In data 28 marzo 1930, Caterina Pillini istituiva la città di Torino “legataria universale” di tutti i suoi beni, mobili ed immobili; figurava, tra questi, una raccolta di oggetti d’arte, variegata per genere e qualità, che il Municipio accettava un anno più tardi, nell’agosto 1931. La seguente ricerca esamina, nello specifico, un’opera pittorica della raccolta, la tela settecentesca con Giuseppe e la moglie di Putifarre (Museo Civico d’Arte Antica di Palazzo Madama, inv. 0522/D), della quale si segnala l’interesse sin dai primi resoconti inventariali, tanto per la pregevole fattura quanto per la dubbia attribuzione. Il dipinto è dapprima avvicinato al veneziano Giovanni Antonio Pellegrini (1675-1741), poi alla Scuola francese di tardo XVII secolo, quindi a quella emiliana del medesimo periodo ed infine di nuovo a Pellegrini. Un rapido disegno di Gabriel de Saint Aubin (1724-1780), copia di un’opera – apparentemente perduta – di Charles-André Van Loo (1705-1765), fa luce sulla paternità dell’opera. Il disegno rivela infatti un soggetto ed una composizione analoghi a quelli del dipinto torinese, suggerendo di riconoscere in quest’ultimo l’originale del pittore o una sua vicina copia d’atelier. L’ipotesi riattributiva è stata quindi spunto di una riflessione più ampia sul dialogo culturale tra Venezia e Parigi nella prima metà del XVIII secolo, nel tentativo di comprendere le ragioni alla base dell’ ‘intelligente’ errore attributivo.

Uno scambio attributivo tra Venezia e Parigi: il 'Giuseppe e la moglie di Putifarre' di Palazzo Madama, da Pellegrini a Van Loo

COLIA, FRANCESCO
2019/2020

Abstract

In data 28 marzo 1930, Caterina Pillini istituiva la città di Torino “legataria universale” di tutti i suoi beni, mobili ed immobili; figurava, tra questi, una raccolta di oggetti d’arte, variegata per genere e qualità, che il Municipio accettava un anno più tardi, nell’agosto 1931. La seguente ricerca esamina, nello specifico, un’opera pittorica della raccolta, la tela settecentesca con Giuseppe e la moglie di Putifarre (Museo Civico d’Arte Antica di Palazzo Madama, inv. 0522/D), della quale si segnala l’interesse sin dai primi resoconti inventariali, tanto per la pregevole fattura quanto per la dubbia attribuzione. Il dipinto è dapprima avvicinato al veneziano Giovanni Antonio Pellegrini (1675-1741), poi alla Scuola francese di tardo XVII secolo, quindi a quella emiliana del medesimo periodo ed infine di nuovo a Pellegrini. Un rapido disegno di Gabriel de Saint Aubin (1724-1780), copia di un’opera – apparentemente perduta – di Charles-André Van Loo (1705-1765), fa luce sulla paternità dell’opera. Il disegno rivela infatti un soggetto ed una composizione analoghi a quelli del dipinto torinese, suggerendo di riconoscere in quest’ultimo l’originale del pittore o una sua vicina copia d’atelier. L’ipotesi riattributiva è stata quindi spunto di una riflessione più ampia sul dialogo culturale tra Venezia e Parigi nella prima metà del XVIII secolo, nel tentativo di comprendere le ragioni alla base dell’ ‘intelligente’ errore attributivo.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14240/84853