Presa coscienza della rivoluzione tecnologica in atto e dell’incessante ricerca nel campo dell’intelligenza artificiale, la tesi si propone di analizzare da un punto di vista tecnico, giuridico ed etico i chatbot e gli assistenti virtuali. La capacità di questi ultimi di interagire con l’uomo, attraverso l’utilizzo del linguaggio naturale e la loro autonomia nel campo dell’agire, ha dato origine ad un acceso dibattito intorno al concetto dell’agire stesso e delle implicazioni etiche che l’utilizzo di tali agenti conversazionali possa comportare sulla società. Attraverso un’analisi dell’attuale stato dell’arte in ambito tecnico-scientifico, normativo, dottrinale e giurisprudenziale, l’elaborato a fronte di una iniziale panoramica del contesto e dell’origine tecnologica dei chatbot cerca poi di mettere in luce le criticità che l’utilizzo di tali software comporta. Le straordinarie capacità conversazionali e di elaborazione e raccolta dei dati, debitrici delle innovazioni tecnologiche degli ultimi decenni e dei processi di natural language processing, machine learning, deep learning, conducono inevitabilmente a sollevare alcuni interrogativi in materia di privacy: propensione dell’utente a rilasciare informazioni riservate per via delle caratteristiche antropomorfiche degli assistenti virtuali; le basi giuridiche del trattamento non sempre idonee per far fronte alle esigenze di protezione dei dati personali; il ricorso alle tecniche di apprendimento automatico e di cloud computing per la raccolta e lo stoccaggio dei dati; la particolarità di alcuni dei dati trattati, come quelli biometrici o riferibili a minori di età; la comunicazione di dati a terzi, talvolta collocati al di fuori dei confini nazionali ed europei. Lo sviluppo sempre più fiorente del mercato di riferimento e la conseguente domanda di tutela rispetto alla proprietà intellettuale, ha comportato la necessità di soffermarsi sugli strumenti di tutela offerti dal legislatore per quanto riguarda i software, gli algoritmi e i database nonché sulla possibilità che gli stessi agenti conversazionali siano creatori di opere dell’ingegno astrattamente tutelabili dal diritto d’autore. La diffusione capillare e la capacità dei chatbot di tenere traccia delle conversazioni ha condotto la tesi verso l’analisi di alcuni casi di cronaca per sondare quale ruolo possano rivestire nel procedimento penale. Partendo dall’esposizione del quadro etico europeo, vengono approfonditi i principali profili di tensione rispetto a un approccio etico ai chatbot: vengono descritti gli effetti prodotti dalla delega di funzioni, sotto il profilo del mantenimento di una sfera di controllo da parte dell’utente delegante, e delle ricadute sulle capacità cognitive, sulla responsabilizzazione e sull’autonomia dell’uomo; i rischi dovuti all’interazione tra gli stessi e i soggetti vulnerabili; le ricadute sotto il profilo della discriminazione derivanti dalla composizione omogenea e poco rappresentativa delle minoranze dei gruppi di progettazione e dei set di dati. Emerge come le questioni aperte siano ancora diverse, e come sia necessario sviluppare un’adeguata consapevolezza in merito alla natura degli agenti artificiali e al conseguente mutamento dell’ambiente in cui l’uomo opera, non più da solo, per affrontare le sfide che l’evoluzione tecnologica impone.

Assistenti virtuali e chatbot: profili tecnico-giuridici

TAMBURRI, MATTIA
2020/2021

Abstract

Presa coscienza della rivoluzione tecnologica in atto e dell’incessante ricerca nel campo dell’intelligenza artificiale, la tesi si propone di analizzare da un punto di vista tecnico, giuridico ed etico i chatbot e gli assistenti virtuali. La capacità di questi ultimi di interagire con l’uomo, attraverso l’utilizzo del linguaggio naturale e la loro autonomia nel campo dell’agire, ha dato origine ad un acceso dibattito intorno al concetto dell’agire stesso e delle implicazioni etiche che l’utilizzo di tali agenti conversazionali possa comportare sulla società. Attraverso un’analisi dell’attuale stato dell’arte in ambito tecnico-scientifico, normativo, dottrinale e giurisprudenziale, l’elaborato a fronte di una iniziale panoramica del contesto e dell’origine tecnologica dei chatbot cerca poi di mettere in luce le criticità che l’utilizzo di tali software comporta. Le straordinarie capacità conversazionali e di elaborazione e raccolta dei dati, debitrici delle innovazioni tecnologiche degli ultimi decenni e dei processi di natural language processing, machine learning, deep learning, conducono inevitabilmente a sollevare alcuni interrogativi in materia di privacy: propensione dell’utente a rilasciare informazioni riservate per via delle caratteristiche antropomorfiche degli assistenti virtuali; le basi giuridiche del trattamento non sempre idonee per far fronte alle esigenze di protezione dei dati personali; il ricorso alle tecniche di apprendimento automatico e di cloud computing per la raccolta e lo stoccaggio dei dati; la particolarità di alcuni dei dati trattati, come quelli biometrici o riferibili a minori di età; la comunicazione di dati a terzi, talvolta collocati al di fuori dei confini nazionali ed europei. Lo sviluppo sempre più fiorente del mercato di riferimento e la conseguente domanda di tutela rispetto alla proprietà intellettuale, ha comportato la necessità di soffermarsi sugli strumenti di tutela offerti dal legislatore per quanto riguarda i software, gli algoritmi e i database nonché sulla possibilità che gli stessi agenti conversazionali siano creatori di opere dell’ingegno astrattamente tutelabili dal diritto d’autore. La diffusione capillare e la capacità dei chatbot di tenere traccia delle conversazioni ha condotto la tesi verso l’analisi di alcuni casi di cronaca per sondare quale ruolo possano rivestire nel procedimento penale. Partendo dall’esposizione del quadro etico europeo, vengono approfonditi i principali profili di tensione rispetto a un approccio etico ai chatbot: vengono descritti gli effetti prodotti dalla delega di funzioni, sotto il profilo del mantenimento di una sfera di controllo da parte dell’utente delegante, e delle ricadute sulle capacità cognitive, sulla responsabilizzazione e sull’autonomia dell’uomo; i rischi dovuti all’interazione tra gli stessi e i soggetti vulnerabili; le ricadute sotto il profilo della discriminazione derivanti dalla composizione omogenea e poco rappresentativa delle minoranze dei gruppi di progettazione e dei set di dati. Emerge come le questioni aperte siano ancora diverse, e come sia necessario sviluppare un’adeguata consapevolezza in merito alla natura degli agenti artificiali e al conseguente mutamento dell’ambiente in cui l’uomo opera, non più da solo, per affrontare le sfide che l’evoluzione tecnologica impone.
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