Tra le iconografie mitologiche il ratto di Ganimede appare particolarmente interessante per i suoi molteplici livelli semantici. Il giovinetto che attirò le attenzioni di Giove venne variamente interpretato nel corso della storia antica, ora come simbolo erotico, ora come modello di immortale bellezza, ora come simbolo dell’anima che ascende alle dimore eterne. Eppure, nonostante questa polivalenza, l’iconografia di Ganimede, pur essendo largamente attestata nella pittura e nella plastica, sia in ambito quotidiano che in ambiente funerario, non assurse mai a tema centrale dei cicli figurativi; sembra invece che sia rimasta sovente come un motivo accessorio, un riempimento di vuoti in più articolati programmi decorativi. Un caso eccezionale parrebbe essere una peculiare classe di materiali, le stele funerarie, dove il mito di Ganimede si colloca spesso come uno degli elementi decorativi principali su cui ricade la scelta delle maestranze esecutrici e dei committenti. Questo è ancor più vero se l’analisi si limita al territorio della Cisalpina occidentale, dove i temi mitologici su questi monumenti sembrano essere assai limitati e, ancor di più il ratto di Ganimede, attestato, allo stato attuale dei rinvenimenti, su quattro stele funerarie che, in qualche modo, inseriscono questo territorio in un contesto più ampio di circolazione di modelli culturali nel corso dell’età romana. Per questi motivi si è deciso di analizzare questi materiali così peculiari cercando di contestualizzarli nella più ampia circolazione del mito di Ganimede. A tal fine il metodo comparativo, ossia quello che prevede un’attenta analisi delle fonti documentarie e letterarie confrontate con quelle archeologiche (iconografiche, epigrafiche, monumentali), è parso il più appropriato per affrontare una tematica che ha anche radici letterarie. Il primo capitolo si occupa, dunque, del mito di Ganimede a partire dalle fonti scritte della Grecia classica, cercando di ripercorrerne la genesi ab origine, integrandola con le prime manifestazioni iconografiche. Si approda, nel secondo paragrafo, al passaggio di testimone nel mondo romano, alla rifunzionalizzazione della figura di Ganimede in un contesto sociale più ampio e alla sua declinazione in varianti differenti che fanno della sostituzione zoomorfa di Giove un elemento centrale della figurazione. Al contempo si approfondisce il tema dell’amore omoerotico e pederastico anche dal punto di vista giuridico, dato che il mito di Ganimede era considerato come un esempio per la società antica. Il secondo capitolo approfondisce in particolare il mito in ambito funerario, mettendone in evidenza i possibili significati apoteotici e quelli legati alla trasmigrazione delle anime nell’aldilà, al suo legame con le sepolture di giovani defunti e alla possibilità che la sua adozione fosse indirizzata a un risvolto consolatorio nell’ambito del lutto, individuando nella morte di un giovane l’aspetto positivo di essere stato portato via durante la sua fioritura, immortalandolo per sempre nel momento migliore della sua vita, proprio come Ganimede era stato portato via da Giove che lo aveva reso immortale e per sempre giovane. Quindi, nel terzo capitolo, si analizza la produzione delle stele funerarie in Piemonte e si propongono le schede di dettaglio dei quattro rinvenimenti in area Cisalpina in cui appare la raffigurazione del ratto di Ganimede, per poi effettuare considerazioni di carattere generale nel capitolo conclusivo.
Ganimede. Dall'origine del mito, alle stele romane in Piemonte.
BOTTO, SABRINA
2021/2022
Abstract
Tra le iconografie mitologiche il ratto di Ganimede appare particolarmente interessante per i suoi molteplici livelli semantici. Il giovinetto che attirò le attenzioni di Giove venne variamente interpretato nel corso della storia antica, ora come simbolo erotico, ora come modello di immortale bellezza, ora come simbolo dell’anima che ascende alle dimore eterne. Eppure, nonostante questa polivalenza, l’iconografia di Ganimede, pur essendo largamente attestata nella pittura e nella plastica, sia in ambito quotidiano che in ambiente funerario, non assurse mai a tema centrale dei cicli figurativi; sembra invece che sia rimasta sovente come un motivo accessorio, un riempimento di vuoti in più articolati programmi decorativi. Un caso eccezionale parrebbe essere una peculiare classe di materiali, le stele funerarie, dove il mito di Ganimede si colloca spesso come uno degli elementi decorativi principali su cui ricade la scelta delle maestranze esecutrici e dei committenti. Questo è ancor più vero se l’analisi si limita al territorio della Cisalpina occidentale, dove i temi mitologici su questi monumenti sembrano essere assai limitati e, ancor di più il ratto di Ganimede, attestato, allo stato attuale dei rinvenimenti, su quattro stele funerarie che, in qualche modo, inseriscono questo territorio in un contesto più ampio di circolazione di modelli culturali nel corso dell’età romana. Per questi motivi si è deciso di analizzare questi materiali così peculiari cercando di contestualizzarli nella più ampia circolazione del mito di Ganimede. A tal fine il metodo comparativo, ossia quello che prevede un’attenta analisi delle fonti documentarie e letterarie confrontate con quelle archeologiche (iconografiche, epigrafiche, monumentali), è parso il più appropriato per affrontare una tematica che ha anche radici letterarie. Il primo capitolo si occupa, dunque, del mito di Ganimede a partire dalle fonti scritte della Grecia classica, cercando di ripercorrerne la genesi ab origine, integrandola con le prime manifestazioni iconografiche. Si approda, nel secondo paragrafo, al passaggio di testimone nel mondo romano, alla rifunzionalizzazione della figura di Ganimede in un contesto sociale più ampio e alla sua declinazione in varianti differenti che fanno della sostituzione zoomorfa di Giove un elemento centrale della figurazione. Al contempo si approfondisce il tema dell’amore omoerotico e pederastico anche dal punto di vista giuridico, dato che il mito di Ganimede era considerato come un esempio per la società antica. Il secondo capitolo approfondisce in particolare il mito in ambito funerario, mettendone in evidenza i possibili significati apoteotici e quelli legati alla trasmigrazione delle anime nell’aldilà, al suo legame con le sepolture di giovani defunti e alla possibilità che la sua adozione fosse indirizzata a un risvolto consolatorio nell’ambito del lutto, individuando nella morte di un giovane l’aspetto positivo di essere stato portato via durante la sua fioritura, immortalandolo per sempre nel momento migliore della sua vita, proprio come Ganimede era stato portato via da Giove che lo aveva reso immortale e per sempre giovane. Quindi, nel terzo capitolo, si analizza la produzione delle stele funerarie in Piemonte e si propongono le schede di dettaglio dei quattro rinvenimenti in area Cisalpina in cui appare la raffigurazione del ratto di Ganimede, per poi effettuare considerazioni di carattere generale nel capitolo conclusivo.File | Dimensione | Formato | |
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