Il termine allelopatia viene comunemente usato per descrivere dei fenomeni di interazione, comuni a molte specie vegetali, nei quali una pianta rilascia meòò'ambiente dei composti chimici che interferiscono con la crescita e lo sviluppo di altri organismi. Le molecole responsabili dei fenomeni allelopatici, o allelochimici, appartengono a diverse famiglie chimiche. Generalmente questi composti non agiscono con gli stessi meccanismi degli erbicidi sintetici, rendendoli una promettente fonte di nuovi erbicidi. La pianta allelopatica su cui si è concentrato questo lavoro è l'Ambrosia artemisiifolia L. è una pianta erbacea originaria del Nord America, oramai invasiva in gran parte dell'Europa. L'A. artemisiifolia rilascia molteplici metaboliti, ma il composto responsabile della sua azione di inibizione della germinazione. identificato in un precedente lavoro, è l'isabelin, un sesquiterpene con due anelli lattonici. In un precedente studio era stato verificato l'effetto inibitore dell'isabelin allo stato puro e dell'estratto acquoso di ambrosia, sulla germinazione di semi di diverse specie. Tuttavia, per ottenere una vera azione erbicida, ed impedire la germinazione, anche di una specie sensibile come il crescione, sono stati necessari ripetuti trattamenti di isabelin e dosi di applicazione elevate. La scarsa efficacia della molecola potrebbe essere imputabile alla sua ridotta persistenza nel suolo, dovuta probabilmente a una rapida degradazione ad opera dei microrganismi. La prima fase di questo lavoro è consistita nella verifica della degradabilità della molecola di isabelin tramite studi di degradazione condotti in acqua e in suolo. I tempi di semivita sono risultati 7 giorni in acqua e di 1 giorno in suolo. Questi dati hanno confermato che, in un'ottica di sviluppo di un bioerbicida, è necessario aumentarne la persistenza nel suolo. Nella seconda fase sono stati scelti alcuni materiali ecocompatibili che potesseso intrappolare la molecola in modo reversivile, al fine di limitarne la biodisponibilità. é stata provata la capacità adsorbente di diversi materiali: carbone attivo, biochar, chitosan e alcune argille modificate (organoargille). In seguito a studi di adsorbimento e desorbimento sui materiali selezionati è stato messo in evidenza che i più promettenti fossero carbone attivo, biochar, argilla viscogel x4. questi materiali sono stati oggetti di ulteriori approfendimenti. Per verificare la capacità degli adsorbenti nel migliorare l'azione erbicida dell'isabelin, sono state eseguite delle prove di accrescimento su crescione in diverse condizioni di applicazione. é stato inizialmente applicato l'estratto acquoso di ambrosia diluito per coprire una intervallo di concentrazione da 10 a 80 mg/kg. Una diminuizione del 90% della crescita si è ottenuta con 30 mg/kg. La stessa prova è stata eseguita con i soli adsorbenti. L'impiego degli adsrbenti non si è tradotto in una riduzione della dose di isabelin necessaria per l'inibizione della germinazione. Questi esperimenti, volti ad ottimizzare l'attività bioerbicida dell'isabelin e dell'estratto, aprono la strada ad ulteriori studi, sia dell'ottimizzazione della tecnica di preparazione delle associazioni adsorbente-isabelin, sia nella scelta di altri materiali come nanospgne e composti a base di alginati.
Ambrosia artemisiifolia L.: possibilità di impiego degli estratti come erbicidi naturali
FABBRI, GLORIA
2015/2016
Abstract
Il termine allelopatia viene comunemente usato per descrivere dei fenomeni di interazione, comuni a molte specie vegetali, nei quali una pianta rilascia meòò'ambiente dei composti chimici che interferiscono con la crescita e lo sviluppo di altri organismi. Le molecole responsabili dei fenomeni allelopatici, o allelochimici, appartengono a diverse famiglie chimiche. Generalmente questi composti non agiscono con gli stessi meccanismi degli erbicidi sintetici, rendendoli una promettente fonte di nuovi erbicidi. La pianta allelopatica su cui si è concentrato questo lavoro è l'Ambrosia artemisiifolia L. è una pianta erbacea originaria del Nord America, oramai invasiva in gran parte dell'Europa. L'A. artemisiifolia rilascia molteplici metaboliti, ma il composto responsabile della sua azione di inibizione della germinazione. identificato in un precedente lavoro, è l'isabelin, un sesquiterpene con due anelli lattonici. In un precedente studio era stato verificato l'effetto inibitore dell'isabelin allo stato puro e dell'estratto acquoso di ambrosia, sulla germinazione di semi di diverse specie. Tuttavia, per ottenere una vera azione erbicida, ed impedire la germinazione, anche di una specie sensibile come il crescione, sono stati necessari ripetuti trattamenti di isabelin e dosi di applicazione elevate. La scarsa efficacia della molecola potrebbe essere imputabile alla sua ridotta persistenza nel suolo, dovuta probabilmente a una rapida degradazione ad opera dei microrganismi. La prima fase di questo lavoro è consistita nella verifica della degradabilità della molecola di isabelin tramite studi di degradazione condotti in acqua e in suolo. I tempi di semivita sono risultati 7 giorni in acqua e di 1 giorno in suolo. Questi dati hanno confermato che, in un'ottica di sviluppo di un bioerbicida, è necessario aumentarne la persistenza nel suolo. Nella seconda fase sono stati scelti alcuni materiali ecocompatibili che potesseso intrappolare la molecola in modo reversivile, al fine di limitarne la biodisponibilità. é stata provata la capacità adsorbente di diversi materiali: carbone attivo, biochar, chitosan e alcune argille modificate (organoargille). In seguito a studi di adsorbimento e desorbimento sui materiali selezionati è stato messo in evidenza che i più promettenti fossero carbone attivo, biochar, argilla viscogel x4. questi materiali sono stati oggetti di ulteriori approfendimenti. Per verificare la capacità degli adsorbenti nel migliorare l'azione erbicida dell'isabelin, sono state eseguite delle prove di accrescimento su crescione in diverse condizioni di applicazione. é stato inizialmente applicato l'estratto acquoso di ambrosia diluito per coprire una intervallo di concentrazione da 10 a 80 mg/kg. Una diminuizione del 90% della crescita si è ottenuta con 30 mg/kg. La stessa prova è stata eseguita con i soli adsorbenti. L'impiego degli adsrbenti non si è tradotto in una riduzione della dose di isabelin necessaria per l'inibizione della germinazione. Questi esperimenti, volti ad ottimizzare l'attività bioerbicida dell'isabelin e dell'estratto, aprono la strada ad ulteriori studi, sia dell'ottimizzazione della tecnica di preparazione delle associazioni adsorbente-isabelin, sia nella scelta di altri materiali come nanospgne e composti a base di alginati.File | Dimensione | Formato | |
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