Tutti i miei libri partono chiaramente dall'autobiografia. La mia vita e la mia opera sono la stessa cosa. Goffredo Parise L‘obiettivo che ci si è posti con questo lavoro è di delineare la figura d’artista di Goffredo Parise analizzando l’opera con la quale è divenuto uno scrittore a Venezia, agli inizi degli anni Cinquanta, Il ragazzo morto e le comete e, quella che è considerata il suo punto d’arrivo, l’ultima nascita artistica, a Salgareda, I Sillabari. È stata analizzata la sua “opera prima” e, cercando di capire quali momenti della sua vita intima siano filtrati nell’opera, siamo “entrati” nel suo immaginario fantastico; la percezione fantastica che ha ampliato la sua creatività, la solitudine da cui nasce il piacere di allargare le cose con altre cose, una fantasia malinconica. La malinconia costituisce il fondamento della sua tematica di scrittore e forse è la segreta ragione di scrivere di Parise. Il primo racconto si sviluppa, come detto dall’autore, a collage: il rapporto causa-effetto logico e consequenziale è sostituito da scene che seguono la rievocazione dell’infanzia, della guerra, dell’adolescenza, scene accostate che seguono il flusso di coscienza del ragazzo di quindici anni senza una cornice narrativa. Le storie allineano e rimescolano situazioni storiche, messaggi sul dopoguerra, creando un effetto continuo di magia e sorpresa senza prevedibilità, tutto basato su un approccio visivo creato come un montaggio cinematografico e teatrale. Il finale del romanzo chiude il racconto con la meta obbligata di ogni formazione: i miti dell’amicizia si dissolvono con il tempo e il silenzio. Altra costante dell’opera e di tutta la produzione poetica, narrativa, giornalistica e di viaggio dell’autore, è l’indagine dei rapporti umani. Anche nei Sillabari l’autore porta dentro la sua scrittura l’indagine sull’umano giungendo a parlare di sentimenti. Nei Sillabari lo scrittore mette a fuoco il vissuto attraverso alcuni particolari, crea uno stile. Moravia dice che Parise ha riversato ne Il ragazzo morto e le comete tutta la sua memoria d’infanzia, i Sillabari rappresentano una specie di pellegrinaggio, dopo le esperienze dei viaggi, per recuperare la memoria della maturità. I racconti, in poche pagine definiscono un sentimento raccontando di un particolare, di un luogo. Sono racconti virtuali, la pietra filosofale del raccontare. Sillabario, non dizionario: il dizionario reca in sé l’ombra dell’enciclopedia, l’onniscienza, il sillabario, riporta all’incertezza, all’auroralità infantile. Parise propone tematiche nuove, è sempre stato “diverso”, anche in antitesi con le correnti dominanti del suo tempo, è stato surreale quando imperava il neorealismo (Il ragazzo morto), più tardi, dopo aver offerto una deformazione tutta personale dei conflitti del mondo industriale (Il padrone), ha preferito la liricità dei Sillabari. Negli anni della contestazione ha girato il mondo e ha mostrato tutte le sue qualità di reporter: dalla Cina, al Vietnam, al Biafra, fino al Giappone. Ogni voce dei Sillabari nasce da una semplificazione fulminante che sintetizza senza impoverire, semplificazione tipica della poesia. Nel primo Sillabario prevalgono l’amore, la tenerezza, l’affetto, la bontà circondati, sempre, da un alone di tristezza, malinconia; nel secondo Sillabario l’atmosfera è più cupa. Il Sillabario n. 2 termina alla lettera S con l’ultimo racconto Solitudine ed è preceduto dal congedo dell’autore illustrato nell’Avvertenza.

Goffredo Parise: L’immaginario fantastico in Il ragazzo morto e le comete e I Sillabari

RAPELLI, MARIA FELICITA
2021/2022

Abstract

Tutti i miei libri partono chiaramente dall'autobiografia. La mia vita e la mia opera sono la stessa cosa. Goffredo Parise L‘obiettivo che ci si è posti con questo lavoro è di delineare la figura d’artista di Goffredo Parise analizzando l’opera con la quale è divenuto uno scrittore a Venezia, agli inizi degli anni Cinquanta, Il ragazzo morto e le comete e, quella che è considerata il suo punto d’arrivo, l’ultima nascita artistica, a Salgareda, I Sillabari. È stata analizzata la sua “opera prima” e, cercando di capire quali momenti della sua vita intima siano filtrati nell’opera, siamo “entrati” nel suo immaginario fantastico; la percezione fantastica che ha ampliato la sua creatività, la solitudine da cui nasce il piacere di allargare le cose con altre cose, una fantasia malinconica. La malinconia costituisce il fondamento della sua tematica di scrittore e forse è la segreta ragione di scrivere di Parise. Il primo racconto si sviluppa, come detto dall’autore, a collage: il rapporto causa-effetto logico e consequenziale è sostituito da scene che seguono la rievocazione dell’infanzia, della guerra, dell’adolescenza, scene accostate che seguono il flusso di coscienza del ragazzo di quindici anni senza una cornice narrativa. Le storie allineano e rimescolano situazioni storiche, messaggi sul dopoguerra, creando un effetto continuo di magia e sorpresa senza prevedibilità, tutto basato su un approccio visivo creato come un montaggio cinematografico e teatrale. Il finale del romanzo chiude il racconto con la meta obbligata di ogni formazione: i miti dell’amicizia si dissolvono con il tempo e il silenzio. Altra costante dell’opera e di tutta la produzione poetica, narrativa, giornalistica e di viaggio dell’autore, è l’indagine dei rapporti umani. Anche nei Sillabari l’autore porta dentro la sua scrittura l’indagine sull’umano giungendo a parlare di sentimenti. Nei Sillabari lo scrittore mette a fuoco il vissuto attraverso alcuni particolari, crea uno stile. Moravia dice che Parise ha riversato ne Il ragazzo morto e le comete tutta la sua memoria d’infanzia, i Sillabari rappresentano una specie di pellegrinaggio, dopo le esperienze dei viaggi, per recuperare la memoria della maturità. I racconti, in poche pagine definiscono un sentimento raccontando di un particolare, di un luogo. Sono racconti virtuali, la pietra filosofale del raccontare. Sillabario, non dizionario: il dizionario reca in sé l’ombra dell’enciclopedia, l’onniscienza, il sillabario, riporta all’incertezza, all’auroralità infantile. Parise propone tematiche nuove, è sempre stato “diverso”, anche in antitesi con le correnti dominanti del suo tempo, è stato surreale quando imperava il neorealismo (Il ragazzo morto), più tardi, dopo aver offerto una deformazione tutta personale dei conflitti del mondo industriale (Il padrone), ha preferito la liricità dei Sillabari. Negli anni della contestazione ha girato il mondo e ha mostrato tutte le sue qualità di reporter: dalla Cina, al Vietnam, al Biafra, fino al Giappone. Ogni voce dei Sillabari nasce da una semplificazione fulminante che sintetizza senza impoverire, semplificazione tipica della poesia. Nel primo Sillabario prevalgono l’amore, la tenerezza, l’affetto, la bontà circondati, sempre, da un alone di tristezza, malinconia; nel secondo Sillabario l’atmosfera è più cupa. Il Sillabario n. 2 termina alla lettera S con l’ultimo racconto Solitudine ed è preceduto dal congedo dell’autore illustrato nell’Avvertenza.
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