Secondo il Concilio Oleico Internazionale, negli ultimi sessant’anni la produzione di olio d’oliva è triplicata: ad oggi, ogni anno, ne vengono prodotte più di tre milioni di tonnellate. Produzioni di questa portata generano ingenti quantità di rifiuti, sia solidi (scarti di potatura degli ulivi, sansa di olive e noccioli) sia liquidi (acque reflue di frantoio). Questi scarti però, essendo fonte di composti ad alto valore aggiunto (come polifenoli, fitosteroli, tocoferoli, e terpeni), rappresentano anche una risorsa, poiché possono essere recuperati e impiegati in ambito alimentare, farmaceutico o nel settore cosmetico. Le tecniche di estrazione convenzionali utilizzate per recuperare questi composti, tuttavia, hanno scarse rese e un significativo impatto ambientale. Per questo motivo, negli ultimi anni, sono state proposte nuove tecniche di estrazione non convenzionali, che hanno permesso di ridurre tempi e costi di estrazione, migliorare le rese e la qualità degli estratti, e limitare l’impatto ambientale. Tali nuove tecniche non convenzionali sono: l’estrazione assistita da ultrasuoni (UAE), l’estrazione assistita da microonde (MAE), i campi elettrici pulsati (PEF), i fluidi supercritici (SFE) e l’acqua subcritica (SWE). Inoltre, è stato anche proposto di sostituite i solventi organici tradizionali (spesso tossici inquinanti) con solventi green. Essi comprendono i solventi bioderivati (prodotti a partire da biomassa vegetale) e i NADES (Natural Deep Eutectic Solvents), che hanno mostrato elevata efficienza, in sinergia con le tecnologie non convenzionali, nell’estrazione di antiossidanti, e potrebbero svolgere un ruolo importante nel miglioramento delle rese di estrazione dai residui agroalimentari, in un’ottica di Green Chemistry.

Tecnologie e metodi non convenzionali per la valorizzazione degli scarti di produzione dell’olio di oliva

GONELLA, FEDERICA
2021/2022

Abstract

Secondo il Concilio Oleico Internazionale, negli ultimi sessant’anni la produzione di olio d’oliva è triplicata: ad oggi, ogni anno, ne vengono prodotte più di tre milioni di tonnellate. Produzioni di questa portata generano ingenti quantità di rifiuti, sia solidi (scarti di potatura degli ulivi, sansa di olive e noccioli) sia liquidi (acque reflue di frantoio). Questi scarti però, essendo fonte di composti ad alto valore aggiunto (come polifenoli, fitosteroli, tocoferoli, e terpeni), rappresentano anche una risorsa, poiché possono essere recuperati e impiegati in ambito alimentare, farmaceutico o nel settore cosmetico. Le tecniche di estrazione convenzionali utilizzate per recuperare questi composti, tuttavia, hanno scarse rese e un significativo impatto ambientale. Per questo motivo, negli ultimi anni, sono state proposte nuove tecniche di estrazione non convenzionali, che hanno permesso di ridurre tempi e costi di estrazione, migliorare le rese e la qualità degli estratti, e limitare l’impatto ambientale. Tali nuove tecniche non convenzionali sono: l’estrazione assistita da ultrasuoni (UAE), l’estrazione assistita da microonde (MAE), i campi elettrici pulsati (PEF), i fluidi supercritici (SFE) e l’acqua subcritica (SWE). Inoltre, è stato anche proposto di sostituite i solventi organici tradizionali (spesso tossici inquinanti) con solventi green. Essi comprendono i solventi bioderivati (prodotti a partire da biomassa vegetale) e i NADES (Natural Deep Eutectic Solvents), che hanno mostrato elevata efficienza, in sinergia con le tecnologie non convenzionali, nell’estrazione di antiossidanti, e potrebbero svolgere un ruolo importante nel miglioramento delle rese di estrazione dai residui agroalimentari, in un’ottica di Green Chemistry.
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