The quick and unceasing technological evolution raises new legal problems, that often remain unsolved because of the inadequacy of the law in force. One of the questions studied by the doctrine and also tackled by the law in action is the digital inheritance. The succession law of 1942, not straying from the previous one, limits the phenomenon of successions mortis causa to material assets and, not without difficulty, also to immaterial ones. However, the digital revolution has led to birth of a new type of estate, made up of digital res. The fact that these latter aren’t usually sold, but only licensed, added to the regulatory vacuum, makes it necessary to doubt the right of those who enjoy the digital assets to dispose of them, both in life and in death. Therefore, what destiny awaits them after the death of their owner, rectius, user? The question well sums up the main problem on which the examination, the aim of which is to formulate some possible answers, focuses. However, to do this, it isn’t possible to ignore the many other questions that digital inheritance poses, such as: which res make up the virtual estate? Can these things be legally considered “beni” ex art. 810 c.c.? What role do the license agreements concluded between the user and the Internet Service Provider play? What happens if there’s a conflict between the last will of the first one and the terms of service adopted by the latter? The question become even more complex if we consider the massive presence, on the web, of minors, people normally without the ability to act, who could possess huge virtual estate. Therefore, we must ask ourselves: what legal force should be attributed to the contracts concluded with the Internet Service Provider by the minor? Can the latter dispose of his digital assets? If so, what deed he have to use? The problem of digital inheritance has also been addressed by jurists and judges of other States, European and non-European, with a civil law and a common law tradition. Therefore, the examination, after a brief reconstruction of the current state of the technological evolution, focuses on the solutions put forward by United States of America, United Kingdom, Brazil, Belgium, Germany, France and Spain, trying to justify them in light of the characteristic of each legal system. Only following these general preliminary remarks, using the deductive method, it limits the field of analysis to Italy, considering the current succession and privacy laws, to try to answer the questions asked above, up to the main one: what destiny awaits the de cuius’ digital assets? The proposed solution to this last question is provided by separately analyzing the case in which the subject didn’t express his last will from the case in which, on the contrary, he did it. In the first hypothesis, the examination focuses on the activity that can be achieved to find out the deceased’s virtual res, as well as on the problem of their taking possession by the heirs. Instead, in the second one, it focuses on the tools provided by the legislator for the expression of the last will, on those prepared by the online platforms and, after all, on the suitability of both to achieve the purpose of transmitting virtual estate mortis causa.
La rapida e incessante evoluzione tecnologica solleva nuovi problemi giuridici, che spesso rimangono irrisolti a causa dell’inadeguatezza della legislazione vigente. Una delle questioni oggetto di studi della dottrina, affrontata anche dalla giurisprudenza, è l’eredità digitale. La disciplina successoria del 1942, non discostandosi da quella antecedente, circoscrive il fenomeno delle delazioni mortis causa ai beni materiali e, non senza difficoltà, a quelli immateriali. La rivoluzione digitale ha tuttavia comportato la nascita di una nuova tipologia di patrimonio, composto da res virtuali. Il fatto che queste ultime, di norma, non siano vendute, ma soltanto concesse in licenza, aggiunto al vuoto normativo, impone di dubitare della facoltà di chi ne goda di disporne, tanto in vita, quanto in morte. Pertanto, quale destino le attende alla morte del loro proprietario, rectius, utilizzatore? La domanda, tutt’altro che retorica, ben riassume la questione principale sulla quale si incentra la disamina condotta, il cui scopo consiste nel formulare delle possibili risposte. Per farlo, tuttavia, non è possibile ignorare i molti altri quesiti posti dal fenomeno dell’eredità digitale, come ad esempio: quali res compongono il patrimonio virtuale? Possono essere queste considerate giuridicamente “beni” ex art. 810 c.c.? Quale ruolo rivestono i contratti di licenza conclusi tra l’utente e gli Internet Service Provider? Cosa accade in caso di contrasto tra le ultime volontà del primo e i termini di servizio adottati dai secondi? La questione diviene ulteriormente complessa laddove si consideri la massiccia presenza in rete dei minori, soggetti di norma privi di capacità d’agire, i quali potrebbero possedere ingenti patrimoni virtuali. Occorre dunque domandarsi: che valore bisogna attribuire ai contratti stipulati con l’Internet Service Provider dall’infradiciottenne? Può quest’ultimo disporre dei propri beni digitali? In caso di risposta affermativa, usando quali mezzi? Il problema dell’eredità digitale è stato affrontato anche dai giuristi e dai giudici di altri Stati, europei e non, di tradizione di civil law e di common law. La disamina, pertanto, dopo una breve ricostruzione dell’attuale stato dell’evoluzione tecnologica, si incentra sulle soluzioni proposte dagli Stati Uniti d’America, dal Regno Unito, dal Brasile, dal Belgio, dalla Germania, dalla Francia e dalla Spagna, cercando di giustificarle alla luce delle peculiarità di ciascun ordinamento. Solo in seguito a tali generali premesse, impiegando una logica deduttiva, essa restringe il campo di analisi all’Italia, considerando la disciplina vigente in materia di successioni e di privacy, per tentare di rispondere alle domande sopra poste, fino a giungere alla principale: quale destino attende i beni digitali del de cuius? La proposta di soluzione a quest’ultimo quesito è fornita analizzando separatamente il caso in cui il soggetto non abbia nulla disposto per il periodo successivo al proprio decesso da quello in cui, al contrario, lo abbia fatto. Nella prima ipotesi, la trattazione si concentra sulle operazioni compibili per il reperimento delle res virtuali del defunto, nonché sui problemi legati al subentro in esse degli eredi. Nella seconda, invece, sugli strumenti previsti dal legislatore per l’espressione delle ultime volontà, su quelli predisposti dalle piattaforme e, infine, sull’idoneità di entrambi al raggiungimento dello scopo di trasmettere mortis causa il patrimonio virtuale.
L'eredità digitale. Un incerto destino per il patrimonio digitale del de cuius tra dottrina e giurisprudenza
GUGLIELMINO, LORENZO
2021/2022
Abstract
La rapida e incessante evoluzione tecnologica solleva nuovi problemi giuridici, che spesso rimangono irrisolti a causa dell’inadeguatezza della legislazione vigente. Una delle questioni oggetto di studi della dottrina, affrontata anche dalla giurisprudenza, è l’eredità digitale. La disciplina successoria del 1942, non discostandosi da quella antecedente, circoscrive il fenomeno delle delazioni mortis causa ai beni materiali e, non senza difficoltà, a quelli immateriali. La rivoluzione digitale ha tuttavia comportato la nascita di una nuova tipologia di patrimonio, composto da res virtuali. Il fatto che queste ultime, di norma, non siano vendute, ma soltanto concesse in licenza, aggiunto al vuoto normativo, impone di dubitare della facoltà di chi ne goda di disporne, tanto in vita, quanto in morte. Pertanto, quale destino le attende alla morte del loro proprietario, rectius, utilizzatore? La domanda, tutt’altro che retorica, ben riassume la questione principale sulla quale si incentra la disamina condotta, il cui scopo consiste nel formulare delle possibili risposte. Per farlo, tuttavia, non è possibile ignorare i molti altri quesiti posti dal fenomeno dell’eredità digitale, come ad esempio: quali res compongono il patrimonio virtuale? Possono essere queste considerate giuridicamente “beni” ex art. 810 c.c.? Quale ruolo rivestono i contratti di licenza conclusi tra l’utente e gli Internet Service Provider? Cosa accade in caso di contrasto tra le ultime volontà del primo e i termini di servizio adottati dai secondi? La questione diviene ulteriormente complessa laddove si consideri la massiccia presenza in rete dei minori, soggetti di norma privi di capacità d’agire, i quali potrebbero possedere ingenti patrimoni virtuali. Occorre dunque domandarsi: che valore bisogna attribuire ai contratti stipulati con l’Internet Service Provider dall’infradiciottenne? Può quest’ultimo disporre dei propri beni digitali? In caso di risposta affermativa, usando quali mezzi? Il problema dell’eredità digitale è stato affrontato anche dai giuristi e dai giudici di altri Stati, europei e non, di tradizione di civil law e di common law. La disamina, pertanto, dopo una breve ricostruzione dell’attuale stato dell’evoluzione tecnologica, si incentra sulle soluzioni proposte dagli Stati Uniti d’America, dal Regno Unito, dal Brasile, dal Belgio, dalla Germania, dalla Francia e dalla Spagna, cercando di giustificarle alla luce delle peculiarità di ciascun ordinamento. Solo in seguito a tali generali premesse, impiegando una logica deduttiva, essa restringe il campo di analisi all’Italia, considerando la disciplina vigente in materia di successioni e di privacy, per tentare di rispondere alle domande sopra poste, fino a giungere alla principale: quale destino attende i beni digitali del de cuius? La proposta di soluzione a quest’ultimo quesito è fornita analizzando separatamente il caso in cui il soggetto non abbia nulla disposto per il periodo successivo al proprio decesso da quello in cui, al contrario, lo abbia fatto. Nella prima ipotesi, la trattazione si concentra sulle operazioni compibili per il reperimento delle res virtuali del defunto, nonché sui problemi legati al subentro in esse degli eredi. Nella seconda, invece, sugli strumenti previsti dal legislatore per l’espressione delle ultime volontà, su quelli predisposti dalle piattaforme e, infine, sull’idoneità di entrambi al raggiungimento dello scopo di trasmettere mortis causa il patrimonio virtuale.File | Dimensione | Formato | |
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