Management of patients presenting with acute chest pain in the Emergency Department of a third level hospital: retrospective study. Background: Acute Chest Pain (ACP) remains one of the hardest challenges in ED. ACP represents a common presenting symptom in the emergency room (5% to 9%). The main goal of clinicians is to identify low-risk and high-risk patients for Acute Coronary Syndrome (ACS). Objective: the focus of this study is to determine applicability and clinical-logistic implications of a new pilot diagnostic therapeutic management protocol based on “HEART score”. Methods: All march 2019 ED computerized medical records (n=6061) were screened to identify every single patient presenting with ACP. A 98 variable dataset was built concerning clinical features, instrumental investigations and tests, outcomes of ED access and eventual admissions. For each patient was also calculated the “HEART score” used to divide all patients into three groups by ACS risk: low-risk group (score ≤ 3), intermediate-risk group (score 4-6), high-risk group (score ≥ 7). In this way it was possible to compare what would happen applying the new protocol. Results: ACP was the presenting complaint in 7,9% (n=479) of all accesses (n=6061). ACS occurred in 10,4% (n=50) of ACP. A total of 380 patients were divided into three risk group: low-risk 56,8% (n=216), intermediate-risk 40,8% (n=155) and high-risk 2,4% (n=9). No ACS occurred in low-risk group, in intermediate-risk group ACS was diagnosed in 9,0% (n=14) and in the high-risk group ACS occurred in 55,6% (n=5). Data analysis emphasizes how the 18,5% (n=40) of low-risk discharged patients carries out a cardiological examination, without indication in the new protocol, always negative for ACS. In intermediate-risk patients 51,0% (n=79) has not undergone a cardiological examination, contrary to new protocol, producing 5 inappropriate hospitalizations. About admission in intermediate-risk patients, pilot protocol suggests performing second line investigations (CPX test, coroTC, scintigraphy, ECO stress test) before admission; the results show this only in 10,2% (n=5) of all intermediate-risk patients admitted (n=49). Management of high-risk patients reflected almost totally new algorithm. Conclusion: new pilot protocol provides useful decision-making tool in ED to define ACS risk in patients presenting with ACP. Moreover, data analysis shows how the protocol would contribute to reduce costs and time of ED stay, increase admissions/discharges appropriateness and properly use of instrumental and clinical investigations. Other studies will be needed to evaluate effectiveness of the pilot protocol after its entry into force.

Gestione dei pazienti con dolore toracico acuto presso il Dipartimento di Emergenza e Accettazione di un presidio ospedaliero di terzo livello: studio retrospettivo. Background: il Dolore Toracico Acuto (DTA) rimane una delle sfide più difficili dei DEA rappresentando da solo uno dei principali motivi di accesso in pronto soccorso (dal 5% al 9%). Obiettivo primario del medico urgentista è quello di discriminare i pazienti a basso rischio di SCA da quelli ad alto rischio. Obiettivi: l’obiettivo di questo studio è quello di indagare ed individuare le caratteristiche del bacino di utenza afferente al DEA per DTA e determinare l’applicabilità ed i risvolti clinico-logistici di un protocollo diagnostico terapeutico sperimentale basato sul punteggio “HEART score”. Metodi: tutte le cartelle cliniche informatizzate dei pazienti afferenti al DEA nel mese di marzo 2019 (n=6061) sono state vagliate manualmente al fine di selezionare i soli pazienti che presentassero DTA in APP. Su questi è stato costruito un dataset di 98 variabili che tenesse conto delle informazioni cliniche, delle indagini eseguite, dell’esito dell’accesso e dell’eventuale ricovero. Inoltre, ad ogni paziente è stato attribuito un punteggio “HEART score” che ha permesso di suddividere in tre gruppi di rischio i pazienti: basso rischio (score ≤ 3), intermedio rischio (score 4-6), alto rischio (score ≥ 7). Questo ha reso possibile il confronto tra ciò che accadrebbe con l’applicazione del nuovo protocollo e quello che è realmente accaduto nella gestione dei pazienti. Risultati: il DTA era il sintomo di presentazione in DEA nel 7,9% (n=479) degli accessi. Il tasso di SCA nei pazienti con DTA si attestava sul 10,4% (n=50). I pazienti sui quali è stato calcolato il punteggio “HEART score” (n=380) venivano suddivisi a seconda del rischio di SCA in: basso rischio 56,8% (n=216), intermedio rischio 40,8% (n=155) ed alto rischio 2,4% (n=9). Nessuna SCA è stata evidenziata nei pazienti a basso rischio, nei pazienti a rischio intermedio la SCA rappresentava il 9,0% delle diagnosi (n=14) e nei pazienti ad alto rischio il 55,6% (n=5). Dall’analisi dati è emerso come il 18,5% (n=40) dei pazienti a basso rischio per SCA effettuasse, senza indicazione nel nuovo algoritmo, consulenza cardiologica o indagini di secondo livello che hanno sempre avuto esito negativo non modificando le sorti dei pazienti, ma tuttalpiù aumentando la durata di permanenza in DEA ed i costi di gestione. Nei pazienti a rischio intermedio il 51,0% (n=79) non effettuava la visita cardiologica, come invece suggerito dall’algoritmo, producendo 25 ricoveri dei quali 11 volti all’identificazione di SCA che a seguito di indagini strumentali in sede di ricovero è stata esclusa in 5 casi (45,5%). Infatti, in merito al ricovero dei pazienti a rischio intermedio, l’algoritmo esorta ad eseguire in DEA test di secondo livello (PES, coroTC, scintigrafia, ECOstress) che ne possano aumentare l’appropriatezza; ciò è stato effettuato solo nel 10,2% (n=5) dei 49 pazienti a rischio intermedio ricoverati. La gestione dei pazienti ad alto rischio ha rispecchiato quasi a pieno ciò che è proposto dal nuovo algoritmo. Conclusioni: il nuovo algoritmo sperimentale fornisce un valido strumento decisionale nel setting dell’urgenza per definire il rischio di SCA nei pazienti con DTA. Inoltre, l’indagine condotta mostra la sua potenzialità nel ridurre i costi ed i tempi di permanenza in DEA dei pazienti e l’appropriatezza nelle scelte cliniche in termini di indagini strumentali e ricoveri. Ulteriori indagini saranno necessarie a valutare quanto evidenziato dopo l’effettiva applicazione del nuovo protocollo.

Gestione dei pazienti con dolore toracico acuto presso il Dipartimento di Emergenza e Accettazione di un presidio ospedaliero di terzo livello: studio retrospettivo.

MARTINELLI, PIETRO
2019/2020

Abstract

Gestione dei pazienti con dolore toracico acuto presso il Dipartimento di Emergenza e Accettazione di un presidio ospedaliero di terzo livello: studio retrospettivo. Background: il Dolore Toracico Acuto (DTA) rimane una delle sfide più difficili dei DEA rappresentando da solo uno dei principali motivi di accesso in pronto soccorso (dal 5% al 9%). Obiettivo primario del medico urgentista è quello di discriminare i pazienti a basso rischio di SCA da quelli ad alto rischio. Obiettivi: l’obiettivo di questo studio è quello di indagare ed individuare le caratteristiche del bacino di utenza afferente al DEA per DTA e determinare l’applicabilità ed i risvolti clinico-logistici di un protocollo diagnostico terapeutico sperimentale basato sul punteggio “HEART score”. Metodi: tutte le cartelle cliniche informatizzate dei pazienti afferenti al DEA nel mese di marzo 2019 (n=6061) sono state vagliate manualmente al fine di selezionare i soli pazienti che presentassero DTA in APP. Su questi è stato costruito un dataset di 98 variabili che tenesse conto delle informazioni cliniche, delle indagini eseguite, dell’esito dell’accesso e dell’eventuale ricovero. Inoltre, ad ogni paziente è stato attribuito un punteggio “HEART score” che ha permesso di suddividere in tre gruppi di rischio i pazienti: basso rischio (score ≤ 3), intermedio rischio (score 4-6), alto rischio (score ≥ 7). Questo ha reso possibile il confronto tra ciò che accadrebbe con l’applicazione del nuovo protocollo e quello che è realmente accaduto nella gestione dei pazienti. Risultati: il DTA era il sintomo di presentazione in DEA nel 7,9% (n=479) degli accessi. Il tasso di SCA nei pazienti con DTA si attestava sul 10,4% (n=50). I pazienti sui quali è stato calcolato il punteggio “HEART score” (n=380) venivano suddivisi a seconda del rischio di SCA in: basso rischio 56,8% (n=216), intermedio rischio 40,8% (n=155) ed alto rischio 2,4% (n=9). Nessuna SCA è stata evidenziata nei pazienti a basso rischio, nei pazienti a rischio intermedio la SCA rappresentava il 9,0% delle diagnosi (n=14) e nei pazienti ad alto rischio il 55,6% (n=5). Dall’analisi dati è emerso come il 18,5% (n=40) dei pazienti a basso rischio per SCA effettuasse, senza indicazione nel nuovo algoritmo, consulenza cardiologica o indagini di secondo livello che hanno sempre avuto esito negativo non modificando le sorti dei pazienti, ma tuttalpiù aumentando la durata di permanenza in DEA ed i costi di gestione. Nei pazienti a rischio intermedio il 51,0% (n=79) non effettuava la visita cardiologica, come invece suggerito dall’algoritmo, producendo 25 ricoveri dei quali 11 volti all’identificazione di SCA che a seguito di indagini strumentali in sede di ricovero è stata esclusa in 5 casi (45,5%). Infatti, in merito al ricovero dei pazienti a rischio intermedio, l’algoritmo esorta ad eseguire in DEA test di secondo livello (PES, coroTC, scintigrafia, ECOstress) che ne possano aumentare l’appropriatezza; ciò è stato effettuato solo nel 10,2% (n=5) dei 49 pazienti a rischio intermedio ricoverati. La gestione dei pazienti ad alto rischio ha rispecchiato quasi a pieno ciò che è proposto dal nuovo algoritmo. Conclusioni: il nuovo algoritmo sperimentale fornisce un valido strumento decisionale nel setting dell’urgenza per definire il rischio di SCA nei pazienti con DTA. Inoltre, l’indagine condotta mostra la sua potenzialità nel ridurre i costi ed i tempi di permanenza in DEA dei pazienti e l’appropriatezza nelle scelte cliniche in termini di indagini strumentali e ricoveri. Ulteriori indagini saranno necessarie a valutare quanto evidenziato dopo l’effettiva applicazione del nuovo protocollo.
Management of patients presenting with acute chest pain in the Emergency Department of a third level hospital: retrospective study.
Management of patients presenting with acute chest pain in the Emergency Department of a third level hospital: retrospective study. Background: Acute Chest Pain (ACP) remains one of the hardest challenges in ED. ACP represents a common presenting symptom in the emergency room (5% to 9%). The main goal of clinicians is to identify low-risk and high-risk patients for Acute Coronary Syndrome (ACS). Objective: the focus of this study is to determine applicability and clinical-logistic implications of a new pilot diagnostic therapeutic management protocol based on “HEART score”. Methods: All march 2019 ED computerized medical records (n=6061) were screened to identify every single patient presenting with ACP. A 98 variable dataset was built concerning clinical features, instrumental investigations and tests, outcomes of ED access and eventual admissions. For each patient was also calculated the “HEART score” used to divide all patients into three groups by ACS risk: low-risk group (score ≤ 3), intermediate-risk group (score 4-6), high-risk group (score ≥ 7). In this way it was possible to compare what would happen applying the new protocol. Results: ACP was the presenting complaint in 7,9% (n=479) of all accesses (n=6061). ACS occurred in 10,4% (n=50) of ACP. A total of 380 patients were divided into three risk group: low-risk 56,8% (n=216), intermediate-risk 40,8% (n=155) and high-risk 2,4% (n=9). No ACS occurred in low-risk group, in intermediate-risk group ACS was diagnosed in 9,0% (n=14) and in the high-risk group ACS occurred in 55,6% (n=5). Data analysis emphasizes how the 18,5% (n=40) of low-risk discharged patients carries out a cardiological examination, without indication in the new protocol, always negative for ACS. In intermediate-risk patients 51,0% (n=79) has not undergone a cardiological examination, contrary to new protocol, producing 5 inappropriate hospitalizations. About admission in intermediate-risk patients, pilot protocol suggests performing second line investigations (CPX test, coroTC, scintigraphy, ECO stress test) before admission; the results show this only in 10,2% (n=5) of all intermediate-risk patients admitted (n=49). Management of high-risk patients reflected almost totally new algorithm. Conclusion: new pilot protocol provides useful decision-making tool in ED to define ACS risk in patients presenting with ACP. Moreover, data analysis shows how the protocol would contribute to reduce costs and time of ED stay, increase admissions/discharges appropriateness and properly use of instrumental and clinical investigations. Other studies will be needed to evaluate effectiveness of the pilot protocol after its entry into force.
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