Lo scopo della ricerca è quello di mettere in discussione l'interpretazione del Piemonte preunitario come stato liberale modello e Mecca d'Italia per l'emigrazione politica italiana che dal 1848 si era riversata nel territorio sabaudo. La prima parte (1851-1852) si apre con una digressione sullo stato della stampa e della sua legislazione nel regno sardo, per poi passare ad affrontare direttamente Italia e Popolo, la sua posizione all'interno della stampa mazziniana e l'iniziale ricerca di una stabilità editoriale. Si affrontano poi i temi centrali, quello della stampa e quello dell'emigrazione. In materia di stampa il biennio 1851-1852 fornisce le prime indicazioni sulla tolleranza del governo verso la stampa indipendente, mostrando la strategia del sequestro e della carcerazione preventiva del gerente. Si affronta poi l'approvazione della legge De Foresta, che risentiva del cambiamento degli assetti europei dopo il colpo di stato di Luigi Bonaparte, e che andava a modificare in senso restrittivo la legge sulla stampa del 1848. Sull'emigrazione invece si può cogliere fin da subito l'impegno del quotidiano repubblicano nel denunciare la situazione degli esuli in Genova, che culmina nell'attacco giornalistico all'operato dell'abate Cameroni, responsabile della gestione dei fondi del Comitato Centrale dell'emigrazione. La seconda parte (1853-1854) analizza la reazione piemontese contro la stampa dissidente e l'emigrazione all'indomani della ripresa dell'attività mazziniana, responsabile del moto di Milano (6 febbraio 1853) e di quelli in Lunigiana del settembre 1853 e del maggio 1854. Le cospirazioni avevano acceso le pressioni straniere, soprattutto austriache, per un'epurazione e un più stretto controllo dei proscritti politici presenti nel territorio sardo e la risposta del ministero piemontese fu un'ondata di arresti, di espulsioni e di deportazioni in America. La terza parte (1855-1856) ripercorre invece il biennio di Crimea, che vedendo il governo e l'attenzione sia interna che straniera rivolta verso Oriente, è in definitiva un periodo quasi esente da drastici provvedimenti. Non mancarono però anche in questo caso le proteste per arresti ed espulsioni come il caso dello sfratto del marchese Sebastiano Tanari su richiesta francese, ritenuto collegato a Pianori, attentatore di Napoleone. Nel 1856, una recrudescenza dell'attività mazziniana in Lunigiana fornisce al governo il pretesto per una una nuova ondata repressiva contro l'emigrazione. La quarta parte (1857-1858) infine è dominata dal racconto del tentativo mazziniano di Genova del 29-30 giugno 1857 e delle sue conseguenze sugli ambienti dell'emigrazione e della stampa democratica. La repressione fu molto dura, in attesa del processo per i fatti di giugno, si moltiplicarono infatti le espulsioni e le carcerazioni di esuli, che a differenza del passato coinvolsero anche membri autorevoli dell'emigrazione. Particolarmente interessante è anche in questo caso la reazione della stampa, che coinvolse, nel chiedere conto al governo, pure fogli moderati e filoministeriali. L'attentato di Orsini a Napoleone III il 14 gennaio 1858 apre gli ultimi paragrafi della ricerca, che parlano dell'l'approvazione della seconda legge De Foresta e della riforma dei giurati; una tendenza alla repressione che spinge le autorità a sbarazzarsi una volta per tutte della voce scomoda dell'Italia del Popolo, uccisa da un'azione illegale di sequestri e di arresti preventivi dei gerenti il 28 agosto 1858.
Italia e Popolo (1851-1858). Emigrazione e stampa dalle pagine di un quotidiano mazziniano
CONFORTINI, JOSHUA
2016/2017
Abstract
Lo scopo della ricerca è quello di mettere in discussione l'interpretazione del Piemonte preunitario come stato liberale modello e Mecca d'Italia per l'emigrazione politica italiana che dal 1848 si era riversata nel territorio sabaudo. La prima parte (1851-1852) si apre con una digressione sullo stato della stampa e della sua legislazione nel regno sardo, per poi passare ad affrontare direttamente Italia e Popolo, la sua posizione all'interno della stampa mazziniana e l'iniziale ricerca di una stabilità editoriale. Si affrontano poi i temi centrali, quello della stampa e quello dell'emigrazione. In materia di stampa il biennio 1851-1852 fornisce le prime indicazioni sulla tolleranza del governo verso la stampa indipendente, mostrando la strategia del sequestro e della carcerazione preventiva del gerente. Si affronta poi l'approvazione della legge De Foresta, che risentiva del cambiamento degli assetti europei dopo il colpo di stato di Luigi Bonaparte, e che andava a modificare in senso restrittivo la legge sulla stampa del 1848. Sull'emigrazione invece si può cogliere fin da subito l'impegno del quotidiano repubblicano nel denunciare la situazione degli esuli in Genova, che culmina nell'attacco giornalistico all'operato dell'abate Cameroni, responsabile della gestione dei fondi del Comitato Centrale dell'emigrazione. La seconda parte (1853-1854) analizza la reazione piemontese contro la stampa dissidente e l'emigrazione all'indomani della ripresa dell'attività mazziniana, responsabile del moto di Milano (6 febbraio 1853) e di quelli in Lunigiana del settembre 1853 e del maggio 1854. Le cospirazioni avevano acceso le pressioni straniere, soprattutto austriache, per un'epurazione e un più stretto controllo dei proscritti politici presenti nel territorio sardo e la risposta del ministero piemontese fu un'ondata di arresti, di espulsioni e di deportazioni in America. La terza parte (1855-1856) ripercorre invece il biennio di Crimea, che vedendo il governo e l'attenzione sia interna che straniera rivolta verso Oriente, è in definitiva un periodo quasi esente da drastici provvedimenti. Non mancarono però anche in questo caso le proteste per arresti ed espulsioni come il caso dello sfratto del marchese Sebastiano Tanari su richiesta francese, ritenuto collegato a Pianori, attentatore di Napoleone. Nel 1856, una recrudescenza dell'attività mazziniana in Lunigiana fornisce al governo il pretesto per una una nuova ondata repressiva contro l'emigrazione. La quarta parte (1857-1858) infine è dominata dal racconto del tentativo mazziniano di Genova del 29-30 giugno 1857 e delle sue conseguenze sugli ambienti dell'emigrazione e della stampa democratica. La repressione fu molto dura, in attesa del processo per i fatti di giugno, si moltiplicarono infatti le espulsioni e le carcerazioni di esuli, che a differenza del passato coinvolsero anche membri autorevoli dell'emigrazione. Particolarmente interessante è anche in questo caso la reazione della stampa, che coinvolse, nel chiedere conto al governo, pure fogli moderati e filoministeriali. L'attentato di Orsini a Napoleone III il 14 gennaio 1858 apre gli ultimi paragrafi della ricerca, che parlano dell'l'approvazione della seconda legge De Foresta e della riforma dei giurati; una tendenza alla repressione che spinge le autorità a sbarazzarsi una volta per tutte della voce scomoda dell'Italia del Popolo, uccisa da un'azione illegale di sequestri e di arresti preventivi dei gerenti il 28 agosto 1858.File | Dimensione | Formato | |
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