L’idea di grammatica è al centro della riflessione filosofica di Wittgenstein successiva al Tractatus. Un modo per definire questo concetto - di cui Wittgenstein si servì come strumento concettuale per riflettere sulle questioni relative alla natura del linguaggio - è quello di identificare la grammatica con l’insieme delle regole che governano l’uso dei segni. In questo senso, il modello del linguaggio come calcolo fornì un primo strumento attraverso il quale Wittgenstein ripensò alle tesi del Tractatus. Un’analogia molto fruttuosa introdotta negli anni ‘30, e che portò Wittgenstein oltre il modello del linguaggio come calcolo, è quella del gioco degli scacchi: se avviciniamo il linguaggio a un gioco vediamo come le proposizioni impiegate possono essere pensate come mosse determinate da regole. Il linguaggio quindi, si presenta come governato da regole grammaticali costitutive dei significati, senza le quali non è possibile distinguere il senso dal nonsenso. Com’è noto, l’analogia con il gioco portò Wittgenstein a una nozione di grammatica legata alla molteplicità degli usi linguistici possibili: anche i giochi linguistici sono governati da regole, ma sono anche strettamente legati alla forma di vita in cui vengono praticati. Come emergerà chiaramente nelle Ricerche filosofiche, la nozione di regola costitutiva deve farsi pragmatica, ovvero relativa agli usi, per poter descrivere il modo in cui impieghiamo i concetti. Il presente lavoro vorrebbe dunque mostrare che la dialettica tra regole costitutive e regole pragmatiche del linguaggio, in parte già presente negli anni ’30, non venne mai abbandonata da Wittgenstein. Anzi, è necessario pensare che la concezione formale delle regole costitutive sia possibile solo grazie all’adozione di un punto di vista antropologico o pragmatico sulle regole. Questa prospettiva ha almeno una conseguenza rilevante che riguarda la concezione della filosofia di Wittgenstein, a partire dall’idea che filosofia e scienza stiano su piani diversi e siano nettamente separate. Se le regole semantiche sono normative, è possibile mantenere la separazione tra concettuale e fattuale. La grammatica del linguaggio ordinario non richiede scoperte future, perciò descrivere gli usi del linguaggio significa distinguere tra regole costitutive e proposizioni fattuali. È infine utile confrontare le riflessioni meta filosofiche di Wittgenstein negli anni ‘30 con quelle di Carnap: negli stessi anni in cui Wittgenstein elaborava la sua concezione della grammatica Carnap presentava una concezione molto simile di sintassi logica: la principale differenza tra le due concezioni – e quindi in ultima analisi tra la terapia grammaticale wittgensteiniana e l’esplicazione carnapiana – risiede nell’atteggiamenti nei confronti del convenzionalismo, accettato da Carnap (con il noto principio di tolleranza) e rifiutato da Wittgenstein.

Regole, Grammatica e chiarificazione concettuale nella filosofia di Wittgenstein

QUADRELLI, GAIA
2021/2022

Abstract

L’idea di grammatica è al centro della riflessione filosofica di Wittgenstein successiva al Tractatus. Un modo per definire questo concetto - di cui Wittgenstein si servì come strumento concettuale per riflettere sulle questioni relative alla natura del linguaggio - è quello di identificare la grammatica con l’insieme delle regole che governano l’uso dei segni. In questo senso, il modello del linguaggio come calcolo fornì un primo strumento attraverso il quale Wittgenstein ripensò alle tesi del Tractatus. Un’analogia molto fruttuosa introdotta negli anni ‘30, e che portò Wittgenstein oltre il modello del linguaggio come calcolo, è quella del gioco degli scacchi: se avviciniamo il linguaggio a un gioco vediamo come le proposizioni impiegate possono essere pensate come mosse determinate da regole. Il linguaggio quindi, si presenta come governato da regole grammaticali costitutive dei significati, senza le quali non è possibile distinguere il senso dal nonsenso. Com’è noto, l’analogia con il gioco portò Wittgenstein a una nozione di grammatica legata alla molteplicità degli usi linguistici possibili: anche i giochi linguistici sono governati da regole, ma sono anche strettamente legati alla forma di vita in cui vengono praticati. Come emergerà chiaramente nelle Ricerche filosofiche, la nozione di regola costitutiva deve farsi pragmatica, ovvero relativa agli usi, per poter descrivere il modo in cui impieghiamo i concetti. Il presente lavoro vorrebbe dunque mostrare che la dialettica tra regole costitutive e regole pragmatiche del linguaggio, in parte già presente negli anni ’30, non venne mai abbandonata da Wittgenstein. Anzi, è necessario pensare che la concezione formale delle regole costitutive sia possibile solo grazie all’adozione di un punto di vista antropologico o pragmatico sulle regole. Questa prospettiva ha almeno una conseguenza rilevante che riguarda la concezione della filosofia di Wittgenstein, a partire dall’idea che filosofia e scienza stiano su piani diversi e siano nettamente separate. Se le regole semantiche sono normative, è possibile mantenere la separazione tra concettuale e fattuale. La grammatica del linguaggio ordinario non richiede scoperte future, perciò descrivere gli usi del linguaggio significa distinguere tra regole costitutive e proposizioni fattuali. È infine utile confrontare le riflessioni meta filosofiche di Wittgenstein negli anni ‘30 con quelle di Carnap: negli stessi anni in cui Wittgenstein elaborava la sua concezione della grammatica Carnap presentava una concezione molto simile di sintassi logica: la principale differenza tra le due concezioni – e quindi in ultima analisi tra la terapia grammaticale wittgensteiniana e l’esplicazione carnapiana – risiede nell’atteggiamenti nei confronti del convenzionalismo, accettato da Carnap (con il noto principio di tolleranza) e rifiutato da Wittgenstein.
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