Le emozioni, i desideri, le intenzioni o più in generale gli stati mentali di un individuo sono osservabili? Nella storia del pensiero occidentale l'idea dominante è sempre stata che gli stati mentali siano fenomeni 'intracranici' e dunque non osservabili ('principio di inosservabilità'). Con lo sviluppo delle neuroscienze, e l'affermarsi di teorie della percezione quali la Theory of Mind (ToM), ovvero della capacità di comprendere uno stato mentale di un individuo partendo dal comportamento manifesto dello stesso, o la Direct Social Perception (DSP), il dibattito sull'osservabilità degli stati mentali ha intrapreso una strada più formale sia pure sempre su basi molto teoriche. Nel tentativo di sviluppare un approccio più sperimentale, da qualche anno alcuni studiosi si sono focalizzati maggiormente sulle intenzioni, in particolare sulla possibilità di comprendere quali siano le intenzioni di un soggetto attraverso l'osservazione dei suoi movimenti. Tale approccio ha presentato un duplice vantaggio: (i) circoscrivere il campo d'indagine, limitando così il numero di variabili in gioco sulle quali indagare; (ii) focalizzare l'osservazione sulla sola cinematica motoria del soggetto d'indagine, ossia su grandezze quantificabili e misurabili quali traiettorie, velocità e accelerazioni. Le conclusioni di tali studi non sono però risultate in prima battuta univoche. In alcuni casi si avvalora il principio di inosservabilità degli stati mentali, mentre in altri studi si dimostra il contrario. Il motivo di tale contraddittorietà di risultato sembra potersi ricondurre all'utilizzo di un approccio metodologico non sufficientemente rigoroso da un punto di vista scientifico. Nel tentativo di superare quest'impasse, un gruppo di studiosi ha rielaborato il problema in un quadro metodologico di maggior rigore scientifico (definizione delle fasi d'indagine e delle relative grandezze misurabili, effettuazione delle misure con metodi esattamente riproducibili in altri laboratori, rigorosa analisi matematica dei risultati) rispetto a quanto fatto sino a quel momento. I risultati appaiono estremamente incoraggianti. Introducendo una chiara e fondamentale distinzione tra la quantità delle informazioni trasmesse dalla cinematica motoria (information availability) e la qualità delle stesse (perceptual efficiency), gli autori riescono a superare e spiegare le contraddizioni di cui sopra. Il maggior pregio di tali studi è stato comunque quello di definire per la prima volta una vera e propria metodologia sperimentale per cercare di misurare l'osservabilità degli stati mentali, trasformando il concetto astratto di 'osservabilità' in una grandezza quantificabile e misurabile e dunque manipolabile secondo i dettami dell'analisi matematica-statistica.
L'osservabilità degli stati mentali
MERLI, DOMITILLA
2016/2017
Abstract
Le emozioni, i desideri, le intenzioni o più in generale gli stati mentali di un individuo sono osservabili? Nella storia del pensiero occidentale l'idea dominante è sempre stata che gli stati mentali siano fenomeni 'intracranici' e dunque non osservabili ('principio di inosservabilità'). Con lo sviluppo delle neuroscienze, e l'affermarsi di teorie della percezione quali la Theory of Mind (ToM), ovvero della capacità di comprendere uno stato mentale di un individuo partendo dal comportamento manifesto dello stesso, o la Direct Social Perception (DSP), il dibattito sull'osservabilità degli stati mentali ha intrapreso una strada più formale sia pure sempre su basi molto teoriche. Nel tentativo di sviluppare un approccio più sperimentale, da qualche anno alcuni studiosi si sono focalizzati maggiormente sulle intenzioni, in particolare sulla possibilità di comprendere quali siano le intenzioni di un soggetto attraverso l'osservazione dei suoi movimenti. Tale approccio ha presentato un duplice vantaggio: (i) circoscrivere il campo d'indagine, limitando così il numero di variabili in gioco sulle quali indagare; (ii) focalizzare l'osservazione sulla sola cinematica motoria del soggetto d'indagine, ossia su grandezze quantificabili e misurabili quali traiettorie, velocità e accelerazioni. Le conclusioni di tali studi non sono però risultate in prima battuta univoche. In alcuni casi si avvalora il principio di inosservabilità degli stati mentali, mentre in altri studi si dimostra il contrario. Il motivo di tale contraddittorietà di risultato sembra potersi ricondurre all'utilizzo di un approccio metodologico non sufficientemente rigoroso da un punto di vista scientifico. Nel tentativo di superare quest'impasse, un gruppo di studiosi ha rielaborato il problema in un quadro metodologico di maggior rigore scientifico (definizione delle fasi d'indagine e delle relative grandezze misurabili, effettuazione delle misure con metodi esattamente riproducibili in altri laboratori, rigorosa analisi matematica dei risultati) rispetto a quanto fatto sino a quel momento. I risultati appaiono estremamente incoraggianti. Introducendo una chiara e fondamentale distinzione tra la quantità delle informazioni trasmesse dalla cinematica motoria (information availability) e la qualità delle stesse (perceptual efficiency), gli autori riescono a superare e spiegare le contraddizioni di cui sopra. Il maggior pregio di tali studi è stato comunque quello di definire per la prima volta una vera e propria metodologia sperimentale per cercare di misurare l'osservabilità degli stati mentali, trasformando il concetto astratto di 'osservabilità' in una grandezza quantificabile e misurabile e dunque manipolabile secondo i dettami dell'analisi matematica-statistica.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14240/90648