Il lavoro di ricerca vuole analizzare l'evoluzione della politica di bilancio in Italia dall'introduzione della legge finanziaria, nel 1978, sino ad oggi. Gli anni Settanta e Ottanta, in Italia, sono caratterizzati da un dissesto nei conti pubblici e, a causa di politiche fiscali troppo generose intraprese da governi miopi nel consolidamento della finanza pubblica, si è assistito a un aumento del disavanzo pubblico e del debito pubblico. La Banca d'Italia finanziava la maggior parte del deficit di bilancio dello Stato e, ovviamente, ciò non fece altro che incrementare, a causa della maggiore quantità di moneta presente nel sistema economico, l'inflazione e, conseguentemente, a svalutare la lira. Il primo grande vero cambiamento nella politica di bilancio italiana si assiste durante gli anni Novanta in cui, dato il desiderio di voler accedere alla terza fase dell'Unione economica monetaria, adottando congiuntamente alle altre economie europee l'euro come valuta comune, si assiste, alla luce del Trattato di Maastricht stipulato nel 1992, ad una rapida convergenza dei conti pubblici verso sentieri di sostenibilità finanziaria. Celebre fu la "Tassa per l'Europa" introdotta dal Governo Prodi al fine di incrementare il gettito fiscale e abbattere deficit di bilancio strutturali che, durante il ventennio precedente, si aggiravano su livelli prossimi al 10% del Pil. Il lavoro presta, inoltre, particolare attenzione al nuovo ordine di governance economica nell'Unione, in seguito alla crisi finanziaria del 2008, dei debiti sovrani del 2012 e, infine, la crisi pandemica da Covid-19. La crisi finanziaria del 2012 ha visto una risposta ancora debole dell'Unione europea che, nonostante le nuove azioni di politica monetaria da parte della BCE, non ha agito unitariamente in ambito fiscale ma, mantenendo sempre l'obiettivo del rigore e della stabilità finanziaria, ha creato nuovi strumenti per prevenire e scongiurare, in futuro, che la precarietà finanziaria di un Paese possa minacciare l'intera stabilità e funzionamento dell'Unione. Celebre è il MES, acronimo di Meccanismo Europeo di Stabiltà, ovvero un fondo cui poter attingere in caso di urgente necessità finanziaria per risanare la finanza pubblica interna. La crisi pandemica da Covid-19, nonostante le tensioni e le estenuanti trattative tra i Capi di Stato e di governo dell'Unione, ha portato alla creazione del primo strumento di condivisione del debito: Il Recovery Fund. Attraverso esso i Paesi membri dell'Unione, seppur marginalmente, si avvicinano al modello federalista statunitense e, tramite la Commissione europea, che emette titoli di debito comunitari c.d. eurobond, ricevono liquidità per sostenere le rispettive economie dallo shock pandemico. Si è perciò partiti da una fase di autarchia in cui il debito pubblico e il deficit non erano considerati parametri guida nella finanza pubblica, sino ad oggi in cui il rigore finanziario è sempre più invocato dalle principali istituzioni europee. Per far si che l'Unione possa rafforzare la propria credibilità, una politica fiscale sovranazionale è fondamentale. Ciò presuppone che i singoli Stati debbano essere pronti a rinunciare ad una parte di autonomia per perseguire non i singoli interessi nazionali, ma la prosperità e crescita dell'intera Unione. Il Recovery Fund, incredibile strumento per fronteggiare la crisi sanitaria, rappresenta perciò uno strumento temporaneo o porrà le basi per la creazione futura di una Federazione Europea?

L'evoluzione della politica di bilancio in Italia: Dall'introduzione della legge finanziaria al Recovery Fund

BONGIOVANNI, MATTEO
2021/2022

Abstract

Il lavoro di ricerca vuole analizzare l'evoluzione della politica di bilancio in Italia dall'introduzione della legge finanziaria, nel 1978, sino ad oggi. Gli anni Settanta e Ottanta, in Italia, sono caratterizzati da un dissesto nei conti pubblici e, a causa di politiche fiscali troppo generose intraprese da governi miopi nel consolidamento della finanza pubblica, si è assistito a un aumento del disavanzo pubblico e del debito pubblico. La Banca d'Italia finanziava la maggior parte del deficit di bilancio dello Stato e, ovviamente, ciò non fece altro che incrementare, a causa della maggiore quantità di moneta presente nel sistema economico, l'inflazione e, conseguentemente, a svalutare la lira. Il primo grande vero cambiamento nella politica di bilancio italiana si assiste durante gli anni Novanta in cui, dato il desiderio di voler accedere alla terza fase dell'Unione economica monetaria, adottando congiuntamente alle altre economie europee l'euro come valuta comune, si assiste, alla luce del Trattato di Maastricht stipulato nel 1992, ad una rapida convergenza dei conti pubblici verso sentieri di sostenibilità finanziaria. Celebre fu la "Tassa per l'Europa" introdotta dal Governo Prodi al fine di incrementare il gettito fiscale e abbattere deficit di bilancio strutturali che, durante il ventennio precedente, si aggiravano su livelli prossimi al 10% del Pil. Il lavoro presta, inoltre, particolare attenzione al nuovo ordine di governance economica nell'Unione, in seguito alla crisi finanziaria del 2008, dei debiti sovrani del 2012 e, infine, la crisi pandemica da Covid-19. La crisi finanziaria del 2012 ha visto una risposta ancora debole dell'Unione europea che, nonostante le nuove azioni di politica monetaria da parte della BCE, non ha agito unitariamente in ambito fiscale ma, mantenendo sempre l'obiettivo del rigore e della stabilità finanziaria, ha creato nuovi strumenti per prevenire e scongiurare, in futuro, che la precarietà finanziaria di un Paese possa minacciare l'intera stabilità e funzionamento dell'Unione. Celebre è il MES, acronimo di Meccanismo Europeo di Stabiltà, ovvero un fondo cui poter attingere in caso di urgente necessità finanziaria per risanare la finanza pubblica interna. La crisi pandemica da Covid-19, nonostante le tensioni e le estenuanti trattative tra i Capi di Stato e di governo dell'Unione, ha portato alla creazione del primo strumento di condivisione del debito: Il Recovery Fund. Attraverso esso i Paesi membri dell'Unione, seppur marginalmente, si avvicinano al modello federalista statunitense e, tramite la Commissione europea, che emette titoli di debito comunitari c.d. eurobond, ricevono liquidità per sostenere le rispettive economie dallo shock pandemico. Si è perciò partiti da una fase di autarchia in cui il debito pubblico e il deficit non erano considerati parametri guida nella finanza pubblica, sino ad oggi in cui il rigore finanziario è sempre più invocato dalle principali istituzioni europee. Per far si che l'Unione possa rafforzare la propria credibilità, una politica fiscale sovranazionale è fondamentale. Ciò presuppone che i singoli Stati debbano essere pronti a rinunciare ad una parte di autonomia per perseguire non i singoli interessi nazionali, ma la prosperità e crescita dell'intera Unione. Il Recovery Fund, incredibile strumento per fronteggiare la crisi sanitaria, rappresenta perciò uno strumento temporaneo o porrà le basi per la creazione futura di una Federazione Europea?
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14240/87351