'arte¿, come avvenuto nelle analisi esaminate precedentemente, con l'intento di includere in questo termine sia la dimensione economica che quella culturale della produzione artistica.