The paper aims to investigate how the wandering mind, a mental state in which thought, distancing itself from the external environment or from a task at hand, begins to wander without a clear goal (Christoff et al., 2016), may play a role in the construction of the agentic Self, which allows the individual to experience being a subject who acts (doing) and acts with others (doing with others), thereby enabling the vitalization of the Self (Lichtenberg et al., 2015). Specifically, attention was focused on the concept of the wandering mind, capturing its multidimensional aspect and various facets. Subsequently, the concept of the Self was analyzed from a relational psychology perspective, leading to an exploration of the connection between these two concepts, which at first glance may seem unrelated. It was found that the wandering mind plays a fundamental role, just like relationships with attachment figures, in the adaptive vitalization of the Self, as it allows the sense of Self to achieve a certain realization through thoughts—more precisely, thoughts-actions-representations-actions—directed toward oneself. These, in turn, allow the individual to conceive of a unified and cohesive Self. Furthermore, even when the mind wanders, one remains an agentic subject, thereby reinforcing the agentic Self, which verifies its own identity in various relational experiences involving the self, past, present, and future (Lichtenberg et al., 2015). Additionally, it was observed that the default mode network, underlying the function of the wandering mind, is essential for maintaining a sense of agentic Self, as the mind, when not focused on a task, always revolves around thoughts concerning the Self. Thus, the wandering mind, primarily focusing on self-related thoughts, allows for the "nurturing" of the sense of Self (Bar, 2024), enabling the individual to perceive themselves as an agent acting in both "virtual" mental scenarios and in reality, thereby increasing the perception of being an active subject in the world and vitalizing the sense of agentic Self. Moreover, it was noted that in adverse situations for Self-development, the individual may develop strategies to fill the emptiness they feel and strengthen their sense of agentic Self: through mental wandering, the individual may seek support for their Self by mentally drifting and abandoning the task they are performing. In fact, this can lead individuals with a fragile sense of Self to make uncontrolled use of mental wandering, eventually showing symptoms typical of attention deficit disorder (ADD) or attention deficit hyperactivity disorder (ADHD; Lichtenberg et al., 2015). Finally, a potential use of the wandering mind in clinical practice for the development of an agentic Self was identified: through the therapist's wandering mind, therapeutic interventions can be made during sessions that help revitalize the patient's agentic Self (Lichtenberg et al., 2015). At the conclusion of the paper, an in-depth examination was conducted on free associations and meditation, which, while similar but distinct from the wandering mind, like the latter, can bring the individual closer to their Self and help revive their agentic Self. In conclusion, it is important to emphasize that further research in this area is necessary to provide a more scientifically grounded answer, as there are still very few studies on the role of the wandering mind in the construction of the agentic Self.
L’elaborato si propone di indagare come la wandering mind, ovvero uno stato mentale in cui il pensiero, allontanandosi dall’ambiente esterno o da un compito che si sta svolgendo, inizia a vagare senza una meta ben definita (Christoff et al., 2016), possa avere un ruolo nella costruzione del Sé agente, il quale consente di fare esperienza di essere un soggetto che fa (doing) e che fa con gli altri (doing with others), consentendo così la vitalizzazione del Sé (Lichtemberg et al., 2015). In particolare si è posta l’attenzione sul concetto wandering mind, cogliendone il suo aspetto multidimensionale e le sue varie sfaccettature e in seguito, si è analizzato il concetto di Sé, in un’ottica legata alla psicologia relazionale, arrivando ad analizzare il legame tra questi due concetti, che apparentemente sembrano così slegati tra loro. E’ stato riscontrato come la mente errante abbia un ruolo fondamentale, proprio come le relazioni con le figure di attaccamento nella vitalizzazione adattiva del Sé, poiché consente al senso di Sé di raggiungere una certa realizzazione grazie ai pensieri, più precisamente pensieri-azioni-rappresentazioni-azioni, rivolti a se stessi, questi ultimi consentono di pensare ad un Sé unitario e coeso. Inoltre, quando la mente vaga si è ancora soggetti agenti, rafforzando così il Sé agente, che verificano il proprio Sé in diverse esperienze relazionali, riguardanti se stessi, del passato, presente e futuro. (Lichtemberg et al., 2015). Inoltre, è stato rilevato che la rete in modalità predefinita, alla base del funzionamento della wandering mind, è fondamentale per mantenere un senso di Sé agente, poiché la mente quando non è concentrata su un compito vaga sempre intorno a pensieri riguardanti il Sé. Dunque, la wandering mind, concentrandosi principalmente su pensieri riguardanti se stessi, consente di “nutrire” il senso del Sé (Bar, 2024) e di percepirsi come soggetto che agisce in scenari “virtuali” mentali e nella realtà, accrescendo la percezione di essere un soggetto che agisce nel mondo, quindi vitalizza il senso di Sé agente. In aggiunta è stato osservato come in situazioni avverse per lo sviluppo del Sé, il soggetto svilupperà delle strategie per colmare il vuoto che prova e rafforzare il senso di Sé agente: attraverso il vagare mentale l’individuo può cercare di trovare sostegno per il proprio Sé, errando con la mente e abbandonando il compito che svolge. Questo, infatti, può portare l’individuo con un fragile Sé a fare un uso incontrollato del vagare con la mente, fino a mostrare sintomi tipici del disturbo da deficit dell’attenzione (ADD) o del disturbo da deficit dell’attenzione e iperattività (ADHD; Lichtemberg et al., 2015). Infine, è stato riscontrato un possibile impiego della wandering mind nella pratica clinica per lo sviluppo di un Sé agente: attraverso la mente errante del terapeuta è possibile fare degli interventi terapeutici in seduta che consentano di ravvivare il Sé agente del paziente (Lichtemberg et al., 2015). Al termine dell’elaborato è stato svolto un approfondimento sulle libere associazioni e la meditazione, le quali sono simili pur se diverse dalla wandering mind ma, come quest’ultima, possono avvicinare il soggetto al proprio Sé e aiutarlo a ravvivare il proprio Sé agente. Per concludere, è necessario sottolineare che sono necessarie ulteriori ricerche in questo ambito per arrivare ad una risposta con maggiore fondamento scientifico, poiché vi sono ancora pochissimi studi sul ruolo della wandering mind nella costruzione del Sé agente.
Wandering mind : un possibile ruolo nella costruzione del Sé agente
ROSSI, FEDERICA
2023/2024
Abstract
L’elaborato si propone di indagare come la wandering mind, ovvero uno stato mentale in cui il pensiero, allontanandosi dall’ambiente esterno o da un compito che si sta svolgendo, inizia a vagare senza una meta ben definita (Christoff et al., 2016), possa avere un ruolo nella costruzione del Sé agente, il quale consente di fare esperienza di essere un soggetto che fa (doing) e che fa con gli altri (doing with others), consentendo così la vitalizzazione del Sé (Lichtemberg et al., 2015). In particolare si è posta l’attenzione sul concetto wandering mind, cogliendone il suo aspetto multidimensionale e le sue varie sfaccettature e in seguito, si è analizzato il concetto di Sé, in un’ottica legata alla psicologia relazionale, arrivando ad analizzare il legame tra questi due concetti, che apparentemente sembrano così slegati tra loro. E’ stato riscontrato come la mente errante abbia un ruolo fondamentale, proprio come le relazioni con le figure di attaccamento nella vitalizzazione adattiva del Sé, poiché consente al senso di Sé di raggiungere una certa realizzazione grazie ai pensieri, più precisamente pensieri-azioni-rappresentazioni-azioni, rivolti a se stessi, questi ultimi consentono di pensare ad un Sé unitario e coeso. Inoltre, quando la mente vaga si è ancora soggetti agenti, rafforzando così il Sé agente, che verificano il proprio Sé in diverse esperienze relazionali, riguardanti se stessi, del passato, presente e futuro. (Lichtemberg et al., 2015). Inoltre, è stato rilevato che la rete in modalità predefinita, alla base del funzionamento della wandering mind, è fondamentale per mantenere un senso di Sé agente, poiché la mente quando non è concentrata su un compito vaga sempre intorno a pensieri riguardanti il Sé. Dunque, la wandering mind, concentrandosi principalmente su pensieri riguardanti se stessi, consente di “nutrire” il senso del Sé (Bar, 2024) e di percepirsi come soggetto che agisce in scenari “virtuali” mentali e nella realtà, accrescendo la percezione di essere un soggetto che agisce nel mondo, quindi vitalizza il senso di Sé agente. In aggiunta è stato osservato come in situazioni avverse per lo sviluppo del Sé, il soggetto svilupperà delle strategie per colmare il vuoto che prova e rafforzare il senso di Sé agente: attraverso il vagare mentale l’individuo può cercare di trovare sostegno per il proprio Sé, errando con la mente e abbandonando il compito che svolge. Questo, infatti, può portare l’individuo con un fragile Sé a fare un uso incontrollato del vagare con la mente, fino a mostrare sintomi tipici del disturbo da deficit dell’attenzione (ADD) o del disturbo da deficit dell’attenzione e iperattività (ADHD; Lichtemberg et al., 2015). Infine, è stato riscontrato un possibile impiego della wandering mind nella pratica clinica per lo sviluppo di un Sé agente: attraverso la mente errante del terapeuta è possibile fare degli interventi terapeutici in seduta che consentano di ravvivare il Sé agente del paziente (Lichtemberg et al., 2015). Al termine dell’elaborato è stato svolto un approfondimento sulle libere associazioni e la meditazione, le quali sono simili pur se diverse dalla wandering mind ma, come quest’ultima, possono avvicinare il soggetto al proprio Sé e aiutarlo a ravvivare il proprio Sé agente. Per concludere, è necessario sottolineare che sono necessarie ulteriori ricerche in questo ambito per arrivare ad una risposta con maggiore fondamento scientifico, poiché vi sono ancora pochissimi studi sul ruolo della wandering mind nella costruzione del Sé agente.File | Dimensione | Formato | |
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