L' elaborato nasce dalla volontà di approfondire il controverso e attuale tema del giudicato sulla motivazione. L' intento è quello di andare alla ricerca delle radici romanistiche dei cd. ¿ objectiven Gründe¿ attraverso un excursus storico che prende le mosse dalla riflessione sulle fonti romane e perviene, per il tramite della speculazione giuridica di Friedrich von Savigny, a delineare i possibili sviluppi del problema nel moderno sistema processuale. L'opera di Savigny costituisce il punto di partenza dell' analisi, fonte di ispirazione dell'intera struttura della trattazione che si occupa di fornire un inquadramento storico della struttura del processo formulare. Si procede poi all'analisi del dibattito relativo all'efficacia pregiudiziale o normativa della sentenza, attraverso l'esposizione delle tesi di Matteo Marrone e Giovanni Pugliese. Tali premesse appaiono necessarie per consentire la comprensione della teoria savignana della ¿Fiction der Wahrheit¿, secondo la quale la forza legale della sentenza nel processo formulare romano sarebbe improntata all'idea di una presunzione legale di verità. Il primo obiettivo, pertanto, è quello di verificare la sopravvivenza, nel sistema processuale civile attuale, di alcuni degli aspetti della speculazione teorica del fondatore della Scuola storica del Diritto, con particolare riferimento all'esperienza italiana. Una volta individuata e compresa la natura dell'auctoritas rei iudicatae, occorre procedere all'analisi delle modalità attraverso cui l'ordinamento processuale civile romano consentiva di far valere l'irripetibilità dell'azione e l'incontrovertibilità della res; tale finalità viene perseguita mediante l'inserimento nel testo della formula dell'exceptio rei iudicatae vel in iudicium deductae . La dottrina romanistica dibatte da tempo in merito alla natura di tale rimedio processuale: si discute infatti se debba essere considerata un'unica eccezione (rei iudicatae vel in iudicium deductae) con due clausole: de re iudicata e de re in iudicium deducta, oppure se si tratti di due eccezioni distinte (exceptiorei iudicatae e rei in iudicium deductae . La soluzione proposta si avvale di una comparazione tra il rimedio pretorio dell'eccezione di giudicato e lo strumento processuale dell'excpetio doli. La querelle dottrinale in ordine alla natura del rimedio inserito nel testo della formula permette di pervenire all'analisi della controversa teoria di Keller sulla duplice funzione dell'exceptio; lo stesso Savigny, nel corso dell'iter logico che lo condurrà a sostenere la forza legale dei cd motivi oggettivi della sentenza e quindi a gettare le fondamenta del successivo dibattito sulla questione, accoglie a pieno le considerazioni dell'allievo, contestate invece, in tempi successivi, dalla pandettistica. Ripercorrendo l'impostazione di Savigny, l'elaborato giunge ad analizzare i fondamenti romanistici della teoria della forza legale degli 'objectiven Gründe', avendo cura di non tralasciare l'indagine sul contenuto della sentenza e sulle sue modalità di redazione nel corso del processo formulare. A questo proposito, ci si è soffermati soprattutto sul dibattito relativo alla possibilità di configurare nel sistema processuale romano, un vero e proprio obbligo di motivazione delle sentenza.

i limiti oggettivi della res iudicata: il giudicato sulla motivazione, una prospettiva storica

CARRERA, ALESSIA
2016/2017

Abstract

L' elaborato nasce dalla volontà di approfondire il controverso e attuale tema del giudicato sulla motivazione. L' intento è quello di andare alla ricerca delle radici romanistiche dei cd. ¿ objectiven Gründe¿ attraverso un excursus storico che prende le mosse dalla riflessione sulle fonti romane e perviene, per il tramite della speculazione giuridica di Friedrich von Savigny, a delineare i possibili sviluppi del problema nel moderno sistema processuale. L'opera di Savigny costituisce il punto di partenza dell' analisi, fonte di ispirazione dell'intera struttura della trattazione che si occupa di fornire un inquadramento storico della struttura del processo formulare. Si procede poi all'analisi del dibattito relativo all'efficacia pregiudiziale o normativa della sentenza, attraverso l'esposizione delle tesi di Matteo Marrone e Giovanni Pugliese. Tali premesse appaiono necessarie per consentire la comprensione della teoria savignana della ¿Fiction der Wahrheit¿, secondo la quale la forza legale della sentenza nel processo formulare romano sarebbe improntata all'idea di una presunzione legale di verità. Il primo obiettivo, pertanto, è quello di verificare la sopravvivenza, nel sistema processuale civile attuale, di alcuni degli aspetti della speculazione teorica del fondatore della Scuola storica del Diritto, con particolare riferimento all'esperienza italiana. Una volta individuata e compresa la natura dell'auctoritas rei iudicatae, occorre procedere all'analisi delle modalità attraverso cui l'ordinamento processuale civile romano consentiva di far valere l'irripetibilità dell'azione e l'incontrovertibilità della res; tale finalità viene perseguita mediante l'inserimento nel testo della formula dell'exceptio rei iudicatae vel in iudicium deductae . La dottrina romanistica dibatte da tempo in merito alla natura di tale rimedio processuale: si discute infatti se debba essere considerata un'unica eccezione (rei iudicatae vel in iudicium deductae) con due clausole: de re iudicata e de re in iudicium deducta, oppure se si tratti di due eccezioni distinte (exceptiorei iudicatae e rei in iudicium deductae . La soluzione proposta si avvale di una comparazione tra il rimedio pretorio dell'eccezione di giudicato e lo strumento processuale dell'excpetio doli. La querelle dottrinale in ordine alla natura del rimedio inserito nel testo della formula permette di pervenire all'analisi della controversa teoria di Keller sulla duplice funzione dell'exceptio; lo stesso Savigny, nel corso dell'iter logico che lo condurrà a sostenere la forza legale dei cd motivi oggettivi della sentenza e quindi a gettare le fondamenta del successivo dibattito sulla questione, accoglie a pieno le considerazioni dell'allievo, contestate invece, in tempi successivi, dalla pandettistica. Ripercorrendo l'impostazione di Savigny, l'elaborato giunge ad analizzare i fondamenti romanistici della teoria della forza legale degli 'objectiven Gründe', avendo cura di non tralasciare l'indagine sul contenuto della sentenza e sulle sue modalità di redazione nel corso del processo formulare. A questo proposito, ci si è soffermati soprattutto sul dibattito relativo alla possibilità di configurare nel sistema processuale romano, un vero e proprio obbligo di motivazione delle sentenza.
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