The linguistic geography after the golden age of the first generation atlases immediately felt the need to create works of different scale, more specific, aimed at smaller portions of territory: the regional atlases. The birth of these second generation atlases has brought with it a series of theoretical and practical questions about how they should be realized and what connection they should have with previous works. This work aims to investigate the link between the first and second generation of atlases in order to eviscerate how many declinations it can take. To do this the first chapter intends to deepen the theoretical basis of the debate on this topic, born after the NALF project, and which has as its greatest exponent Karl Jaberg. The linguist argues that a continuity between works of regional scale and works of national scale is desirable, with the awareness of the different objectives and the necessity that the ones integrate where the others are necessarily more superficial. The theoretical assumptions set out by Corrado Grassi, a proponent of Jaberg’s position, but who has also adapted the ideas of the Swiss linguist to the Italian context, will also be illustrated, in particular as regards the broad spectrum of repertoire varieties which it considers should be the focus of the investigation of future regional atlases. The second and third chapters want to deepen the methodologies used by two Italian regional atlases: the Atlas of the Dolomite Ladin and the neighbouring dialects (ALD) and the Linguistic Atlas of Basilicata (alba). The analysis will focus on the comparison with the Italian national atlases: the Italian Linguistic Atlas (ALI) and the Atlas of Italy and Southern Switzerland (AIS). The comparison will not focus on the quality of the linguistic material collected, but on the methods of collecting and presenting the data to the user, looking for, where possible, the theoretical indications set out in the first chapter. The expected result is to give, first with a theoretical treatment, then with a practical one thanks to the examples mentioned, an in-depth point of view on the different approaches by the regional atlases in those territories already investigated by a national atlas and on how the dialogue between the two generations of works affects their final product.
La geografia linguistica dopo l'epoca d'oro degli atlanti di prima generazione ha subito sentito la necessità di creare delle opere di taglio diverso, più specifiche, rivolte a porzioni di territorio più ridotte: gli atlanti regionali. La nascita di questi atlanti di seconda generazione ha portato con sé una serie di questioni teoriche e pratiche su come dovessero realizzate e su che rapporto dovessero avere con i precedenti lavori. Questo lavoro si propone di indagare proprio il rapporto tra prima e seconda generazione di atlanti al fine di eviscerare quante declinazioni possa assumere. Per fare ciò il primo capitolo intende approfondire le basi teoriche del dibattito su questo tema, nato dopo il progetto del NALF, e che ha come più grande esponente Karl Jaberg. Il linguista sostiene che è auspicabile una continuità tra opere di taglio regionale e opere di taglio nazionale, con la consapevolezza dei diversi obiettivi e della necessità che le une integrino ove le altre sono necessariamente più superficiali. Verranno illustrati anche i presupposti teorici esposti da Corrado Grassi, estimatore della posizione di Jaberg, ma che ha saputo anche adattare al contesto italiano le idee del linguista svizzero, in particolare per quanto riguarda l’ampio spettro di varietà di repertorio che ritiene debba essere il centro dell’indagine dei futuri atlanti regionali. Il secondo e il terzo capitolo vogliono approfondire le metodologie utilizzate da due atlanti regionali italiani: l’Atlante del ladino dolomitico e dei dialetti limitrofi (ALD) e l’Atlante linguistico della Basilicata (ALBa). L’analisi verterà soprattutto sul confronto proprio con gli atlanti nazionali italiani: l’Atlante linguistico italiano (ALI) e l’Atlante dell’Italia e della Svizzera meridionale (AIS). Il confronto non verterà sulla qualità del materiale linguistico raccolto, ma sui metodi di raccolta e presentazione all’utente dei dati, alla ricerca, laddove possibile, delle indicazioni teoriche esposte nel primo capitolo. Il risultato previsto è quello di dare, prima con una trattazione teorica, poi pratica con gli esempi menzionati, un punto di vista approfondito sui diversi approcci da parte degli atlanti regionali in quei territori già indagati da un atlante nazionale e su quanto il dialogo tra le due generazioni di opere influisca sul prodotto finale.
Atlanti linguistici nazionali e regionali a confronto: l'esperienza dell'Atlante linguistico del ladino dolomitico e dell'Atlante linguistico della Basilicata
SGAMBELLONE, CHRISTIAN
2021/2022
Abstract
La geografia linguistica dopo l'epoca d'oro degli atlanti di prima generazione ha subito sentito la necessità di creare delle opere di taglio diverso, più specifiche, rivolte a porzioni di territorio più ridotte: gli atlanti regionali. La nascita di questi atlanti di seconda generazione ha portato con sé una serie di questioni teoriche e pratiche su come dovessero realizzate e su che rapporto dovessero avere con i precedenti lavori. Questo lavoro si propone di indagare proprio il rapporto tra prima e seconda generazione di atlanti al fine di eviscerare quante declinazioni possa assumere. Per fare ciò il primo capitolo intende approfondire le basi teoriche del dibattito su questo tema, nato dopo il progetto del NALF, e che ha come più grande esponente Karl Jaberg. Il linguista sostiene che è auspicabile una continuità tra opere di taglio regionale e opere di taglio nazionale, con la consapevolezza dei diversi obiettivi e della necessità che le une integrino ove le altre sono necessariamente più superficiali. Verranno illustrati anche i presupposti teorici esposti da Corrado Grassi, estimatore della posizione di Jaberg, ma che ha saputo anche adattare al contesto italiano le idee del linguista svizzero, in particolare per quanto riguarda l’ampio spettro di varietà di repertorio che ritiene debba essere il centro dell’indagine dei futuri atlanti regionali. Il secondo e il terzo capitolo vogliono approfondire le metodologie utilizzate da due atlanti regionali italiani: l’Atlante del ladino dolomitico e dei dialetti limitrofi (ALD) e l’Atlante linguistico della Basilicata (ALBa). L’analisi verterà soprattutto sul confronto proprio con gli atlanti nazionali italiani: l’Atlante linguistico italiano (ALI) e l’Atlante dell’Italia e della Svizzera meridionale (AIS). Il confronto non verterà sulla qualità del materiale linguistico raccolto, ma sui metodi di raccolta e presentazione all’utente dei dati, alla ricerca, laddove possibile, delle indicazioni teoriche esposte nel primo capitolo. Il risultato previsto è quello di dare, prima con una trattazione teorica, poi pratica con gli esempi menzionati, un punto di vista approfondito sui diversi approcci da parte degli atlanti regionali in quei territori già indagati da un atlante nazionale e su quanto il dialogo tra le due generazioni di opere influisca sul prodotto finale.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14240/86181