Fin dall’antichità si è cercato di definire il bello, ma sempre difficile è stato descrivere il brutto come categoria indipendente, proprio perché fino all’Ottocento ha avuto diritto di cronaca solo in contrapposizione al bello. La mia tesi si propone di dare visibilità e rilevanza estetica a una categoria, appunto la bruttezza, a lungo considerata ignobile, indegna e inferiore alla bellezza. Per offrire una panoramica dello sviluppo storico e culturale del brutto attraverso i secoli, procederò cronologicamente attraverso tre capitoli. Al primo sarà dedicata tutta la riflessione estetica “ante litteram”, ovvero precedente alla nascita ufficiale di una scienza del bello, che avverrà nel Settecento, secolo a cui sarà dedicato il secondo capitolo. La mia analisi prenderà quindi avvio dalla bellezza classica, esaminata tramite le opere di Platone e Aristotele, a cui spesso farò riferimento nelle pagine successive, poiché viene ripresa come modello ideale del bello in diverse epoche storiche a partire dal Medioevo, primo periodo in cui, con l’avvento del Cristianesimo, il brutto inizierà ad essere utilizzato come soggetto di rappresentazione. Terminerò poi la prima parte trattando la stravaganza del Manierismo e del Barocco, che hanno aperto la strada a una nuova concezione del bello non più oggettiva, bensì legata al sentimento, e di conseguenza più relativa, che permette al brutto di avanzare a piccoli passi. Con il Settecento entrerò nel pieno della trattazione, poiché i problemi legati al rapporto, spesso controverso, tra bello e brutto, cominceranno ad essere analizzati filosoficamente. Sarà con la nascita dell’Estetica come scienza della conoscenza sensibile, che nuovi concetti come quello di gusto o di genio saranno al centro di numerose opere e riflessioni che non si concentreranno più solo ed esclusivamente sul bello, come unica categoria estetica, ma cercheranno di mettere ordine all’interno di un contesto filosofico e artistico che non può più ignorare la presenza del male, del deforme, dell’orrido e di tutto quello che è più semplicisticamente definito brutto. Il Settecento, tuttavia, è anche il secolo del Neoclassicismo e del ritorno alla concezione classica del bello, seppur svuotata della sua portata etica, fondamentale per gli antichi greci. In netta opposizione al Neoclassicismo si schiera il Romanticismo, con cui aprirò il terzo e ultimo capitolo. Il bello inizia a stare stretto all’uomo romantico, che, lasciandosi alle spalle la ragione illuminista, si abbandona all’irrazionalità e all’Assoluto. Solo nell’Ottocento l’autonomia e l’importanza del bello vengono pienamente riconosciute, principalmente grazie a Karl Rosenkranz, che, intitolando una delle sue più famose opere Estetica del brutto, ne produrrà la prima vera trattazione sistematica. Da lì in poi il binomio estetica/arte-bellezza inizierà velocemente a dissolversi fino a sparire definitivamente con l’avvento delle avanguardie storiche nel Novecento. All’inizio del XX secolo, a seguito di una profonda crisi morale e sociale, l’arte diventa uno dei principali strumenti di denuncia di un mondo ormai dissociato, in cui la morale tradizionale, così come l’estetica, non sono più in grado di dare risposte.
Il fascino del brutto
CALZAMIGLIA, VIRGINIA
2021/2022
Abstract
Fin dall’antichità si è cercato di definire il bello, ma sempre difficile è stato descrivere il brutto come categoria indipendente, proprio perché fino all’Ottocento ha avuto diritto di cronaca solo in contrapposizione al bello. La mia tesi si propone di dare visibilità e rilevanza estetica a una categoria, appunto la bruttezza, a lungo considerata ignobile, indegna e inferiore alla bellezza. Per offrire una panoramica dello sviluppo storico e culturale del brutto attraverso i secoli, procederò cronologicamente attraverso tre capitoli. Al primo sarà dedicata tutta la riflessione estetica “ante litteram”, ovvero precedente alla nascita ufficiale di una scienza del bello, che avverrà nel Settecento, secolo a cui sarà dedicato il secondo capitolo. La mia analisi prenderà quindi avvio dalla bellezza classica, esaminata tramite le opere di Platone e Aristotele, a cui spesso farò riferimento nelle pagine successive, poiché viene ripresa come modello ideale del bello in diverse epoche storiche a partire dal Medioevo, primo periodo in cui, con l’avvento del Cristianesimo, il brutto inizierà ad essere utilizzato come soggetto di rappresentazione. Terminerò poi la prima parte trattando la stravaganza del Manierismo e del Barocco, che hanno aperto la strada a una nuova concezione del bello non più oggettiva, bensì legata al sentimento, e di conseguenza più relativa, che permette al brutto di avanzare a piccoli passi. Con il Settecento entrerò nel pieno della trattazione, poiché i problemi legati al rapporto, spesso controverso, tra bello e brutto, cominceranno ad essere analizzati filosoficamente. Sarà con la nascita dell’Estetica come scienza della conoscenza sensibile, che nuovi concetti come quello di gusto o di genio saranno al centro di numerose opere e riflessioni che non si concentreranno più solo ed esclusivamente sul bello, come unica categoria estetica, ma cercheranno di mettere ordine all’interno di un contesto filosofico e artistico che non può più ignorare la presenza del male, del deforme, dell’orrido e di tutto quello che è più semplicisticamente definito brutto. Il Settecento, tuttavia, è anche il secolo del Neoclassicismo e del ritorno alla concezione classica del bello, seppur svuotata della sua portata etica, fondamentale per gli antichi greci. In netta opposizione al Neoclassicismo si schiera il Romanticismo, con cui aprirò il terzo e ultimo capitolo. Il bello inizia a stare stretto all’uomo romantico, che, lasciandosi alle spalle la ragione illuminista, si abbandona all’irrazionalità e all’Assoluto. Solo nell’Ottocento l’autonomia e l’importanza del bello vengono pienamente riconosciute, principalmente grazie a Karl Rosenkranz, che, intitolando una delle sue più famose opere Estetica del brutto, ne produrrà la prima vera trattazione sistematica. Da lì in poi il binomio estetica/arte-bellezza inizierà velocemente a dissolversi fino a sparire definitivamente con l’avvento delle avanguardie storiche nel Novecento. All’inizio del XX secolo, a seguito di una profonda crisi morale e sociale, l’arte diventa uno dei principali strumenti di denuncia di un mondo ormai dissociato, in cui la morale tradizionale, così come l’estetica, non sono più in grado di dare risposte.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14240/82019