Chi è l’Educatore Professionale? Si cercherà di rispondere a questa domanda sviscerandola in tre blocchi, che sono poi i tre capitoli: quando e come nasce la professione dell’Educatore, in che modo la legge ne ha definito i confini, quali sono le prospettive future. La figura dell’educatore nasce per rispondere alle problematiche di urbanizzazione tra primo e secondo dopoguerra. È molto lontana da come la si può vedere oggi. In quegli anni la segregazione del soggetto problematico in istituzioni residenziali è orientata da idee di conformazione e correzione. La figura del “censore” anticipa la figura dell’educatore. Il concetto di de-istituzionalizzazione (Goffman, 1968) si fa pratica, tra anni Sessanta e Settanta, nella chiusura dei manicomi, degli orfanotrofi, degli istituti per minorati, degli istituti per minori difficili e via discorrendo. Parallelamente si consolida il Terzo Settore, nella sua eterogeneità di iniziative: volontariato organizzato, associazioni di promozione sociale, fondazioni, cooperative sociali, imprese sociali, ONG. L’Educatore Professionale si evolve con e grazie all’intervento del legislatore. Da una parte la legge inquadra il professionista alla luce della sua formazione, dall’altra definisce gli aspetti strutturali del suo operare nei servizi, quali luoghi lo richiedono, quanto “costa” un’ora del suo lavoro, quali sono le sue mansioni. Da un punto di partenza di oltre trenta leggi, si è arrivati a descriverne sinteticamente una quindicina: alcune di rilevanza nazionale per tutte e tutti, come la Legge 180 del 1978, che de-istituisce le strutture manicomiali, poi accorpata nell’altrettanto “rivoluzionaria” Legge 833, sempre del 1978, che istituisce il Servizio Sanitario Nazionale, superando il sistema ad assicurazione sociale ed introducendo la copertura sanitaria universalistica. Il terzo blocco nasce da un punto di vista più biografico. In uscita dal corso di Laurea in Educazione Professionale, presso l’Università di Torino, mi sono sorti numerosi interrogativi circa la realtà dell’Educatore Professionale. Verranno analizzate le componenti principali per la quotidianità degli Educatori Professionali, cercando tra essi le relazioni e le causalità. In particolare, l’area contrattuale, del lavoro, e i contesti formativi. Le lauree triennali per diventare Educatori Professionali attualmente sono due: Scienze dell’Educazione, L-19, e Educazione Professionale, L-SNT2. Le differenze tra i due corsi non sono insignificanti e portano con loro disparità e discriminazioni anche nei contesti lavorativi. Questi dati, e la realtà di ambiti formativi e occupazionali di educatori e educatrici, devono essere tenuti in considerazione se si vuole aprire un discorso innovativo, di cambiamento e di unità. Un’idea per mettere in discussione l’immobilismo attuale è parlare, fare proposte. Parto io: "è possibile istituire un nuovo corso di laurea per educatori? Che superi definitivamente lo sdoppiamento delle formazioni; sulla base della centralità dello studio della pedagogia, della psicologia, passando per la sociologia e l’antropologia, la conoscenza dei sistemi giuridici e amministrativi istituzionali in tema servizi sociali e socio-sanitari; l’acquisizione di alcune conoscenze medico-sanitarie in tema di psichiatria, salute mentale, farmacologia, neuropsichiatria infantile; ossia campi di lavoro comuni di educatori e educatrici professionali?"

Come nasce una professione. Viaggio nell’evoluzione normativa e rappresentativa dell’Educatore Professionale. Prospettive e unità delle figure educative.

SIBONI, LEONARDO
2020/2021

Abstract

Chi è l’Educatore Professionale? Si cercherà di rispondere a questa domanda sviscerandola in tre blocchi, che sono poi i tre capitoli: quando e come nasce la professione dell’Educatore, in che modo la legge ne ha definito i confini, quali sono le prospettive future. La figura dell’educatore nasce per rispondere alle problematiche di urbanizzazione tra primo e secondo dopoguerra. È molto lontana da come la si può vedere oggi. In quegli anni la segregazione del soggetto problematico in istituzioni residenziali è orientata da idee di conformazione e correzione. La figura del “censore” anticipa la figura dell’educatore. Il concetto di de-istituzionalizzazione (Goffman, 1968) si fa pratica, tra anni Sessanta e Settanta, nella chiusura dei manicomi, degli orfanotrofi, degli istituti per minorati, degli istituti per minori difficili e via discorrendo. Parallelamente si consolida il Terzo Settore, nella sua eterogeneità di iniziative: volontariato organizzato, associazioni di promozione sociale, fondazioni, cooperative sociali, imprese sociali, ONG. L’Educatore Professionale si evolve con e grazie all’intervento del legislatore. Da una parte la legge inquadra il professionista alla luce della sua formazione, dall’altra definisce gli aspetti strutturali del suo operare nei servizi, quali luoghi lo richiedono, quanto “costa” un’ora del suo lavoro, quali sono le sue mansioni. Da un punto di partenza di oltre trenta leggi, si è arrivati a descriverne sinteticamente una quindicina: alcune di rilevanza nazionale per tutte e tutti, come la Legge 180 del 1978, che de-istituisce le strutture manicomiali, poi accorpata nell’altrettanto “rivoluzionaria” Legge 833, sempre del 1978, che istituisce il Servizio Sanitario Nazionale, superando il sistema ad assicurazione sociale ed introducendo la copertura sanitaria universalistica. Il terzo blocco nasce da un punto di vista più biografico. In uscita dal corso di Laurea in Educazione Professionale, presso l’Università di Torino, mi sono sorti numerosi interrogativi circa la realtà dell’Educatore Professionale. Verranno analizzate le componenti principali per la quotidianità degli Educatori Professionali, cercando tra essi le relazioni e le causalità. In particolare, l’area contrattuale, del lavoro, e i contesti formativi. Le lauree triennali per diventare Educatori Professionali attualmente sono due: Scienze dell’Educazione, L-19, e Educazione Professionale, L-SNT2. Le differenze tra i due corsi non sono insignificanti e portano con loro disparità e discriminazioni anche nei contesti lavorativi. Questi dati, e la realtà di ambiti formativi e occupazionali di educatori e educatrici, devono essere tenuti in considerazione se si vuole aprire un discorso innovativo, di cambiamento e di unità. Un’idea per mettere in discussione l’immobilismo attuale è parlare, fare proposte. Parto io: "è possibile istituire un nuovo corso di laurea per educatori? Che superi definitivamente lo sdoppiamento delle formazioni; sulla base della centralità dello studio della pedagogia, della psicologia, passando per la sociologia e l’antropologia, la conoscenza dei sistemi giuridici e amministrativi istituzionali in tema servizi sociali e socio-sanitari; l’acquisizione di alcune conoscenze medico-sanitarie in tema di psichiatria, salute mentale, farmacologia, neuropsichiatria infantile; ossia campi di lavoro comuni di educatori e educatrici professionali?"
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14240/82991