Il viaggio nel senso attuale, con la filosofia che lo concerne e che presuppone “lo spostamento di una persona che si reca in un luogo piuttosto lontano” con idee di distrazione e di fuga da se stesso, nel Medioevo non esisteva. Si passa dallo spostamento dei pellegrini a quello dei pellegrini armati, i crociati. Cosicché all’inizio del XV secolo col termine “viaggiare” si intende compiere spedizioni militari. Solo alla fine del Medioevo i termini “viaggio” e “viaggiare” cominciano ad assumere il senso che noi gli attribuiamo oggi. La maggior parte degli spostamenti nel Medioevo si svolgeva su brevi distanze. Sembra che nella lunghezza degli spostamenti intervenisse l’attività professionale. Non è per niente sorprendente riscontrare nell’uomo di guerra una mobilità maggiore che nel contadino. È altrettanto normale che le donne restino, più ancora degli uomini, confinate nel luogo di residenza, a meno che non si allontanino per sposarsi. Viaggiare non costituisce quindi un’anomalia nel Medioevo e, se la sedentarietà è normale per molti contadini, parecchia gente cammina senza sosta per monti e per valli. Il viaggio per l’uomo medievale non è mai un viaggio “ozioso”, il cui unico scopo sia rappresentato dal piacere, dallo svago, dal moderno concetto di passatempo e di vacanza. Ci si muove per una meta precisa, spinti da un impulso spirituale, da un’esigenza economica, da una caratteristica del proprio lavoro. Il viaggio costituisce una dimensione importante del quotidiano medievale, tanto da essere contemplato nei trattati di astronomia. Il destino degli uomini è regolato dalle stelle. Per viaggiare bene e con profitto bisognava interrogare la carta del cielo. Sulla base dei calcoli astrologici e secondo la qualità delle persone si sarebbe potuto decidere se intraprendere o meno il viaggio, quando mettersi in cammino, in quale direzione, con quali risultati pratici e persino venire a conoscenza di cosa sarebbe accaduto se si fosse arrivati a toccare città o terre straniere. Oggi è difficile immaginare quanto fosse complicato muoversi nel Medioevo, anche solo in un’area come quella europea. Avremmo bisogno di molta immaginazione per riuscire a visualizzare i viaggiatori medievali su strade impervie; a piedi, i più agiati con cavalli e muli; per vie marittime e fluviali con imbarcazioni fragili e sicuramente poco confortevoli, in balia della natura, delle insidie, del clima, degli animali, dei pirati e dei ladroni della strada, esposti all’impatto con realtà straniere semisconosciute alle quali sentivano di non appartenere e che avvertivano come diverse, spesso minacciose e ostili. Eppure, il flusso dei viaggiatori non è mai venuto meno nei secoli del Medioevo, anche se ha avuto nel tempo caratteristiche assai diverse, legate alle strutture politiche ed economiche e al rapporto dell’uomo con l’ambiente.

Il viaggio e il viaggiatore nel Medioevo

GIRAUDO, AURORA
2020/2021

Abstract

Il viaggio nel senso attuale, con la filosofia che lo concerne e che presuppone “lo spostamento di una persona che si reca in un luogo piuttosto lontano” con idee di distrazione e di fuga da se stesso, nel Medioevo non esisteva. Si passa dallo spostamento dei pellegrini a quello dei pellegrini armati, i crociati. Cosicché all’inizio del XV secolo col termine “viaggiare” si intende compiere spedizioni militari. Solo alla fine del Medioevo i termini “viaggio” e “viaggiare” cominciano ad assumere il senso che noi gli attribuiamo oggi. La maggior parte degli spostamenti nel Medioevo si svolgeva su brevi distanze. Sembra che nella lunghezza degli spostamenti intervenisse l’attività professionale. Non è per niente sorprendente riscontrare nell’uomo di guerra una mobilità maggiore che nel contadino. È altrettanto normale che le donne restino, più ancora degli uomini, confinate nel luogo di residenza, a meno che non si allontanino per sposarsi. Viaggiare non costituisce quindi un’anomalia nel Medioevo e, se la sedentarietà è normale per molti contadini, parecchia gente cammina senza sosta per monti e per valli. Il viaggio per l’uomo medievale non è mai un viaggio “ozioso”, il cui unico scopo sia rappresentato dal piacere, dallo svago, dal moderno concetto di passatempo e di vacanza. Ci si muove per una meta precisa, spinti da un impulso spirituale, da un’esigenza economica, da una caratteristica del proprio lavoro. Il viaggio costituisce una dimensione importante del quotidiano medievale, tanto da essere contemplato nei trattati di astronomia. Il destino degli uomini è regolato dalle stelle. Per viaggiare bene e con profitto bisognava interrogare la carta del cielo. Sulla base dei calcoli astrologici e secondo la qualità delle persone si sarebbe potuto decidere se intraprendere o meno il viaggio, quando mettersi in cammino, in quale direzione, con quali risultati pratici e persino venire a conoscenza di cosa sarebbe accaduto se si fosse arrivati a toccare città o terre straniere. Oggi è difficile immaginare quanto fosse complicato muoversi nel Medioevo, anche solo in un’area come quella europea. Avremmo bisogno di molta immaginazione per riuscire a visualizzare i viaggiatori medievali su strade impervie; a piedi, i più agiati con cavalli e muli; per vie marittime e fluviali con imbarcazioni fragili e sicuramente poco confortevoli, in balia della natura, delle insidie, del clima, degli animali, dei pirati e dei ladroni della strada, esposti all’impatto con realtà straniere semisconosciute alle quali sentivano di non appartenere e che avvertivano come diverse, spesso minacciose e ostili. Eppure, il flusso dei viaggiatori non è mai venuto meno nei secoli del Medioevo, anche se ha avuto nel tempo caratteristiche assai diverse, legate alle strutture politiche ed economiche e al rapporto dell’uomo con l’ambiente.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14240/82694