Le fratture diafisarie di tibia sono relativamente comuni tra le fratture delle ossa lunghe dei puledri, in seguito a traumi accidentali o calci della madre e l’osteosintesi mediante placche DCP è la tecnica chirurgica più comunemente utilizzata per il trattamento di queste. Durante il posizionamento delle placche viene però compromesso parte del supporto vascolare periostale ed è necessario praticare un'importante dissezione dei tessuti. Inoltre, la prolungata esposizione dei tessuti in fase intraoperatoria e l’elevato rischio di rifrattura dopo rimozione dell’impianto rappresentano fattori di rischio per l’insorgenza di complicanze quali infezioni, mancate unioni e fallimento della procedura. L’obiettivo di questo lavoro è quello di realizzare un impianto adatto al trattamento delle fratture metafisarie e diafisarie di tibia nel puledro nel primo anno di vita in grado di ridurre le complicanze intra e postoperatorie più comuni. A tale scopo è stata progettata una linea di chiodi endomidollari bloccati di differenti misure, in modo che per ogni paziente a seconda dell’età e della taglia sia disponibile un modello correttamente dimensionato. La scelta di tale impianto riconosce diversi vantaggi, tra cui una maggiore semplicità di inserimento, una maggiore velocità e una ridotta invasività della procedura chirurgica per il posizionamento dell’impianto. Infatti, il chiodo è stato ideato per essere inserito tramite un accesso extrarticolare mininvasivo grazie all’utilizzo di una guida, che permette di inserire alcune viti ad interferenza con una limitata dissezione intraoperatoria dei tessuti. Per sviluppare l’obiettivo fissato è stata intrapresa una collaborazione tra l’OVU e un’azienda italiana leader del settore ortopedico-traumatologico (Intrauma – VET, S.p.a.). Nel periodo compreso tra gennaio 2019 e giugno 2022 sono stati espiantati e conservati 10 arti posteriori da puledri deceduti per cause differenti e con diverse età e sono stati utilizzati nel post-mortem con il consenso del proprietario. Le tibie sono state espiantate, trattate e sottoposte a indagine tomografica per ottenere un modello 3Ddel canale endomidollare su cui ricavare una serie di misure e progettare l’impianto. Il chiodo è stato realizzato di forma cilindrica con una piega prossimale di 12°, 5 possibili lunghezze e diametri in funzione della geometria del canale midollare della tibia del puledro. Inoltre, è presente un sistema di bloccaggio prossimale e distale volto a neutralizzare le forze, soprattutto torsionali, che agiscono sul chiodo. L’impianto è in titanio grado 5, sottoposto ad un processo di anodizzazione dura di tipo II per migliorare la biocompatibilità e scongiurare il rischio di corrosione a cui potrebbe incorrere a contatto con i tessuti biologici. Dopo la realizzazione il chiodo è stato testato prima su tibie sane e poi su una tibia in cui è stata provocata una frattura, al fine di valutare il corretto punto di accesso al canale midollare e mettere a punto la tecnica di impianto. Obiettivo futuro è quello di testare il chiodo ultimato su una tibia con una frattura diafisaria del terzo distale e sottoporla a test biomeccanici volti a valutare le performance del chiodo e, in particolare, la resistenza dello stesso a forze di flessione, compressione e torsione. Si tratta di un lavoro innovativo volto a migliorare le tecniche di fissazione delle fratture tibiali proponendo un sistema di fissazione mininvasivo già ampiamente utilizzato in medicina umana.
Studio preliminare di un chiodo intramidollare bloccato per la riparazione delle fratture di tibia nel puledro
GRIECI, GIULIA
2021/2022
Abstract
Le fratture diafisarie di tibia sono relativamente comuni tra le fratture delle ossa lunghe dei puledri, in seguito a traumi accidentali o calci della madre e l’osteosintesi mediante placche DCP è la tecnica chirurgica più comunemente utilizzata per il trattamento di queste. Durante il posizionamento delle placche viene però compromesso parte del supporto vascolare periostale ed è necessario praticare un'importante dissezione dei tessuti. Inoltre, la prolungata esposizione dei tessuti in fase intraoperatoria e l’elevato rischio di rifrattura dopo rimozione dell’impianto rappresentano fattori di rischio per l’insorgenza di complicanze quali infezioni, mancate unioni e fallimento della procedura. L’obiettivo di questo lavoro è quello di realizzare un impianto adatto al trattamento delle fratture metafisarie e diafisarie di tibia nel puledro nel primo anno di vita in grado di ridurre le complicanze intra e postoperatorie più comuni. A tale scopo è stata progettata una linea di chiodi endomidollari bloccati di differenti misure, in modo che per ogni paziente a seconda dell’età e della taglia sia disponibile un modello correttamente dimensionato. La scelta di tale impianto riconosce diversi vantaggi, tra cui una maggiore semplicità di inserimento, una maggiore velocità e una ridotta invasività della procedura chirurgica per il posizionamento dell’impianto. Infatti, il chiodo è stato ideato per essere inserito tramite un accesso extrarticolare mininvasivo grazie all’utilizzo di una guida, che permette di inserire alcune viti ad interferenza con una limitata dissezione intraoperatoria dei tessuti. Per sviluppare l’obiettivo fissato è stata intrapresa una collaborazione tra l’OVU e un’azienda italiana leader del settore ortopedico-traumatologico (Intrauma – VET, S.p.a.). Nel periodo compreso tra gennaio 2019 e giugno 2022 sono stati espiantati e conservati 10 arti posteriori da puledri deceduti per cause differenti e con diverse età e sono stati utilizzati nel post-mortem con il consenso del proprietario. Le tibie sono state espiantate, trattate e sottoposte a indagine tomografica per ottenere un modello 3Ddel canale endomidollare su cui ricavare una serie di misure e progettare l’impianto. Il chiodo è stato realizzato di forma cilindrica con una piega prossimale di 12°, 5 possibili lunghezze e diametri in funzione della geometria del canale midollare della tibia del puledro. Inoltre, è presente un sistema di bloccaggio prossimale e distale volto a neutralizzare le forze, soprattutto torsionali, che agiscono sul chiodo. L’impianto è in titanio grado 5, sottoposto ad un processo di anodizzazione dura di tipo II per migliorare la biocompatibilità e scongiurare il rischio di corrosione a cui potrebbe incorrere a contatto con i tessuti biologici. Dopo la realizzazione il chiodo è stato testato prima su tibie sane e poi su una tibia in cui è stata provocata una frattura, al fine di valutare il corretto punto di accesso al canale midollare e mettere a punto la tecnica di impianto. Obiettivo futuro è quello di testare il chiodo ultimato su una tibia con una frattura diafisaria del terzo distale e sottoporla a test biomeccanici volti a valutare le performance del chiodo e, in particolare, la resistenza dello stesso a forze di flessione, compressione e torsione. Si tratta di un lavoro innovativo volto a migliorare le tecniche di fissazione delle fratture tibiali proponendo un sistema di fissazione mininvasivo già ampiamente utilizzato in medicina umana.File | Dimensione | Formato | |
---|---|---|---|
842156_tesi_g.grieci.pdf
non disponibili
Tipologia:
Altro materiale allegato
Dimensione
1.09 MB
Formato
Adobe PDF
|
1.09 MB | Adobe PDF |
I documenti in UNITESI sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.
https://hdl.handle.net/20.500.14240/84615