Nella società odierna, la plastica svolge un ruolo fondamentale, grazie alla vasta gamma di applicazioni possibili in vari ambiti. La produzione mondiale di materie plastiche, grazie ad un continuo incremento della domanda, è aumentata del 4% a più di 390 milioni di tonnellate. Contrariamente, in Europa si è registrata, principalmente a causa della crisi energetica, una diminuzione della produzione del 15%, raggiungendo le 57,2 milioni di tonnellate (dati aggiornati al 2021). Pertanto, la conseguenza di questa onerosa capacità produttiva è l’impatto ambientale causato da diverse problematiche, ad esempio la riduzione della capacità delle discariche, la difficoltà dello smaltimento di plastiche non biodegradabili, l’inquinamento degli oceani e l’emissione di sostanze tossiche dagli inceneritori che apportano un notevole contributo al riscaldamento globale. Per ridurre l’impatto umano sull’ambiente, il Parlamento Europeo (Commissione Europea, 2015) afferma la necessità di un intervento urgente, entro il 2030, per ridurre le emissioni di gas serra prima che il danno sia irreversibile. In Italia, dal 2006 al 2020, il riciclaggio dei rifiuti di imballaggio e delle plastiche post-consumo è aumentato del 70% ed il risparmio energetico del 53%, mentre l’accumulo dei rifiuti in discarica è diminuito del 83% per contribuire a ridurre l’impatto ambientale. Negli ultimi due anni, con la comparsa del COVID-19 e della pandemia, la popolazione è stata costretta a rimanere maggiormente a casa a causa di ripetute quarantene ed emanazione di numerosi decreti ma nonostante questo, l’utilizzo di materiale plastico è aumentato anche per via dell’esponenziale produzione di kit per la protezione individuale dal virus. L’elevato impiego di prodotti usa e getta ha rimarcato la necessità di produrre polimeri sostenibili, per esempio biodegradabili da risorse rinnovabili, sfruttando gli scarti dell’industria alimentare, per limitare l’enorme accumulo di rifiuti, dando vita alla cosiddetta “Green Era”. Si è iniziato da quasi 50 anni a studiare le bioplastiche e le loro proprietà, ma mai come negli ultimi anni si è sentita la necessità di averne maggiore dimestichezza e produrne più consistenti quantità per ridurre l’impatto ambientale e la dipendenza dal petrolio. Alcuni biopolimeri possono essere prodotti da una varietà di biomasse, come l’amido e la cellulosa oppure rifiuti alimentari, animali, agricoli, quindi risorse rinnovabili. Possono essere classificati in tre diversi tipi in base alle sorgenti e diverso processo di sintesi: biopolimeri derivanti da carbon fossile ma biodegradabili e polimeri ottenuti da fonti rinnovabili biodegradabili e non degradabili. Il vantaggio della biodegradabilità è la capacità del polimero di essere convertito, alla fine del suo ciclo di utilizzo, in CO2, H2O e metano da parte di microorganismi ed enzimi. Nonostante la notevole sostenibilità ambientale che comporterebbe l’utilizzo di bioplastiche su larga scala, in particolare nel settore degli imballaggi, sorgono ancora oggi alcune problematiche riguardo le loro prestazioni, legate in parte alla qualità delle materie prime utilizzate e alle proprietà barriera e meccaniche, meno performanti delle plastiche derivanti da carbon fossile.

Verso il packaging sostenibile: polimeri biodegradabili e proprietà barriera

FANTINO, LARA
2021/2022

Abstract

Nella società odierna, la plastica svolge un ruolo fondamentale, grazie alla vasta gamma di applicazioni possibili in vari ambiti. La produzione mondiale di materie plastiche, grazie ad un continuo incremento della domanda, è aumentata del 4% a più di 390 milioni di tonnellate. Contrariamente, in Europa si è registrata, principalmente a causa della crisi energetica, una diminuzione della produzione del 15%, raggiungendo le 57,2 milioni di tonnellate (dati aggiornati al 2021). Pertanto, la conseguenza di questa onerosa capacità produttiva è l’impatto ambientale causato da diverse problematiche, ad esempio la riduzione della capacità delle discariche, la difficoltà dello smaltimento di plastiche non biodegradabili, l’inquinamento degli oceani e l’emissione di sostanze tossiche dagli inceneritori che apportano un notevole contributo al riscaldamento globale. Per ridurre l’impatto umano sull’ambiente, il Parlamento Europeo (Commissione Europea, 2015) afferma la necessità di un intervento urgente, entro il 2030, per ridurre le emissioni di gas serra prima che il danno sia irreversibile. In Italia, dal 2006 al 2020, il riciclaggio dei rifiuti di imballaggio e delle plastiche post-consumo è aumentato del 70% ed il risparmio energetico del 53%, mentre l’accumulo dei rifiuti in discarica è diminuito del 83% per contribuire a ridurre l’impatto ambientale. Negli ultimi due anni, con la comparsa del COVID-19 e della pandemia, la popolazione è stata costretta a rimanere maggiormente a casa a causa di ripetute quarantene ed emanazione di numerosi decreti ma nonostante questo, l’utilizzo di materiale plastico è aumentato anche per via dell’esponenziale produzione di kit per la protezione individuale dal virus. L’elevato impiego di prodotti usa e getta ha rimarcato la necessità di produrre polimeri sostenibili, per esempio biodegradabili da risorse rinnovabili, sfruttando gli scarti dell’industria alimentare, per limitare l’enorme accumulo di rifiuti, dando vita alla cosiddetta “Green Era”. Si è iniziato da quasi 50 anni a studiare le bioplastiche e le loro proprietà, ma mai come negli ultimi anni si è sentita la necessità di averne maggiore dimestichezza e produrne più consistenti quantità per ridurre l’impatto ambientale e la dipendenza dal petrolio. Alcuni biopolimeri possono essere prodotti da una varietà di biomasse, come l’amido e la cellulosa oppure rifiuti alimentari, animali, agricoli, quindi risorse rinnovabili. Possono essere classificati in tre diversi tipi in base alle sorgenti e diverso processo di sintesi: biopolimeri derivanti da carbon fossile ma biodegradabili e polimeri ottenuti da fonti rinnovabili biodegradabili e non degradabili. Il vantaggio della biodegradabilità è la capacità del polimero di essere convertito, alla fine del suo ciclo di utilizzo, in CO2, H2O e metano da parte di microorganismi ed enzimi. Nonostante la notevole sostenibilità ambientale che comporterebbe l’utilizzo di bioplastiche su larga scala, in particolare nel settore degli imballaggi, sorgono ancora oggi alcune problematiche riguardo le loro prestazioni, legate in parte alla qualità delle materie prime utilizzate e alle proprietà barriera e meccaniche, meno performanti delle plastiche derivanti da carbon fossile.
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