Nel presente elaborato si è cercato di analizzare i romanzi di Arpino alla luce delle epigrafi che egli scelse per alcuni di essi, provando a fornire una motivazione per ciascuna di volta in volta. Talora criptiche, talora più chiare nel loro messaggio, le suddette citazioni preannunciano il senso profondo di ogni opera, esaltano il comportamento e la personalità di un personaggio specifico, in certi casi sembrano frasi che avrebbero perfettamente potuto essere pronunciate dai protagonisti delle vicende. Non tutti i romanzi recano epigrafi prima dell'inizio, cinque (su un numero totale di sedici) ne sono privi. Ne rimangono così undici che spaziano su temi differenti, portatori di messaggi diversi, più o meno autobiografici, di cui è stata fatta un'analisi alla luce delle iscrizioni che li anticipavano per volontà del loro autore. Non essendo stato rilevato un diverso modo nell' utilizzo delle epigrafi in base a determinati contenuti o a specifiche situazioni, la migliore via da seguire è sembrata quella di affrontare le opere a blocchi in ordine cronologico, ben sapendo che questa può essere una via plausibile, ma non l'unica. L'analisi portata avanti è stata organizzata dunque in tre sezioni: una prima che prende in considerazione il periodo tra il 1962, anno di pubblicazione di Una nuvola d'ira, e il 1969, in cui uscì Il buio e il miele; una seconda dedicata alla trilogia fantastica e una terza, l'ultimo periodo da Azzurro tenebra del 1977 a La trappola amorosa, uscito postumo nel 1988. Anche tra i sedici autori ai quali lo scrittore piemontese attinge non può essere trovata una costante. Ricorre a Montale tre volte, due volte riecheggiano versi presi da Satura, una volta è il tratto poetico de La bufera e altro a rimarcare il pensiero di Arpino; due volte compaiono le parole di Herbert, e si scoprono essere versi contigui di una stessa poesia; infine in altri due casi ritroviamo Singer. Dostoevskij, Rilke, Heidegger e Goethe, Cardarelli, Sbarbaro e Saba, Berryman e Chesterton, Eschilo, Shakespeare, Alain e i Padri del deserto non si ripetono invece. È interessante vedere come situazioni all' apparenza diverse come quelle dello zio ingegnere di Un'anima persa e del Raskol'nikov dostoevskiano si incontrino, come l'Aiace decantato da Cardarelli militi nella stessa squadra di Paola, protagonista della Sposa segreta. Una cosa che impariamo sui banchi di liceo è che nessun'opera è un'isola, un corpo a sé stante nato dal solo ingegno poetico dell'uomo che l'ha generato. Gli scrittori nel tempo subiscono le medesime suggestioni, fanno circolare le proprie opinioni e si nutrono del confronto che viene prodotto. Così le opere sono in grado di dialogare tra loro, sensibilità che sembravano sepolte rinascono con l'avvento di discendenti particolarmente inclini e può dunque succedere che Giuan, eroe randagio degli anni di piombo, provi gli stessi sentimenti della sentinella nel palazzo di Clitennestra. Alla luce di questo concetto, del pensiero che le idee si rincorrano nei secoli, che vengano anche dimenticate per poi rifiorire a vita nuova nelle tesi di altri è stata portata avanti questa modestissima ricerca, la quale, preme sottolinearlo, non vuole avere alcuna pretesa, se non quella di essere stata fatta in nome del rispetto per l'autore e per il suo operato.
Quando le epigrafi dialogano con i testi. Giovanni Arpino romanziere
BOTTERO, FEDERICA
2016/2017
Abstract
Nel presente elaborato si è cercato di analizzare i romanzi di Arpino alla luce delle epigrafi che egli scelse per alcuni di essi, provando a fornire una motivazione per ciascuna di volta in volta. Talora criptiche, talora più chiare nel loro messaggio, le suddette citazioni preannunciano il senso profondo di ogni opera, esaltano il comportamento e la personalità di un personaggio specifico, in certi casi sembrano frasi che avrebbero perfettamente potuto essere pronunciate dai protagonisti delle vicende. Non tutti i romanzi recano epigrafi prima dell'inizio, cinque (su un numero totale di sedici) ne sono privi. Ne rimangono così undici che spaziano su temi differenti, portatori di messaggi diversi, più o meno autobiografici, di cui è stata fatta un'analisi alla luce delle iscrizioni che li anticipavano per volontà del loro autore. Non essendo stato rilevato un diverso modo nell' utilizzo delle epigrafi in base a determinati contenuti o a specifiche situazioni, la migliore via da seguire è sembrata quella di affrontare le opere a blocchi in ordine cronologico, ben sapendo che questa può essere una via plausibile, ma non l'unica. L'analisi portata avanti è stata organizzata dunque in tre sezioni: una prima che prende in considerazione il periodo tra il 1962, anno di pubblicazione di Una nuvola d'ira, e il 1969, in cui uscì Il buio e il miele; una seconda dedicata alla trilogia fantastica e una terza, l'ultimo periodo da Azzurro tenebra del 1977 a La trappola amorosa, uscito postumo nel 1988. Anche tra i sedici autori ai quali lo scrittore piemontese attinge non può essere trovata una costante. Ricorre a Montale tre volte, due volte riecheggiano versi presi da Satura, una volta è il tratto poetico de La bufera e altro a rimarcare il pensiero di Arpino; due volte compaiono le parole di Herbert, e si scoprono essere versi contigui di una stessa poesia; infine in altri due casi ritroviamo Singer. Dostoevskij, Rilke, Heidegger e Goethe, Cardarelli, Sbarbaro e Saba, Berryman e Chesterton, Eschilo, Shakespeare, Alain e i Padri del deserto non si ripetono invece. È interessante vedere come situazioni all' apparenza diverse come quelle dello zio ingegnere di Un'anima persa e del Raskol'nikov dostoevskiano si incontrino, come l'Aiace decantato da Cardarelli militi nella stessa squadra di Paola, protagonista della Sposa segreta. Una cosa che impariamo sui banchi di liceo è che nessun'opera è un'isola, un corpo a sé stante nato dal solo ingegno poetico dell'uomo che l'ha generato. Gli scrittori nel tempo subiscono le medesime suggestioni, fanno circolare le proprie opinioni e si nutrono del confronto che viene prodotto. Così le opere sono in grado di dialogare tra loro, sensibilità che sembravano sepolte rinascono con l'avvento di discendenti particolarmente inclini e può dunque succedere che Giuan, eroe randagio degli anni di piombo, provi gli stessi sentimenti della sentinella nel palazzo di Clitennestra. Alla luce di questo concetto, del pensiero che le idee si rincorrano nei secoli, che vengano anche dimenticate per poi rifiorire a vita nuova nelle tesi di altri è stata portata avanti questa modestissima ricerca, la quale, preme sottolinearlo, non vuole avere alcuna pretesa, se non quella di essere stata fatta in nome del rispetto per l'autore e per il suo operato.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14240/87903