L’oggetto del presente studio muove da un’analisi dei principî posti alle fondamenta del diritto alla salute a opera del legislatore nazionale, di quello comunitario e, infine, di quello internazionale, al fine di inquadrare la sua evoluzione ontologica e le diverse accezioni che ha assunto ai vari livelli dei formanti giuridici. Un diritto, quello alla salute, che forse come nessun altro tange plurimi settori della disciplina giuridica, traendo la sua essenza e costruendo la sua forma dal diritto gius-pubblicistico, tuttavia determinando le sue conseguenze sul piano gius-privatistico. Un diritto, quello alle cure, che come nessun altro tange la vita stessa dell’uomo e vuole aspirare alle più alte intenzioni di solidarietà. Lo sviluppo della trattazione volge, quindi, verso la disamina delle modalità con cui il diritto alla salute si concretizza con l’accesso alle cure e, in particolare, con l’acquisto delle diverse tipologie di farmaci da parte del Sistema Sanitario Nazionale, al fine di comprendere come questi possano essere fruibili al cittadino italiano. In questa fase andrà dunque a emergere come il diritto alla salute costituisca, oltre che un valore giuridico, anche un costo economico; in altre parole, un prezzo che si va a formare nell’interazione di spinte contrapposte, quali la concorrenza di mercato, da un lato, e le scelte politiche, l’istituzione di leggi e la loro applicazione da parte dei giudici, dall’altro. Una volta analizzato il substrato giuridico ed economico sul quale il diritto alla salute può maturare e, per mezzo dell’acquisto delle cure, beneficiare il cittadino, la discussione può dunque soffermarsi sulla natura giuridica del farmaco, quale espressione del bene-salute. A chi debba appartenere la proprietà della conoscenza medico-farmaceutica e a chi debba giovare la sua ricaduta pratica industriale e commerciale? Questa una prima questione a cui si vuol dare rilievo. L’annosa e inestricabile dialettica tra la visione privatistica - per la quale il diritto proprietario significherebbe propulsione all’innovazione - e la contrapposta prospettiva formatasi attorno alla concezione di “bene-comune” - secondo cui taluni beni non possono appartenere, ma solo essere condivisi - ben può esprimersi nella parte di dissertazione relativa alla tutela proprietaria dell’invenzione farmaceutica. La particolarità del bene-farmaco e il grado con cui esso può incidere non solamente sui diritti dell’individuo, ma sulla sua stessa vita, deve comportare una particolarità della sua disciplina rispetto agli altri beni? Ecco dunque una seconda questione, che non può essere certo compresa senza disquisire prima delle regole sulla concorrenza, poi del brevetto sul trovato farmaceutico e quindi delle tutele attribuite al suo inventore, trattando le quali altro non possono che sorgere altri interrogativi. Gli effetti derivanti dal monopolio brevettuale sul bene-farmaco trovano dei limiti? I limiti posti a circoscrivere tale esclusività, sia nell’oggetto sia nel tempo, sono idonei a garantire la propulsione all’innovazione promessa? L’abdicazione dagli intenti di solidarietà, propri di un diritto quale la salute, e la compressione della concorrenza di mercato, funzionale all’economia del diritto, valgono davvero il loro sacrificio sull’altare della proprietà privata?

Brevettualità del diritto alla salute

BIAGIOLI, EMANUELE
2021/2022

Abstract

L’oggetto del presente studio muove da un’analisi dei principî posti alle fondamenta del diritto alla salute a opera del legislatore nazionale, di quello comunitario e, infine, di quello internazionale, al fine di inquadrare la sua evoluzione ontologica e le diverse accezioni che ha assunto ai vari livelli dei formanti giuridici. Un diritto, quello alla salute, che forse come nessun altro tange plurimi settori della disciplina giuridica, traendo la sua essenza e costruendo la sua forma dal diritto gius-pubblicistico, tuttavia determinando le sue conseguenze sul piano gius-privatistico. Un diritto, quello alle cure, che come nessun altro tange la vita stessa dell’uomo e vuole aspirare alle più alte intenzioni di solidarietà. Lo sviluppo della trattazione volge, quindi, verso la disamina delle modalità con cui il diritto alla salute si concretizza con l’accesso alle cure e, in particolare, con l’acquisto delle diverse tipologie di farmaci da parte del Sistema Sanitario Nazionale, al fine di comprendere come questi possano essere fruibili al cittadino italiano. In questa fase andrà dunque a emergere come il diritto alla salute costituisca, oltre che un valore giuridico, anche un costo economico; in altre parole, un prezzo che si va a formare nell’interazione di spinte contrapposte, quali la concorrenza di mercato, da un lato, e le scelte politiche, l’istituzione di leggi e la loro applicazione da parte dei giudici, dall’altro. Una volta analizzato il substrato giuridico ed economico sul quale il diritto alla salute può maturare e, per mezzo dell’acquisto delle cure, beneficiare il cittadino, la discussione può dunque soffermarsi sulla natura giuridica del farmaco, quale espressione del bene-salute. A chi debba appartenere la proprietà della conoscenza medico-farmaceutica e a chi debba giovare la sua ricaduta pratica industriale e commerciale? Questa una prima questione a cui si vuol dare rilievo. L’annosa e inestricabile dialettica tra la visione privatistica - per la quale il diritto proprietario significherebbe propulsione all’innovazione - e la contrapposta prospettiva formatasi attorno alla concezione di “bene-comune” - secondo cui taluni beni non possono appartenere, ma solo essere condivisi - ben può esprimersi nella parte di dissertazione relativa alla tutela proprietaria dell’invenzione farmaceutica. La particolarità del bene-farmaco e il grado con cui esso può incidere non solamente sui diritti dell’individuo, ma sulla sua stessa vita, deve comportare una particolarità della sua disciplina rispetto agli altri beni? Ecco dunque una seconda questione, che non può essere certo compresa senza disquisire prima delle regole sulla concorrenza, poi del brevetto sul trovato farmaceutico e quindi delle tutele attribuite al suo inventore, trattando le quali altro non possono che sorgere altri interrogativi. Gli effetti derivanti dal monopolio brevettuale sul bene-farmaco trovano dei limiti? I limiti posti a circoscrivere tale esclusività, sia nell’oggetto sia nel tempo, sono idonei a garantire la propulsione all’innovazione promessa? L’abdicazione dagli intenti di solidarietà, propri di un diritto quale la salute, e la compressione della concorrenza di mercato, funzionale all’economia del diritto, valgono davvero il loro sacrificio sull’altare della proprietà privata?
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14240/83724