The increasing use of herbal medicines, considered safe, is often associated with the risk of adverse events and interactions with drugs, with safety problems, even serious, for the patient's health. Interactions may involve pharmacokinetic or pharmacodynamic mechanisms, although these have yet to be investigated. The clinical importance of the herb-drug interaction depends on many factors associated with the plant, the drug and the patient. While the principles of interaction are well studied experimentally in vivo and in vitro, those in humans are still poorly developed; therefore, it is evident that it is necessary to deepen the information on the interactions to avoid adverse events that may compromise the effectiveness of the patient's pharmacotherapy (1). Among the drugs with increased risk of interaction we find warfarin, an oral anticoagulant antagonist of vitamin K, widely prescribed for chronic atrial fibrillation, deep vein thrombosis and recurrent stroke, used to prevent the formation of clots in the blood and their growth. Warfarin, because of its a narrow therapeutic window, needs regular monitoring using the international normalized ratio (INR), with a target between 2.0 and 3.5, depending on its indications. About 30% of patients treated with warfarin self-medicate with products of plant origin, in the belief of improving the physiological balance, these instead can cause bleeding or thrombosis as a function of the alteration of coagulation, with variation of the INR. The products that interact with warfarin increasing its INR are: cranberry, cannabis and grapefruit juice by inhibition of cytochrome P450 enzymes, in particular the 2C9 isoform; ginkgo, garlic, sage, mango and papaya instead interact with warfarin by inhibiting platelet aggregation and the post-ischemic inflammatory response through the antagonism of the platelet activating factor; dong quai, red clover and arnica alter the coagulation cascade as they contain coumarins. The reduction in the INR value is given by ginseng by the induction of cytochrome P450 enzymes, by aloe by alteration of the absorption of warfarin, with reduced bioavailability and by green tea because of the presence of vitamin K. Products with theoretical interactions for which there is no clinical evidence include bromelain, echinacea, feverfew, serenoa and ginger (1). This information come from case reports, in vitro studies and animal studies, but should be investigated through multicenter clinical trials with larger sample sizes (2). An important role in the development of research is given by the active signaling of interactions, to strengthen scientific knowledge. It is necessary that patients and healthcare professionals are aware of the possible interaction between natural products and warfarin, also in relation to the clinical conditions of patients; an important role is that of the pharmacist, often the only health figure to be aware of the contemporary use of the natural product and the drug. (3).

L’uso crescente di prodotti di origine naturale, considerati sicuri, è spesso associato al rischio di eventi avversi e di interazioni con i farmaci, con problemi di sicurezza, anche gravi, per la salute del paziente. Le interazioni possono coinvolgere meccanismi farmacocinetici o farmacodinamici, sebbene questi debbano ancora essere approfonditi. L’importanza clinica dell’interazione erba-farmaco dipende da molti fattori associati alla particolare pianta, al farmaco e al paziente. Se da un lato i principi di interazione sono ben studiati a livello sperimentale in vivo e in vitro, quelli nell’uomo sono ancora poco sviluppati; pertanto risulta evidente che occorre approfondire le informazioni sulle interazioni per evitare eventi avversi che possono anche compromettere l’efficacia terapeutica (1). Tra i farmaci con maggiore rischio di interazione troviamo il warfarin, un anticoagulante orale antagonista della vitamina K, ampiamente prescritto per la fibrillazione atriale cronica, trombosi venosa profonda e ictus ricorrente, utilizzato per prevenire la formazione di coaguli nel sangue e il loro accrescimento. Il warfarin, avendo una ristretta finestra terapeutica, necessita di un regolare monitoraggio utilizzando il rapporto internazionale normalizzato (INR), con un target compreso tra 2,0 e 3,5, a seconda delle sue indicazioni. Circa il 30% dei pazienti trattati con warfarin si automedica con prodotti di origine vegetale, nella convinzione di migliorare l’equilibrio fisiologico, questi invece possono causare sanguinamenti o trombosi in funzione dell’alterazione della coagulazione. I prodotti che interagendo con warfarin ne aumentano l’INR sono: il mirtillo rosso, la cannabis ed il succo di pompelmo per inibizione degli enzimi del citocromo P450, in particolare l’isoforma 2C9; il ginkgo, l’aglio, la salvia, il mango e la papaya invece interagiscono con il warfarin inibendo l’aggregazione piastrinica e la risposta infiammatoria post-ischemica mediante l’antagonismo del fattore attivante piastrinico; il dong quai, il trifoglio rosso e l’arnica alterano la cascata coagulativa in quanto contengono cumarine. La riduzione del valore INR è data dal ginseng mediante l’induzione degli enzimi del citocromo P450, dall’aloe per alterazione dell’assorbimento del warfarin, con riduzione della biodisponibilità e dal tè verde per la presenza di vitamina K. I prodotti con interazioni teoriche per i quali non ci sono prove cliniche includono bromelina, echinacea, partenio, serenoa e zenzero (1). Le informazioni provengono in particolare da case report, studi in vitro e studi sugli animali, ma andrebbero approfondite attraverso studi clinici multicentrici con campioni di dimensioni maggiori (2). Un importante ruolo nello sviluppo della ricerca è dato dalla segnalazione attiva delle interazioni, così da rafforzarne la conoscenza scientifica. È necessario che i pazienti e gli operatori sanitari siano consapevoli della possibile interazione tra prodotti naturali e warfarin, anche in relazione delle condizioni cliniche dei pazienti; un ruolo importante è quello del farmacista, spesso unica figura sanitaria ad essere a conoscenza dell’uso contemporaneo del prodotto naturale e del farmaco. (3).

Anticoagulanti orali e rischio di interazioni con prodotti di origine vegetale

MERENDA, ELENA
2020/2021

Abstract

L’uso crescente di prodotti di origine naturale, considerati sicuri, è spesso associato al rischio di eventi avversi e di interazioni con i farmaci, con problemi di sicurezza, anche gravi, per la salute del paziente. Le interazioni possono coinvolgere meccanismi farmacocinetici o farmacodinamici, sebbene questi debbano ancora essere approfonditi. L’importanza clinica dell’interazione erba-farmaco dipende da molti fattori associati alla particolare pianta, al farmaco e al paziente. Se da un lato i principi di interazione sono ben studiati a livello sperimentale in vivo e in vitro, quelli nell’uomo sono ancora poco sviluppati; pertanto risulta evidente che occorre approfondire le informazioni sulle interazioni per evitare eventi avversi che possono anche compromettere l’efficacia terapeutica (1). Tra i farmaci con maggiore rischio di interazione troviamo il warfarin, un anticoagulante orale antagonista della vitamina K, ampiamente prescritto per la fibrillazione atriale cronica, trombosi venosa profonda e ictus ricorrente, utilizzato per prevenire la formazione di coaguli nel sangue e il loro accrescimento. Il warfarin, avendo una ristretta finestra terapeutica, necessita di un regolare monitoraggio utilizzando il rapporto internazionale normalizzato (INR), con un target compreso tra 2,0 e 3,5, a seconda delle sue indicazioni. Circa il 30% dei pazienti trattati con warfarin si automedica con prodotti di origine vegetale, nella convinzione di migliorare l’equilibrio fisiologico, questi invece possono causare sanguinamenti o trombosi in funzione dell’alterazione della coagulazione. I prodotti che interagendo con warfarin ne aumentano l’INR sono: il mirtillo rosso, la cannabis ed il succo di pompelmo per inibizione degli enzimi del citocromo P450, in particolare l’isoforma 2C9; il ginkgo, l’aglio, la salvia, il mango e la papaya invece interagiscono con il warfarin inibendo l’aggregazione piastrinica e la risposta infiammatoria post-ischemica mediante l’antagonismo del fattore attivante piastrinico; il dong quai, il trifoglio rosso e l’arnica alterano la cascata coagulativa in quanto contengono cumarine. La riduzione del valore INR è data dal ginseng mediante l’induzione degli enzimi del citocromo P450, dall’aloe per alterazione dell’assorbimento del warfarin, con riduzione della biodisponibilità e dal tè verde per la presenza di vitamina K. I prodotti con interazioni teoriche per i quali non ci sono prove cliniche includono bromelina, echinacea, partenio, serenoa e zenzero (1). Le informazioni provengono in particolare da case report, studi in vitro e studi sugli animali, ma andrebbero approfondite attraverso studi clinici multicentrici con campioni di dimensioni maggiori (2). Un importante ruolo nello sviluppo della ricerca è dato dalla segnalazione attiva delle interazioni, così da rafforzarne la conoscenza scientifica. È necessario che i pazienti e gli operatori sanitari siano consapevoli della possibile interazione tra prodotti naturali e warfarin, anche in relazione delle condizioni cliniche dei pazienti; un ruolo importante è quello del farmacista, spesso unica figura sanitaria ad essere a conoscenza dell’uso contemporaneo del prodotto naturale e del farmaco. (3).
ITA
The increasing use of herbal medicines, considered safe, is often associated with the risk of adverse events and interactions with drugs, with safety problems, even serious, for the patient's health. Interactions may involve pharmacokinetic or pharmacodynamic mechanisms, although these have yet to be investigated. The clinical importance of the herb-drug interaction depends on many factors associated with the plant, the drug and the patient. While the principles of interaction are well studied experimentally in vivo and in vitro, those in humans are still poorly developed; therefore, it is evident that it is necessary to deepen the information on the interactions to avoid adverse events that may compromise the effectiveness of the patient's pharmacotherapy (1). Among the drugs with increased risk of interaction we find warfarin, an oral anticoagulant antagonist of vitamin K, widely prescribed for chronic atrial fibrillation, deep vein thrombosis and recurrent stroke, used to prevent the formation of clots in the blood and their growth. Warfarin, because of its a narrow therapeutic window, needs regular monitoring using the international normalized ratio (INR), with a target between 2.0 and 3.5, depending on its indications. About 30% of patients treated with warfarin self-medicate with products of plant origin, in the belief of improving the physiological balance, these instead can cause bleeding or thrombosis as a function of the alteration of coagulation, with variation of the INR. The products that interact with warfarin increasing its INR are: cranberry, cannabis and grapefruit juice by inhibition of cytochrome P450 enzymes, in particular the 2C9 isoform; ginkgo, garlic, sage, mango and papaya instead interact with warfarin by inhibiting platelet aggregation and the post-ischemic inflammatory response through the antagonism of the platelet activating factor; dong quai, red clover and arnica alter the coagulation cascade as they contain coumarins. The reduction in the INR value is given by ginseng by the induction of cytochrome P450 enzymes, by aloe by alteration of the absorption of warfarin, with reduced bioavailability and by green tea because of the presence of vitamin K. Products with theoretical interactions for which there is no clinical evidence include bromelain, echinacea, feverfew, serenoa and ginger (1). This information come from case reports, in vitro studies and animal studies, but should be investigated through multicenter clinical trials with larger sample sizes (2). An important role in the development of research is given by the active signaling of interactions, to strengthen scientific knowledge. It is necessary that patients and healthcare professionals are aware of the possible interaction between natural products and warfarin, also in relation to the clinical conditions of patients; an important role is that of the pharmacist, often the only health figure to be aware of the contemporary use of the natural product and the drug. (3).
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