Un trauma di grande portata può produrre nell’individuo, un elevato livello di stress, è un effetto naturale. Questo però non basta a spiegare quello che accade negli individui che soffrono di disturbo da stress post-traumatico, e come mai alcuni individui sviluppino questo disordine ed altri, che hanno vissuto la medesima situazione traumatica, non manifestino gli stessi sintomi. Gli studiosi si sono resi conto che a giocare un ruolo fondamentale sono i fattori di tipo biologico e di tipo genetico. Gli studi sull’encefalo, inoltre, hanno dimostrato che una volta che si è instaurato un disturbo da stress, gli individui si trovano in uno stato di maggiore allarme e questa continua sollecitazione può, con il tempo, danneggiare alcune aree del cervello e in particolare l’ippocampo e l’amigdala . L’amigdala si attiva normalmente nelle situazioni ritenute pericolose, ma in persone affette da PTSD la sua attivazione continua anche quando il pericolo è cessato causando un’alterazione dello stato emotivo. Inoltre, vengono alterati anche i livelli di neurotrasmettitori che agiscono sull’ippocampo interferendo con funzioni quali la memoria e l’apprendimento. I ricordi traumatici sembrano restare radicati nella funzione cerebrale interferendo con il riapprendimento di una risposta più adeguata agli eventi traumatizzanti. Si può dunque pensare di ri-educare i circuiti emozionali che vengono compromessi negli individui che soffrono di PTSD andando ad agire sulle aree interessate, attraverso un intervento che operi sia sul piano psicoterapeutico che farmacologico?

DISTURBO POST TRAUMATICO DA STRESS: LA RI-EDUCAZIONE DEI CIRCUITI EMOZIONALI COMPROMESSI

MOCCIA, DANIELA
2021/2022

Abstract

Un trauma di grande portata può produrre nell’individuo, un elevato livello di stress, è un effetto naturale. Questo però non basta a spiegare quello che accade negli individui che soffrono di disturbo da stress post-traumatico, e come mai alcuni individui sviluppino questo disordine ed altri, che hanno vissuto la medesima situazione traumatica, non manifestino gli stessi sintomi. Gli studiosi si sono resi conto che a giocare un ruolo fondamentale sono i fattori di tipo biologico e di tipo genetico. Gli studi sull’encefalo, inoltre, hanno dimostrato che una volta che si è instaurato un disturbo da stress, gli individui si trovano in uno stato di maggiore allarme e questa continua sollecitazione può, con il tempo, danneggiare alcune aree del cervello e in particolare l’ippocampo e l’amigdala . L’amigdala si attiva normalmente nelle situazioni ritenute pericolose, ma in persone affette da PTSD la sua attivazione continua anche quando il pericolo è cessato causando un’alterazione dello stato emotivo. Inoltre, vengono alterati anche i livelli di neurotrasmettitori che agiscono sull’ippocampo interferendo con funzioni quali la memoria e l’apprendimento. I ricordi traumatici sembrano restare radicati nella funzione cerebrale interferendo con il riapprendimento di una risposta più adeguata agli eventi traumatizzanti. Si può dunque pensare di ri-educare i circuiti emozionali che vengono compromessi negli individui che soffrono di PTSD andando ad agire sulle aree interessate, attraverso un intervento che operi sia sul piano psicoterapeutico che farmacologico?
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