La pubalgia atletica, o più comunemente nota come ernia sportiva, è una patologia che colpisce molti atleti, soprattutto quelli che praticano sport che prevedono la ripetizione di movimenti quali torsioni, cambi di direzione improvvisi, scatti e allunghi. La pubalgia è molto difficile da diagnosticare se non con risonanze magnetiche accurate e spesso provoca dolore diffuso, dalla parete addominale fino alla muscolatura della coscia. Nei casi meno gravi, questa patologia è curabile con il riposo per un periodo di due o tre settimane e l’esecuzione di esercizi mirati al rinforzo della muscolatura coinvolta, per poi tornare, solo ed esclusivamente in assenza di dolore e una volta terminato il protocollo riabilitativo, a praticare, con prudenza e in maniera graduale, l’attività sportiva abbandonata. Per quanto concerne i casi più gravi, invece, occorre fare ricorso a un intervento chirurgico, con tempi di recupero molto più lunghi rispetto alle forme più lievi di pubalgia, ma, una volta superato il primo periodo di riposo totale, il protocollo applicato è lo stesso: esercizi di stabilizzazione, propriocezione, rinforzo della muscolatura addominale, abduttoria, adduttoria e flesso-estensoria dell’anca, per arrivare, gradualmente, ad esercizi sempre più sport-specifici. L’obiettivo di qualsiasi protocollo attivato per il recupero degli infortuni rimane in ogni caso il rientro dell’atleta sul terreno di gioco il più rapidamente possibile. A questo scopo, per garantire un recupero ottimale, non viene proposta una sequenza di esercizi infallibili e immodificabili valida per ciascun paziente, bensì un percorso di recupero che può essere adattato seguendo le sensazioni e il grado di recupero dell’atleta.
Pubalgia nell'atleta: prevenzione e recupero
ZOPPO, MARTINO
2021/2022
Abstract
La pubalgia atletica, o più comunemente nota come ernia sportiva, è una patologia che colpisce molti atleti, soprattutto quelli che praticano sport che prevedono la ripetizione di movimenti quali torsioni, cambi di direzione improvvisi, scatti e allunghi. La pubalgia è molto difficile da diagnosticare se non con risonanze magnetiche accurate e spesso provoca dolore diffuso, dalla parete addominale fino alla muscolatura della coscia. Nei casi meno gravi, questa patologia è curabile con il riposo per un periodo di due o tre settimane e l’esecuzione di esercizi mirati al rinforzo della muscolatura coinvolta, per poi tornare, solo ed esclusivamente in assenza di dolore e una volta terminato il protocollo riabilitativo, a praticare, con prudenza e in maniera graduale, l’attività sportiva abbandonata. Per quanto concerne i casi più gravi, invece, occorre fare ricorso a un intervento chirurgico, con tempi di recupero molto più lunghi rispetto alle forme più lievi di pubalgia, ma, una volta superato il primo periodo di riposo totale, il protocollo applicato è lo stesso: esercizi di stabilizzazione, propriocezione, rinforzo della muscolatura addominale, abduttoria, adduttoria e flesso-estensoria dell’anca, per arrivare, gradualmente, ad esercizi sempre più sport-specifici. L’obiettivo di qualsiasi protocollo attivato per il recupero degli infortuni rimane in ogni caso il rientro dell’atleta sul terreno di gioco il più rapidamente possibile. A questo scopo, per garantire un recupero ottimale, non viene proposta una sequenza di esercizi infallibili e immodificabili valida per ciascun paziente, bensì un percorso di recupero che può essere adattato seguendo le sensazioni e il grado di recupero dell’atleta.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14240/86227