Nelle opere di Christa Wolf i pronomi sono utilizzati in maniera spesso inusuale e ricca di slittamenti, tanto da rendere straniante la prosa della scrittrice. In particolare, l’utilizzo ricorrente della prima persona plurale lascia l'incertezza circa il gruppo o i gruppi a cui le narratrici vogliono riferirsi e farsi portavoce. Questo elaborato ha lo scopo di analizzare – da un punto di vista principalmente stilistico e semantico – i possibili significati che si possono applicare alle prime persone plurali presenti in cinque opere dell’autrice: Riflessioni su Christa T. (1968), Nessun luogo. Da nessuna parte (1979), Cassandra (1983), Recita estiva (1989) e La città degli angeli (2011). I vari “Noi” messi in campo si collocano dentro una dialettica che parte dalle imposizioni del regime DDR, che spinge scrittori e scrittrici a utilizzare un’idea di collettivo predeterminata dall'ideologia e quindi a senso unico. Le voci narranti di Wolf mutano invece sempre il loro punto di vista, secondo una natura proteiforme grazie alla quale possono sdoppiarsi e moltiplicarsi. Ad essere restituita è una narrazione stratificata, in cui i piani individuali traggono vita e nutrimento dalla dimensione collettiva, verso la via dell’autorealizzazione e dell'utopia
Il desiderio di diventare "Noi" - La prima persona plurale nell'opera di Christa Wolf
DAMIANI, ANGELICA
2022/2023
Abstract
Nelle opere di Christa Wolf i pronomi sono utilizzati in maniera spesso inusuale e ricca di slittamenti, tanto da rendere straniante la prosa della scrittrice. In particolare, l’utilizzo ricorrente della prima persona plurale lascia l'incertezza circa il gruppo o i gruppi a cui le narratrici vogliono riferirsi e farsi portavoce. Questo elaborato ha lo scopo di analizzare – da un punto di vista principalmente stilistico e semantico – i possibili significati che si possono applicare alle prime persone plurali presenti in cinque opere dell’autrice: Riflessioni su Christa T. (1968), Nessun luogo. Da nessuna parte (1979), Cassandra (1983), Recita estiva (1989) e La città degli angeli (2011). I vari “Noi” messi in campo si collocano dentro una dialettica che parte dalle imposizioni del regime DDR, che spinge scrittori e scrittrici a utilizzare un’idea di collettivo predeterminata dall'ideologia e quindi a senso unico. Le voci narranti di Wolf mutano invece sempre il loro punto di vista, secondo una natura proteiforme grazie alla quale possono sdoppiarsi e moltiplicarsi. Ad essere restituita è una narrazione stratificata, in cui i piani individuali traggono vita e nutrimento dalla dimensione collettiva, verso la via dell’autorealizzazione e dell'utopiaFile | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14240/85498