Obiettivo del mio lavoro è di approfondire l'implementazione del diritto dell'anziano non autosufficiente ad autodeterminarsi, in particolare per quanto concerne l'inserimento presso una struttura residenziale, con un'attenzione al fenomeno dell'R.S.A. aperta. Per rispondere alla domanda di ricerca individuata sopra nel primo capitolo ho descritto le caratteristiche generali dell'anziano non autosufficiente nell'età contemporanea, cosa si intende per non autosufficienza e quali sono i servizi a favore di questa fascia di popolazione, analizzando anche la situazione a Torino relativa alla popolazione non autosufficiente. Nel secondo capitolo ho descritto invece cosa si intende per esigenza di protezione e per principio di autodeterminazione, osservando come un approccio puramente protezionistico, sia evoluto in un altro, che tende alla promozione dell'autodeterminazione della persona. Nel terzo capitolo ho descritto infine a livello generale in cosa consiste una R.S.A.; ho quindi analizzato come si effettua la richiesta di inserimento in R.S.A., da chi viene effettuata tale richiesta e se viene richiesto o meno il consenso della persona interessata all'ingresso. Al tal fine ho esposto i risultati di interviste che ho effettuato ad operatori di R.S.A. che si occupano di organizzare e formalizzare gli ingressi presso le strutture. Giunta al termine del mio percorso di ricerca, ho dunque provato a rispondere alla domanda di ricerca che ha mosso il mio lavoro e cioè, se venga rispettato il principio dell'autodeterminazione della persona anziana non autosufficiente nella scelta del luogo di vita. La risposta è parsa in effetti almeno in parte negativa. Come evidenziato nel capitolo secondo, esiste una generale tendenza ad omogeneizzare i concetti di non autosufficienza e incapacità di discernimento. Di conseguenza, avviene spesso che all'anziano non autosufficiente venga di per sé attribuita dal caregiver e dagli operatori della struttura assistenziale un'incapacità di badare ai propri interessi e quindi di valutare con competenza quale sia la collocazione abitativa più adatta alle sue esigenze. Al contrario invece, come rilevato nel capitolo secondo, i concetti di non autosufficienza e incapacità di discernimento sono diversi e quindi dovrebbero essere tenuti distinti, con la logica conseguenza che sarebbe compito delle R.S.A. fare una valutazione autonoma e scrupolosa della capacità di discernimento dell'eventuale ospite e richiedendogli dunque il consenso puntuale all'ingresso e alla permanenza in R.S.A., se risulta che egli sia capace di discernimento. Rilevare come ciò non avvenga in nessuna delle strutture intervistate reputo sia anche sintomo di una scarsa attenzione ai diritti fondamentali delle persone in condizioni di vulnerabilità. Un altro elemento di riflessione che mi pare sia emerso dal mio lavoro è la qualifica automatica del familiare/caregiver come interprete delle volontà e giudice del benessere della persona. Il mio auspicio è che questo lavoro contribuisca a promuovere una maggior attenzione verso l'opinione dell'anziano non autosufficiente sulla sua collocazione abitativa, anche mediante la promozione di strumenti che meno incidono sulla sua libertà personale, come l'R.S.A. aperta, che consente la permanenza dell'anziano non più autosufficiente presso il suo domicilio, il suo ambiente di vita, fornendogli comunque un'assistenza socio-sanitaria adeguata alle sue condizioni.
Anziani non autosufficienti: quale autodeterminazione nella scelta del proprio ambiente di vita?
DE FELICIS, GIULIA
2016/2017
Abstract
Obiettivo del mio lavoro è di approfondire l'implementazione del diritto dell'anziano non autosufficiente ad autodeterminarsi, in particolare per quanto concerne l'inserimento presso una struttura residenziale, con un'attenzione al fenomeno dell'R.S.A. aperta. Per rispondere alla domanda di ricerca individuata sopra nel primo capitolo ho descritto le caratteristiche generali dell'anziano non autosufficiente nell'età contemporanea, cosa si intende per non autosufficienza e quali sono i servizi a favore di questa fascia di popolazione, analizzando anche la situazione a Torino relativa alla popolazione non autosufficiente. Nel secondo capitolo ho descritto invece cosa si intende per esigenza di protezione e per principio di autodeterminazione, osservando come un approccio puramente protezionistico, sia evoluto in un altro, che tende alla promozione dell'autodeterminazione della persona. Nel terzo capitolo ho descritto infine a livello generale in cosa consiste una R.S.A.; ho quindi analizzato come si effettua la richiesta di inserimento in R.S.A., da chi viene effettuata tale richiesta e se viene richiesto o meno il consenso della persona interessata all'ingresso. Al tal fine ho esposto i risultati di interviste che ho effettuato ad operatori di R.S.A. che si occupano di organizzare e formalizzare gli ingressi presso le strutture. Giunta al termine del mio percorso di ricerca, ho dunque provato a rispondere alla domanda di ricerca che ha mosso il mio lavoro e cioè, se venga rispettato il principio dell'autodeterminazione della persona anziana non autosufficiente nella scelta del luogo di vita. La risposta è parsa in effetti almeno in parte negativa. Come evidenziato nel capitolo secondo, esiste una generale tendenza ad omogeneizzare i concetti di non autosufficienza e incapacità di discernimento. Di conseguenza, avviene spesso che all'anziano non autosufficiente venga di per sé attribuita dal caregiver e dagli operatori della struttura assistenziale un'incapacità di badare ai propri interessi e quindi di valutare con competenza quale sia la collocazione abitativa più adatta alle sue esigenze. Al contrario invece, come rilevato nel capitolo secondo, i concetti di non autosufficienza e incapacità di discernimento sono diversi e quindi dovrebbero essere tenuti distinti, con la logica conseguenza che sarebbe compito delle R.S.A. fare una valutazione autonoma e scrupolosa della capacità di discernimento dell'eventuale ospite e richiedendogli dunque il consenso puntuale all'ingresso e alla permanenza in R.S.A., se risulta che egli sia capace di discernimento. Rilevare come ciò non avvenga in nessuna delle strutture intervistate reputo sia anche sintomo di una scarsa attenzione ai diritti fondamentali delle persone in condizioni di vulnerabilità. Un altro elemento di riflessione che mi pare sia emerso dal mio lavoro è la qualifica automatica del familiare/caregiver come interprete delle volontà e giudice del benessere della persona. Il mio auspicio è che questo lavoro contribuisca a promuovere una maggior attenzione verso l'opinione dell'anziano non autosufficiente sulla sua collocazione abitativa, anche mediante la promozione di strumenti che meno incidono sulla sua libertà personale, come l'R.S.A. aperta, che consente la permanenza dell'anziano non più autosufficiente presso il suo domicilio, il suo ambiente di vita, fornendogli comunque un'assistenza socio-sanitaria adeguata alle sue condizioni.File | Dimensione | Formato | |
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