The main topic of the paper is Wayang Kulit, the Javanese shadow theater. Starting from general considerations on the geographical, historical and social context within which this form of art acquires importance, the processes of creation of the scenic elements have been explored, as well as the methods of setting up the spaces for the shows, the events within which they are brought into and the various key figures who play important roles for the success of the performance. The text is divided into four main chapters, each of which delves into fundamental aspects for understanding the importance of Wayang Kulit in the island of Java. The first chapter presents a geographical contextualization of the thesis topic and the history of Java in its crucial moments, providing a key to interpreting the shadow theater in a precise historical place and moment. In this context are also touched upon topics such as religion, current politics, languages and the relationship of the new generations with the values that have governed the previous ones lived under the totalitarian regimes of dictators. Having clarified these first general points, the second chapter opens with an overview of Javanese artistic expressions. Indonesia in general and Java and Bali in particular are the cradle of a strong bond between individuals and the theater: dance and trance performances and puppet shows of various shapes have accompanied the life of courts and villages for many centuries. The text briefly analyzes the best known artistic representations and in particular the Wayang Gedog, similar to the Wayang Kulit, but with smaller shadows and more simply decorated, the Wayang Klitik with the two-dimensional wooden puppets, the Wayang Beber in which the events are painted on long rolls of cotton, the Wayang Golek with three-dimensional wooden puppets. The third chapter focuses entirely on the Wayang Kulit and analyzes every aspect of it starting from the etymology, the constitutive processes, the place, the matter and the structure of the representation. Here there is space for a careful reflection on the dalang, the "puppeteer", the one who decides every detail of the representation. This figure is placed on the border between showman and religious authority, magical and divinatory powers are attributed to him, his artistic skills are appreciated and seen as a legacy of prestigious ancestors. In the fourth and last chapter is presented the history of the Museum of Anthropology and Ethnography of the University of Turin with a particular focus on its Sundanese collection (Java). In the period preceding the drafting of this paper, a research and cataloging work was carried out on the finds of the large collection arrived in 1974 thanks to Luca Invernizzi Tettoni and Alberto Cassio and an attempt was made to clarify and give new life to these precious objects. In the last part of the thesis the work done is presented and the objects AS348A, AS348B, AS358, chosen for an in-depth analysis, are described.
L'elaborato tratta come argomento principale il Wayang Kulit, il teatro delle ombre giavanese. Partendo da considerazioni generali sul contesto geografico, storico e sociale entro il quale questa forma d'arte acquisisce importanza, si sono approfonditi i processi di creazione degli elementi scenici, le modalità di allestimento degli spazi per gli spettacoli, gli eventi entro i quali vengono portati in scena e le varie figure cardine che rivestono ruoli importanti per il successo della rappresentazione. Il testo è diviso in quattro capitoli principali, ognuno dei quali approfondisce aspetti fondamentali per la comprensione dell’importanza del Wayang Kulit nell’isola di Giava. Il primo capitolo presenta una contestualizzazione geografica dell’argomento di tesi e la storia di Giava nei suoi momenti cruciali fornendo una chiave di lettura per collocare il teatro delle ombre in un dato luogo e momento storico. In questa sede vengono toccati, inoltre, argomenti come la religione, la politica attuale, le lingue ed il rapporto delle nuove generazioni con i valori che hanno governato le precedenti vissute sotto i regimi totalitari dei dittatori. Chiariti questi primi punti generali, il secondo capitolo si apre con una panoramica sulle espressioni artistiche giavanesi. L’Indonesia in generale e Giava e Bali in particolare sono culla di un forte legame tra gli individui e il teatro: performance di danza e di trance e spettacoli con burattini di diverse fattezze accompagnano la vita delle corti e dei villaggi da molti secoli. Nel testo vengono analizzate brevemente le rappresentazioni artistiche più conosciute ed in particolare il Wayang Gedog, simile al Wayang Kulit, ma con ombre più piccole e decorate in modo più semplice, il Wayang Klitik con i burattini bidimensionali in legno, il Wayang Beber in cui le vicende sono dipinte su lunghi rotoli di cotone, il Wayang Golek con i burattini tridimensionali in legno. Vengono inoltre dedicati alcuni paragrafi alla danza giavanese e agli spettacoli di trance che aspirano ad annullare la personalità dei performer per spingersi fuori da sé, per diventare un “non-io” che fa spazio al personaggio rappresentato. Il terzo capitolo si concentra interamente sul Wayang Kulit e ne analizza ogni aspetto a partire dall’etimologia, i processi costitutivi, il luogo, la materia e la struttura della rappresentazione. Qui trova spazio un’attenta riflessione sul dalang, il “burattinaio”, colui che decide ogni dettaglio della rappresentazione. Questa figura si colloca al confine tra uomo di spettacolo e autorità religiosa, gli vengono attribuiti poteri magici e divinatori, le sue capacità artistiche vengono apprezzate e viste come eredità di prestigiosi antenati. Nel quarto ed ultimo capitolo viene presentata la storia del Museo di Antropologia ed Etnografia dell’Università di Torino con un focus particolare sulla sua collezione sundanese (Giava). Nel periodo precedente la stesura di questo elaborato è stato fatto un lavoro di ricerca e catalogazione dei reperti dell’ampia collezione arrivata nel 1974 grazie a Luca Invernizzi Tettoni e Alberto Cassio e si è cercato di fare chiarezza e donare nuova vita a questi oggetti così preziosi. Nell’ultima parte della tesi viene presentato il lavoro fatto e vengono descritti i reperti AS348A, AS348B, AS358, scelti per un’analisi approfondita.
Luci e ombre sul Wayang Kulit: uno sguardo alla collezione sundanese (Giava) del Museo di Antropologia ed Etnografia dell'Università di Torino
SARTORI, SUSANNA
2021/2022
Abstract
L'elaborato tratta come argomento principale il Wayang Kulit, il teatro delle ombre giavanese. Partendo da considerazioni generali sul contesto geografico, storico e sociale entro il quale questa forma d'arte acquisisce importanza, si sono approfonditi i processi di creazione degli elementi scenici, le modalità di allestimento degli spazi per gli spettacoli, gli eventi entro i quali vengono portati in scena e le varie figure cardine che rivestono ruoli importanti per il successo della rappresentazione. Il testo è diviso in quattro capitoli principali, ognuno dei quali approfondisce aspetti fondamentali per la comprensione dell’importanza del Wayang Kulit nell’isola di Giava. Il primo capitolo presenta una contestualizzazione geografica dell’argomento di tesi e la storia di Giava nei suoi momenti cruciali fornendo una chiave di lettura per collocare il teatro delle ombre in un dato luogo e momento storico. In questa sede vengono toccati, inoltre, argomenti come la religione, la politica attuale, le lingue ed il rapporto delle nuove generazioni con i valori che hanno governato le precedenti vissute sotto i regimi totalitari dei dittatori. Chiariti questi primi punti generali, il secondo capitolo si apre con una panoramica sulle espressioni artistiche giavanesi. L’Indonesia in generale e Giava e Bali in particolare sono culla di un forte legame tra gli individui e il teatro: performance di danza e di trance e spettacoli con burattini di diverse fattezze accompagnano la vita delle corti e dei villaggi da molti secoli. Nel testo vengono analizzate brevemente le rappresentazioni artistiche più conosciute ed in particolare il Wayang Gedog, simile al Wayang Kulit, ma con ombre più piccole e decorate in modo più semplice, il Wayang Klitik con i burattini bidimensionali in legno, il Wayang Beber in cui le vicende sono dipinte su lunghi rotoli di cotone, il Wayang Golek con i burattini tridimensionali in legno. Vengono inoltre dedicati alcuni paragrafi alla danza giavanese e agli spettacoli di trance che aspirano ad annullare la personalità dei performer per spingersi fuori da sé, per diventare un “non-io” che fa spazio al personaggio rappresentato. Il terzo capitolo si concentra interamente sul Wayang Kulit e ne analizza ogni aspetto a partire dall’etimologia, i processi costitutivi, il luogo, la materia e la struttura della rappresentazione. Qui trova spazio un’attenta riflessione sul dalang, il “burattinaio”, colui che decide ogni dettaglio della rappresentazione. Questa figura si colloca al confine tra uomo di spettacolo e autorità religiosa, gli vengono attribuiti poteri magici e divinatori, le sue capacità artistiche vengono apprezzate e viste come eredità di prestigiosi antenati. Nel quarto ed ultimo capitolo viene presentata la storia del Museo di Antropologia ed Etnografia dell’Università di Torino con un focus particolare sulla sua collezione sundanese (Giava). Nel periodo precedente la stesura di questo elaborato è stato fatto un lavoro di ricerca e catalogazione dei reperti dell’ampia collezione arrivata nel 1974 grazie a Luca Invernizzi Tettoni e Alberto Cassio e si è cercato di fare chiarezza e donare nuova vita a questi oggetti così preziosi. Nell’ultima parte della tesi viene presentato il lavoro fatto e vengono descritti i reperti AS348A, AS348B, AS358, scelti per un’analisi approfondita.File | Dimensione | Formato | |
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