Da qualche anno la nostra attenzione storica si è focalizzata sulla più approfondita analisi della prima guerra mondiale, trovandoci a celebrare il centenario della stessa. Sfruttando, per l'appunto, quale filo conduttore tale secolare ricorrenza, ho deciso di argomentare la straordinaria evoluzione che ha per protagonista l'iprite, o il famigerato ¿gas mostarda¿, introdotto per la prima volta sul campo di battaglia nel 1917. Tale sostanza chimica ai più risulta semplicemente nota quale arma di distruzione di massa, adoperata per la prima volta dai tedeschi per superare lo stallo della guerra in trincea, caratteristico degli ultimi anni del conflitto. All'indomani della Grande Guerra, nonostante il suo utilizzo fosse stato espressamente proibito dal più recente protocollo internazionale1, l'iprite ritorna presuntuosamente a far parlare di sé durante il secondo conflitto mondiale con l'incidente chimico conseguente al tristemente noto bombardamento di Bari o ¿La Pearl Harbour del Mediterraneo¿, come verrà successivamente ribattezzato dagli Alleati. Tuttavia, esaminando la vicenda attraverso una sottile lente cinica, possiamo notare come non tutti i mali vengano per nuocere. Difatti analizzando i superstiti moribondi dell'incidente, si arriverà ad una sensazionale intuizione che porterà, nel secondo dopoguerra, alla sintesi di una sostanza derivata dalla stessa iprite che può essere ragionevolmente considerata la pietra angolare di quella famiglia di farmaci che oggi è alla base della chemioterapia. Ed è con questa sintetica premessa che ho la pretesa di nutrire la vostra curiosità, nella speranza che possiate trovare altrettanto intrigante la straordinaria metamorfosi che, in meno di mezzo secolo, attribuisce all'iprite lacrime di disperazione, dei molti che provarono gli effetti nefasti della sostanza con indosso le vesti di strumento bellico, e lacrime di gioia, o comunque di speranza, di chi oggi altrettanto eroicamente come cent'anni fa combatte quotidianamente la terribile piaga rappresentata dai tumori.

L'IPRITE COME ARMA E COME CURA DALLA GUERRA IN TRINCEA ALLA GUERRA ANTITUMORALE

NASO, SALVATORE
2016/2017

Abstract

Da qualche anno la nostra attenzione storica si è focalizzata sulla più approfondita analisi della prima guerra mondiale, trovandoci a celebrare il centenario della stessa. Sfruttando, per l'appunto, quale filo conduttore tale secolare ricorrenza, ho deciso di argomentare la straordinaria evoluzione che ha per protagonista l'iprite, o il famigerato ¿gas mostarda¿, introdotto per la prima volta sul campo di battaglia nel 1917. Tale sostanza chimica ai più risulta semplicemente nota quale arma di distruzione di massa, adoperata per la prima volta dai tedeschi per superare lo stallo della guerra in trincea, caratteristico degli ultimi anni del conflitto. All'indomani della Grande Guerra, nonostante il suo utilizzo fosse stato espressamente proibito dal più recente protocollo internazionale1, l'iprite ritorna presuntuosamente a far parlare di sé durante il secondo conflitto mondiale con l'incidente chimico conseguente al tristemente noto bombardamento di Bari o ¿La Pearl Harbour del Mediterraneo¿, come verrà successivamente ribattezzato dagli Alleati. Tuttavia, esaminando la vicenda attraverso una sottile lente cinica, possiamo notare come non tutti i mali vengano per nuocere. Difatti analizzando i superstiti moribondi dell'incidente, si arriverà ad una sensazionale intuizione che porterà, nel secondo dopoguerra, alla sintesi di una sostanza derivata dalla stessa iprite che può essere ragionevolmente considerata la pietra angolare di quella famiglia di farmaci che oggi è alla base della chemioterapia. Ed è con questa sintetica premessa che ho la pretesa di nutrire la vostra curiosità, nella speranza che possiate trovare altrettanto intrigante la straordinaria metamorfosi che, in meno di mezzo secolo, attribuisce all'iprite lacrime di disperazione, dei molti che provarono gli effetti nefasti della sostanza con indosso le vesti di strumento bellico, e lacrime di gioia, o comunque di speranza, di chi oggi altrettanto eroicamente come cent'anni fa combatte quotidianamente la terribile piaga rappresentata dai tumori.
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