Con l'introduzione del digitale il giornalismo muta profondamente, così come lo fanno anche le dinamiche che lo regolano, restituendo al pubblico l’idea che si stia andando a perdere una certa integrità professionale, al solo fine di perseguire degli obbiettivi economici, lasciando da parte quegli ideali (quasi cavallereschi) classici della professione alla difesa del popolo, dei deboli e di quelli a cui nessuno pensa. L'elaborato punto proprio a sfatare la concezione comune per cui l'ambiente digitale abbia danneggiato il mondo dell'informazione. Il primo capitolo, dunque, indaga proprio queste nuove dinamiche, riconoscendo, però, alla professione quegli stessi ideali che l'hanno sempre mossa, anche in passato, ma semplicemente in un panorama che appare essere sempre più sfumato e difficile da comprendere. Il secondo capitolo introduce l'altro attore del mondo digitale: le piattaforme, i social e gli algoritmi. La società muta con il diffondersi della digitalizzazione, arrivando a quella che è stata definita platform society, nella quale muta anche uno degli ultimi grandissimi pilastri del giornalismo: la distribuzione. Quest’ultima grande modifica che il mondo del giornalismo si trova ad affrontare porta con sé tutta una serie di conseguenze, lasciando giornalisti, editori e direttori a fare i conti con un nuovo modo di scrivere, ma anche di organizzare il lavoro, per scendere a patti (inizialmente in modo quasi letterale) con gli algoritmi e con le loro logiche mediali. Queste stesse logiche costringono e ingabbiano il lavoro, richiedendo velocità ed adattamento, mentre la sete informativa di un pubblico interconnesso con tutto il mondo in ogni istante, diventa sempre più alta. Il pubblico chiede, gli algoritmi costringono, ed il giornalismo digitale si adatta, trovando un suo nuovo modello e modo d’essere. Questa convivenza con le piattaforme apre, infine, ad un mondo nuovo di possibilità informative, sia dal punto di vista produttivo, che da quello del lettore. Finendo, dunque, per impreziosire una professione che ora può (e deve) continuare ad evolversi, senza tenersi ancora ad un passato mitizzato ed orami lontano. L’ultima parte dell’elaborato, invece, è fine ad introdurre quello che ritengo essere un modello perfettamente funzionante di giornalismo digitale: la testata TheSocialPost, nata nel 2015 e che in pochissimi anni si è saputa ritagliare la terza posizione per audience su Facebook, competendo a tutti gli effetti con le testate nazionali più rinomate e diffuse (delle quali il pubblico si fida semplicemente in virtù della fama). Prima di questo, però, occorre definire leggermente meglio quali siano le cose che concretamente un giornale digitale può fare a livello organizzativo del lavoro, per riuscire almeno a competere nel mondo digitale; indagando poi nello specifico quello che ha reso TSP la testata che è oggi.

Giornalismo digitale, una questione di fiducia e credibilità: il caso TheSocialPost ​

DRIGO, LORENZO
2020/2021

Abstract

Con l'introduzione del digitale il giornalismo muta profondamente, così come lo fanno anche le dinamiche che lo regolano, restituendo al pubblico l’idea che si stia andando a perdere una certa integrità professionale, al solo fine di perseguire degli obbiettivi economici, lasciando da parte quegli ideali (quasi cavallereschi) classici della professione alla difesa del popolo, dei deboli e di quelli a cui nessuno pensa. L'elaborato punto proprio a sfatare la concezione comune per cui l'ambiente digitale abbia danneggiato il mondo dell'informazione. Il primo capitolo, dunque, indaga proprio queste nuove dinamiche, riconoscendo, però, alla professione quegli stessi ideali che l'hanno sempre mossa, anche in passato, ma semplicemente in un panorama che appare essere sempre più sfumato e difficile da comprendere. Il secondo capitolo introduce l'altro attore del mondo digitale: le piattaforme, i social e gli algoritmi. La società muta con il diffondersi della digitalizzazione, arrivando a quella che è stata definita platform society, nella quale muta anche uno degli ultimi grandissimi pilastri del giornalismo: la distribuzione. Quest’ultima grande modifica che il mondo del giornalismo si trova ad affrontare porta con sé tutta una serie di conseguenze, lasciando giornalisti, editori e direttori a fare i conti con un nuovo modo di scrivere, ma anche di organizzare il lavoro, per scendere a patti (inizialmente in modo quasi letterale) con gli algoritmi e con le loro logiche mediali. Queste stesse logiche costringono e ingabbiano il lavoro, richiedendo velocità ed adattamento, mentre la sete informativa di un pubblico interconnesso con tutto il mondo in ogni istante, diventa sempre più alta. Il pubblico chiede, gli algoritmi costringono, ed il giornalismo digitale si adatta, trovando un suo nuovo modello e modo d’essere. Questa convivenza con le piattaforme apre, infine, ad un mondo nuovo di possibilità informative, sia dal punto di vista produttivo, che da quello del lettore. Finendo, dunque, per impreziosire una professione che ora può (e deve) continuare ad evolversi, senza tenersi ancora ad un passato mitizzato ed orami lontano. L’ultima parte dell’elaborato, invece, è fine ad introdurre quello che ritengo essere un modello perfettamente funzionante di giornalismo digitale: la testata TheSocialPost, nata nel 2015 e che in pochissimi anni si è saputa ritagliare la terza posizione per audience su Facebook, competendo a tutti gli effetti con le testate nazionali più rinomate e diffuse (delle quali il pubblico si fida semplicemente in virtù della fama). Prima di questo, però, occorre definire leggermente meglio quali siano le cose che concretamente un giornale digitale può fare a livello organizzativo del lavoro, per riuscire almeno a competere nel mondo digitale; indagando poi nello specifico quello che ha reso TSP la testata che è oggi.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14240/81604