La vita artistica e professionale di Edward Gordon Craig è costellata di episodi contraddittori. Vuole «farla finita con l'attore», ma ostenta la sua ammirazione per Grandi Attori come Henry Irving, Eleonora Duse ed Ettore Petrolini. Si pone fin da subito come antagonista del naturalismo, eppure accetta di buon grado di collaborare con Stanislavskij per la messa in scena dell'Hamlet al Teatro d'Arte di Mosca. Si applica con dedizione ed interesse alle realtà che avrebbe successivamente considerato o che già considera inammissibili giungendo, alla fine del percorso, ad un'unica, drastica riflessione: distruggere per ricostruire. È necessario donare un volto nuovo al teatro per elevarlo a forma d'Arte e l'unico modo per farlo è demolirne le consuetudini e riorganizzare l'intero sistema. La tradizione gli è nemica perché, forse, non riesce ad accettarla o, meglio, a comprenderla. Ed è probabilmente questa sua difficoltà di concepire il teatro che lo ha spinto a conoscere da vicino quella realtà per lui così difficile da accogliere. Il paradosso, in questo senso, è il punto cardine tra il teatro presente e il teatro dell'avvenire, il luogo dove Craig cerca di iniziare la sua rivoluzione dell'assetto teatrale in un connubio di devozione e avversione, la matrice da cui nasce il fulcro della sua produzione artistica e teorica. Molti studiosi vi si riferiscono con il termine «afasia produttiva»: afasia come difficoltà di esprimere con chiarezza le sue tesi, aggrovigliate dentro a emblemi letterari, e soprattutto come difficoltà o, più propriamente, impossibilità di applicarle concretamente. 
L'obiettivo che si pone questa tesi è di affrontare analiticamente uno degli episodi definibili come contraddittori che ha influenzato in modo significativo il pensiero e la produzione di Craig: il rapporto umano e professionale con la tanto amata quanto odiata Eleonora Duse, instaurato durante il soggiorno del regista in Germania e coltivato durante la messa in scena del Rosmersholm di Ibsen.

Un teatro senza attori. Il paradosso di Edward Gordon Craig

VILLANI, SILVIA
2016/2017

Abstract

La vita artistica e professionale di Edward Gordon Craig è costellata di episodi contraddittori. Vuole «farla finita con l'attore», ma ostenta la sua ammirazione per Grandi Attori come Henry Irving, Eleonora Duse ed Ettore Petrolini. Si pone fin da subito come antagonista del naturalismo, eppure accetta di buon grado di collaborare con Stanislavskij per la messa in scena dell'Hamlet al Teatro d'Arte di Mosca. Si applica con dedizione ed interesse alle realtà che avrebbe successivamente considerato o che già considera inammissibili giungendo, alla fine del percorso, ad un'unica, drastica riflessione: distruggere per ricostruire. È necessario donare un volto nuovo al teatro per elevarlo a forma d'Arte e l'unico modo per farlo è demolirne le consuetudini e riorganizzare l'intero sistema. La tradizione gli è nemica perché, forse, non riesce ad accettarla o, meglio, a comprenderla. Ed è probabilmente questa sua difficoltà di concepire il teatro che lo ha spinto a conoscere da vicino quella realtà per lui così difficile da accogliere. Il paradosso, in questo senso, è il punto cardine tra il teatro presente e il teatro dell'avvenire, il luogo dove Craig cerca di iniziare la sua rivoluzione dell'assetto teatrale in un connubio di devozione e avversione, la matrice da cui nasce il fulcro della sua produzione artistica e teorica. Molti studiosi vi si riferiscono con il termine «afasia produttiva»: afasia come difficoltà di esprimere con chiarezza le sue tesi, aggrovigliate dentro a emblemi letterari, e soprattutto come difficoltà o, più propriamente, impossibilità di applicarle concretamente. 
L'obiettivo che si pone questa tesi è di affrontare analiticamente uno degli episodi definibili come contraddittori che ha influenzato in modo significativo il pensiero e la produzione di Craig: il rapporto umano e professionale con la tanto amata quanto odiata Eleonora Duse, instaurato durante il soggiorno del regista in Germania e coltivato durante la messa in scena del Rosmersholm di Ibsen.
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