Il romanzo Con gli occhi chiusi è l'opera tozziana che maggiormente ha contribuito alla fortuna letteraria del suo autore. L'anno di stesura viene fatto risalire presumibilmente al 1913, durante il cosiddetto «sessennio di Castagneto» e narra, a livello di mera storia evenemenziale, i fatti esistenziali della vita del personaggio-protagonista Pietro Rosi. Presentatoci a partire dalla sua infanzia il romanzo segue l'itinerario che lo conduce, attraverso atti di via via sempre più accentuata "presa di dolore", dalla tenera età alle esperienze della vita adulta. Nel micro-cosmo senese Pietro è il figlio dell'oste Domenico Rosi, personaggio la cui violenta autorità s'imprime nell'anima del giovane fino a condizionare persino la più insignificante delle azioni che si troverà a compiere. L'incrocio tra l'esistenza di Pietro e quella della giovane contadina Ghisola che lavora presso il podere di Poggio a' Meli (possedimento di Domenico Rosi) mostra inequivocabilmente come il contatto tra due esseri viventi risenta di un'arcana sofferenza che non concede esiti felici: i due improvvisano (ed anche in maniera poco convincente) un avvicinamento che non si trasformerà mai in unione. Nel primo paragrafo del primo capitolo è stata affrontata la questione filologica di Con gli occhi chiusi, opera che segna la prima creazione (completa e riuscita) di Tozzi legata genere romanzesco. Le notizie riportate sono state tratte dai più autorevoli critici dell'autore, dal figlio Glauco Tozzi e da alcune dichiarazioni dello stesso Federigo. Il secondo paragrafo si concentra sulle possibilità di rinvenire in Tozzi elementi di stampo verista-naturalista ma ne dimostra, sulla scorta dei ragionamenti fatti a proposito da Debenedetti, Baldacci e Petroni il carattere di assoluta novità apportato da Tozzi nel panorama letterario italiano. L'assenza di modelli di ascendenza ottocentesca è motivata su più livelli: rigetto delle leggi di cause-effetto su cui poggia la scienza; rifiuto dell'ottica capitalista basata su una ferrea volontà accumulatrice di "roba"; perdita di oggettività e di ogni ogni presa naturalistica del mondo. Si affaccia inoltre l'idea che tutto ciò conduca in Tozzi ad una regressione che sfoci fino all'indifferenziazione: ogni cosa è inintellegibile per ciò che è realmente. Il terzo paragrafo approfondisce la questione sulla regressione rendendo manifesta l'assenza di una vera ideologia in Con gli occhi chiusi: quella che è considerata la presunta religiosità di Tozzi operante su larga scale nelle sue opere si rivela essere in ultima analisi qualcosa più associata alla psicologia che ad altro. Il primo paragrafo si concentra ancora sulla figura di Domenico e sulle analogie che conducono, al pari del Dio veterotestamentario, a considerarlo il padrone indiscusso ed ineguagliabile. Con la sua potenza egli intercede in ogni campo della vita del figlio inibendo qualsiasi tentativo di affermazione: i traumi irreparabili in Pietro nascono proprio dal padre. Nel secondo paragrafo viene avanzata la teoria secondo cui, oltre che e fuori da Domenico, la realtà è sorretta dalla violenza. A conferma di tale ipotesi si evidenziano le dinamiche che caratterizzano i rapporti tra qualsiasi essere vivente nel romanzo: tutto sembra riportare ad un antichissimo istinto che vuole che il più forte, chiunque esso sia, eserciti crudelmente la sua superiorità sul più debole.
Con gli occhi chiusi: tendenze regressive e ossessione della violenza
ADORNATO, GIUSEPPE
2016/2017
Abstract
Il romanzo Con gli occhi chiusi è l'opera tozziana che maggiormente ha contribuito alla fortuna letteraria del suo autore. L'anno di stesura viene fatto risalire presumibilmente al 1913, durante il cosiddetto «sessennio di Castagneto» e narra, a livello di mera storia evenemenziale, i fatti esistenziali della vita del personaggio-protagonista Pietro Rosi. Presentatoci a partire dalla sua infanzia il romanzo segue l'itinerario che lo conduce, attraverso atti di via via sempre più accentuata "presa di dolore", dalla tenera età alle esperienze della vita adulta. Nel micro-cosmo senese Pietro è il figlio dell'oste Domenico Rosi, personaggio la cui violenta autorità s'imprime nell'anima del giovane fino a condizionare persino la più insignificante delle azioni che si troverà a compiere. L'incrocio tra l'esistenza di Pietro e quella della giovane contadina Ghisola che lavora presso il podere di Poggio a' Meli (possedimento di Domenico Rosi) mostra inequivocabilmente come il contatto tra due esseri viventi risenta di un'arcana sofferenza che non concede esiti felici: i due improvvisano (ed anche in maniera poco convincente) un avvicinamento che non si trasformerà mai in unione. Nel primo paragrafo del primo capitolo è stata affrontata la questione filologica di Con gli occhi chiusi, opera che segna la prima creazione (completa e riuscita) di Tozzi legata genere romanzesco. Le notizie riportate sono state tratte dai più autorevoli critici dell'autore, dal figlio Glauco Tozzi e da alcune dichiarazioni dello stesso Federigo. Il secondo paragrafo si concentra sulle possibilità di rinvenire in Tozzi elementi di stampo verista-naturalista ma ne dimostra, sulla scorta dei ragionamenti fatti a proposito da Debenedetti, Baldacci e Petroni il carattere di assoluta novità apportato da Tozzi nel panorama letterario italiano. L'assenza di modelli di ascendenza ottocentesca è motivata su più livelli: rigetto delle leggi di cause-effetto su cui poggia la scienza; rifiuto dell'ottica capitalista basata su una ferrea volontà accumulatrice di "roba"; perdita di oggettività e di ogni ogni presa naturalistica del mondo. Si affaccia inoltre l'idea che tutto ciò conduca in Tozzi ad una regressione che sfoci fino all'indifferenziazione: ogni cosa è inintellegibile per ciò che è realmente. Il terzo paragrafo approfondisce la questione sulla regressione rendendo manifesta l'assenza di una vera ideologia in Con gli occhi chiusi: quella che è considerata la presunta religiosità di Tozzi operante su larga scale nelle sue opere si rivela essere in ultima analisi qualcosa più associata alla psicologia che ad altro. Il primo paragrafo si concentra ancora sulla figura di Domenico e sulle analogie che conducono, al pari del Dio veterotestamentario, a considerarlo il padrone indiscusso ed ineguagliabile. Con la sua potenza egli intercede in ogni campo della vita del figlio inibendo qualsiasi tentativo di affermazione: i traumi irreparabili in Pietro nascono proprio dal padre. Nel secondo paragrafo viene avanzata la teoria secondo cui, oltre che e fuori da Domenico, la realtà è sorretta dalla violenza. A conferma di tale ipotesi si evidenziano le dinamiche che caratterizzano i rapporti tra qualsiasi essere vivente nel romanzo: tutto sembra riportare ad un antichissimo istinto che vuole che il più forte, chiunque esso sia, eserciti crudelmente la sua superiorità sul più debole.File | Dimensione | Formato | |
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