« Énoncer la vérité, arriver ensemble à la vérité, c'est accomplir un acte communiste et révolutionnaire »

È sufficiente confrontarsi con la biografia intellettuale e politica di Antonio Gramsci per comprendere la reale essenza delle sue idee, per affermare che egli sia legato indissolubilmente al pensiero di Marx: al socialismo prima, al comunismo poi. Ma, allo stesso tempo, ciò non aiuta a comprendere la varietà di influenze culturali, provenienti da molteplici direzioni, che ne hanno caratterizzato lo sviluppo intellettuale. Gramsci è un intellettuale: riflette e interpreta la sua contemporaneità, assorbe e modella le influenze che gli giungono dal mondo che lo circonda, proponendo sovente punti di vista del tutto originali. Se così non fosse non esisterebbero articoli come La rivoluzione contro il Capitale, ad esempio, che rappresenta un primo tentativo critico di analisi della rivoluzione del 1917. Gramsci è un pensatore libero, che agisce, seguendo la lezione crociana, con un approccio laico all'esistenza. Affermare ciò, non significa però che il sardo non faccia parte di ¿qualcosa¿: egli si inserisce pienamente nella schiera dei pensatori che tentano di ¿tradurre¿ Marx, e si badi bene, si usa questo termine, ¿tradurre¿, proprio per distinguerlo da coloro che propongono una lettura letterale del filosofo tedesco, senza tenere in considerazione le condizioni economiche, politiche e sociali della società in cui si vogliono applicare le teorie di Marx. Gramsci, invece, elabora un marxismo che tiene conto di tutti questi fattori, la sua è un'interpretazione originale maturata fondendo insieme la dottrina di Marx e i fattori che contraddistinguono la storia nazionale (e non solo): a questo proposito, Gramsci pone l'accento sulle distinzioni tra il Nord e il Sud del Paese e perciò estende il concetto di lotta proletaria anche ai contadini, sostenendo che al Sud il proletariato industriale non sia ancora sufficientemente sviluppato, prefigurando l'unione tra contadini e operai per dar vita allo Stato proletario. Ma se la biografia di Gramsci offre elementi probanti sulla sua appartenenza ad una certa corrente di pensiero, allora perché sistematicamente, nel corso degli anni si è caduti (e tutt'ora si cade) nell'errore di tentare di portare Antonio Gramsci dietro gli schieramenti più disparati? Innalzarlo come vessillo di questa o quella idea, spogliandolo completamente di ciò che realmente è stato? I tentativi di appropriarsi in maniera più o meno illegittima del pensiero di Gramsci sono giunti da più parti, e non si cessa dal portare delle ¿presunte¿ prove per dimostrare che Gramsci, in fondo non abbia molto a che fare con la tradizione marxista o che comunque ad un certo punto della sua vita abbia invertito la rotta, abiurando e rinnegando la sua esistenza. E' certamente positivo, sintomo di vitalità, il fatto che continuino ad uscire opere serie dedicate a Gramsci, volte all'approfondimento, allo studio dei testi gramsciani, e persino alla loro revisione: quest'ultima è anima stessa della storiografia, suo inevitabile e necessario strumento di lavoro, che si differenzia e anzi si contrappone al revisionismo, che non è invece una pratica storiografica, bensì ideologica. ¿Gramsci appartiene a tutti¿, si poterebbe dire. In effetti, il pensiero di Gramsci è ad oggi così diffuso da poter essere considerato un bene della collettività, o meglio, un bene a servizio della cultura internazionale. Esso ha trovato riscontro e applicazione nell'America Latina, negli Stati Uniti e in Canada, in Estremo Oriente, persino in Australia. Invece, in

Antonio Gramsci. Critica dell'utopia liberale

PELLERINO, GUGLIELMO ALFONSO
2016/2017

Abstract

È sufficiente confrontarsi con la biografia intellettuale e politica di Antonio Gramsci per comprendere la reale essenza delle sue idee, per affermare che egli sia legato indissolubilmente al pensiero di Marx: al socialismo prima, al comunismo poi. Ma, allo stesso tempo, ciò non aiuta a comprendere la varietà di influenze culturali, provenienti da molteplici direzioni, che ne hanno caratterizzato lo sviluppo intellettuale. Gramsci è un intellettuale: riflette e interpreta la sua contemporaneità, assorbe e modella le influenze che gli giungono dal mondo che lo circonda, proponendo sovente punti di vista del tutto originali. Se così non fosse non esisterebbero articoli come La rivoluzione contro il Capitale, ad esempio, che rappresenta un primo tentativo critico di analisi della rivoluzione del 1917. Gramsci è un pensatore libero, che agisce, seguendo la lezione crociana, con un approccio laico all'esistenza. Affermare ciò, non significa però che il sardo non faccia parte di ¿qualcosa¿: egli si inserisce pienamente nella schiera dei pensatori che tentano di ¿tradurre¿ Marx, e si badi bene, si usa questo termine, ¿tradurre¿, proprio per distinguerlo da coloro che propongono una lettura letterale del filosofo tedesco, senza tenere in considerazione le condizioni economiche, politiche e sociali della società in cui si vogliono applicare le teorie di Marx. Gramsci, invece, elabora un marxismo che tiene conto di tutti questi fattori, la sua è un'interpretazione originale maturata fondendo insieme la dottrina di Marx e i fattori che contraddistinguono la storia nazionale (e non solo): a questo proposito, Gramsci pone l'accento sulle distinzioni tra il Nord e il Sud del Paese e perciò estende il concetto di lotta proletaria anche ai contadini, sostenendo che al Sud il proletariato industriale non sia ancora sufficientemente sviluppato, prefigurando l'unione tra contadini e operai per dar vita allo Stato proletario. Ma se la biografia di Gramsci offre elementi probanti sulla sua appartenenza ad una certa corrente di pensiero, allora perché sistematicamente, nel corso degli anni si è caduti (e tutt'ora si cade) nell'errore di tentare di portare Antonio Gramsci dietro gli schieramenti più disparati? Innalzarlo come vessillo di questa o quella idea, spogliandolo completamente di ciò che realmente è stato? I tentativi di appropriarsi in maniera più o meno illegittima del pensiero di Gramsci sono giunti da più parti, e non si cessa dal portare delle ¿presunte¿ prove per dimostrare che Gramsci, in fondo non abbia molto a che fare con la tradizione marxista o che comunque ad un certo punto della sua vita abbia invertito la rotta, abiurando e rinnegando la sua esistenza. E' certamente positivo, sintomo di vitalità, il fatto che continuino ad uscire opere serie dedicate a Gramsci, volte all'approfondimento, allo studio dei testi gramsciani, e persino alla loro revisione: quest'ultima è anima stessa della storiografia, suo inevitabile e necessario strumento di lavoro, che si differenzia e anzi si contrappone al revisionismo, che non è invece una pratica storiografica, bensì ideologica. ¿Gramsci appartiene a tutti¿, si poterebbe dire. In effetti, il pensiero di Gramsci è ad oggi così diffuso da poter essere considerato un bene della collettività, o meglio, un bene a servizio della cultura internazionale. Esso ha trovato riscontro e applicazione nell'America Latina, negli Stati Uniti e in Canada, in Estremo Oriente, persino in Australia. Invece, in
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« Énoncer la vérité, arriver ensemble à la vérité, c'est accomplir un acte communiste et révolutionnaire »
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