Alpinists who climb peaks at extreme altitudes, especially above 8,000 metres, subject their bodies to great stress, mainly because of the low oxygen content in the air, which is one-third of the oxygen content at sea level. This condition, i.e., prolonged exposure to hypobaric hypoxia, predisposes to the occurrence of HACE: High Altitude Cerebral Edema, a complication caused by a too rapid ascent at too high an altitude. It is a pathology of the central nervous system. The current pathophysiological hypothesis is that HACE is a vasogenic edema, that is, a violation of the blood-brain barrier; we will focus on the mechanisms of its development. Affected individuals experience symptoms such as ataxia, impaired consciousness, and even coma and brain herniation, which are fatal if not treated immediately. Three hypotheses are being investigated for the treatment of HACE. The first focuses on the role of the glymphatic system, specifically angiotensin-converting enzyme and pharmaceutical agents that affect the brain noradrenergic system. The second concerns the use of dexamethasone, whose effects have been evaluated by magnetic resonance imaging, and the third uses quercetin as a prophylactic measure because it does not predict the side effects of the previously mentioned steroid.
Gli alpinisti che scalano vette a quote estreme, in particolare sopra gli 8000 metri, mettono il loro organismo a dura prova, in particolare a causa della scarsa percentuale di ossigeno presente nell’aria, pari a un terzo di quello disponibile al livello del mare. Questa condizione, ovvero l’esposizione prolungata all’ipossia ipobarica, predispone l’instaurarsi dell’HACE: High Altitude Cerebral Edema, una complicazione causata da un’ascesa troppo veloce e a quote troppo elevate. Si tratta di una patologia che coinvolge il sistema nervoso centrale. L’attuale ipotesi fisiopatologica sostiene che l'HACE sia un edema vasogenico, cioè una rottura della barriera emato-encefalica, vedremo nel dettaglio i meccanismi della sua genesi. Le persone affette da questa patologia iniziano a sperimentare sintomi come atassia, diminuzione della coscienza, fino al coma e all’ernia cerebrale, che se non trattata tempestivamente risulta fatale. Per il trattamento dell’HACE verranno prese in esame tre ipotesi, la prima che si focalizza sul ruolo del sistema glinfatico, nel dettaglio sull’enzima di conversione dell’angiotensina e sugli agenti farmaceutici che influenzano il sistema noradrenergico del cervello. La seconda implica l’uso del desametasone, i cui effetti sono stati valutati attraverso l’uso della risonanza magnetica, e la terza utilizza la quercetina come misura profilattica, in quanto quest’ultima non prevede gli effetti collaterali dello steroide precedentemente citato.
High altitude cerebral edema e l'impatto sulle funzioni neurocognitive
ROSSO, SOFIA
2021/2022
Abstract
Gli alpinisti che scalano vette a quote estreme, in particolare sopra gli 8000 metri, mettono il loro organismo a dura prova, in particolare a causa della scarsa percentuale di ossigeno presente nell’aria, pari a un terzo di quello disponibile al livello del mare. Questa condizione, ovvero l’esposizione prolungata all’ipossia ipobarica, predispone l’instaurarsi dell’HACE: High Altitude Cerebral Edema, una complicazione causata da un’ascesa troppo veloce e a quote troppo elevate. Si tratta di una patologia che coinvolge il sistema nervoso centrale. L’attuale ipotesi fisiopatologica sostiene che l'HACE sia un edema vasogenico, cioè una rottura della barriera emato-encefalica, vedremo nel dettaglio i meccanismi della sua genesi. Le persone affette da questa patologia iniziano a sperimentare sintomi come atassia, diminuzione della coscienza, fino al coma e all’ernia cerebrale, che se non trattata tempestivamente risulta fatale. Per il trattamento dell’HACE verranno prese in esame tre ipotesi, la prima che si focalizza sul ruolo del sistema glinfatico, nel dettaglio sull’enzima di conversione dell’angiotensina e sugli agenti farmaceutici che influenzano il sistema noradrenergico del cervello. La seconda implica l’uso del desametasone, i cui effetti sono stati valutati attraverso l’uso della risonanza magnetica, e la terza utilizza la quercetina come misura profilattica, in quanto quest’ultima non prevede gli effetti collaterali dello steroide precedentemente citato.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14240/82317