La tesi ha come oggetto Le Livre du Chevalier errant, composto dal marchese Tommaso III di Saluzzo entro il primo decennio del XV secolo. L’opera è un romanzo allegorico in prosa e in versi scritto in lingua francese e narra il viaggio del Cavaliere errante, identificato negli ultimi versi con l'autore stesso, attraverso i regni di Amore, Fortuna e Conoscenza. L’opera va intesa come una metafora della vita dell'uomo, del suo percorso di crescita dalla giovinezza alla piena maturità, verso la consapevolezza dei valori morali che devono essere guida del buon cavaliere. Il romanzo fu composto in anni in cui era diffuso il cosiddetto fenomeno della «renaissance chevaleresque», ossia la dimensione nostalgica degli sfarzosi apparati celebrativi propri della nobiltà nell’autunno del Medioevo, il culto delle antiche tradizioni e la stessa corte parigina di Carlo V prima e del figlio Carlo VI poi, - ripetutamente frequentata da Tommaso III con l'intento di ottenere un'alleanza con la Francia che gli consentisse di assicurare l'autonomia del suo marchesato contro le mire espansionistico-territoriali dei conti di Savoia - imprescindibile modello culturale per l’aristocrazia europea dell’epoca, furono fattori determinanti per la stesura dello Chevalier errant. De Le Livre du Chevalier errant oggi si hanno due copie: una, il ms. Français 12559 della Bibliothèque nationale di Parigi; l’altra, il ms. L.V.6 della Biblioteca Nazionale Universitaria di Torino, oggetto di questa ricerca. Il codice torinese è stato irrimediabilmente danneggiato nell’incendio che, nel 1904, colpì la Biblioteca Nazionale di Torino. Il volume constava di 269 fogli di pergamena numerati, di cui alcuni sono andati perduti a seguito dell’incendio, e si componeva di 311 capitoli. Il restauro eseguito da Erminia Caudana nel 1921/1922 ha restituito gli attuali 253 fogli sciolti. La decorazione originale, attribuita a un anonimo maestro parigino, era costituita da 25 miniature: a seguito dell’incendio è andata completamente perduta la miniatura al f. 1v, mentre le altre 24 ci sono pervenute in uno stato frammentario, a causa del fuoco e dell’acqua di spegnimento che ne hanno compromesso forme, colori e figure. A differenza della copia dello Chevalier errant ora conservata alla Bibliothèque nationale di Parigi, le miniature del manoscritto L.V.6 della Biblioteca Nazionale di Torino non hanno suscitato l’interesse degli storici dell’arte, probabilmente a causa del loro stato di conservazione non ottimale. Nel 1979, Ada Quazza avanzò un’ipotesi di attribuzione delle miniature del manoscritto L.V.6 di Torino a un maestro che operò nella bottega del Maestro dell’Epître d’Othéa à Ector, attivo per Christine de Pizan, con cui il miniatore dello Chevalier errant di Torino condividerebbe il taglio morbido e fanciullesco dei volti e gli analoghi personaggi immersi in un ambiente naturale scenografico. Tuttavia quest’ipotesi di attribuzione non risultò convincente perché sono diversi i due artisti, la loro tavolozza cromatica e il loro modo di rendere i dettagli: più squillante e particolareggiato, nel caso del Maestro dell’Epître d’Othéa; più delicato ed essenziale, nel caso dell’artista dello Chevalier errant. In mancanza di una corretta collocazione stilistica delle miniature del ms. L.V.6 di Torino, si è trovato un confronto convincente tra queste e le illustrazioni del ms. Latin 7789 della Bibliothèque nationale di Parigi, eseguite da una bottega parigina di alta qualità che sicuramente si occupò della decorazione di numerosi illustri manoscritti coevi. Le miniature di questi due manoscritti presentano numerose affinità nella scelta di una comune gamma cromatica dai toni chiari e nella scelta di collocare i protagonisti - caratterizzati, in entrambi i casi, da una linea morbida e sinuosa - entro un ambiente naturale scenografico e, al contempo, essenziale.
Le Livre du Chevalier errant di Tommaso III di Saluzzo, ms. L.V.6 della Biblioteca Nazionale Universitaria di Torino
REGE, ERIKA
2020/2021
Abstract
La tesi ha come oggetto Le Livre du Chevalier errant, composto dal marchese Tommaso III di Saluzzo entro il primo decennio del XV secolo. L’opera è un romanzo allegorico in prosa e in versi scritto in lingua francese e narra il viaggio del Cavaliere errante, identificato negli ultimi versi con l'autore stesso, attraverso i regni di Amore, Fortuna e Conoscenza. L’opera va intesa come una metafora della vita dell'uomo, del suo percorso di crescita dalla giovinezza alla piena maturità, verso la consapevolezza dei valori morali che devono essere guida del buon cavaliere. Il romanzo fu composto in anni in cui era diffuso il cosiddetto fenomeno della «renaissance chevaleresque», ossia la dimensione nostalgica degli sfarzosi apparati celebrativi propri della nobiltà nell’autunno del Medioevo, il culto delle antiche tradizioni e la stessa corte parigina di Carlo V prima e del figlio Carlo VI poi, - ripetutamente frequentata da Tommaso III con l'intento di ottenere un'alleanza con la Francia che gli consentisse di assicurare l'autonomia del suo marchesato contro le mire espansionistico-territoriali dei conti di Savoia - imprescindibile modello culturale per l’aristocrazia europea dell’epoca, furono fattori determinanti per la stesura dello Chevalier errant. De Le Livre du Chevalier errant oggi si hanno due copie: una, il ms. Français 12559 della Bibliothèque nationale di Parigi; l’altra, il ms. L.V.6 della Biblioteca Nazionale Universitaria di Torino, oggetto di questa ricerca. Il codice torinese è stato irrimediabilmente danneggiato nell’incendio che, nel 1904, colpì la Biblioteca Nazionale di Torino. Il volume constava di 269 fogli di pergamena numerati, di cui alcuni sono andati perduti a seguito dell’incendio, e si componeva di 311 capitoli. Il restauro eseguito da Erminia Caudana nel 1921/1922 ha restituito gli attuali 253 fogli sciolti. La decorazione originale, attribuita a un anonimo maestro parigino, era costituita da 25 miniature: a seguito dell’incendio è andata completamente perduta la miniatura al f. 1v, mentre le altre 24 ci sono pervenute in uno stato frammentario, a causa del fuoco e dell’acqua di spegnimento che ne hanno compromesso forme, colori e figure. A differenza della copia dello Chevalier errant ora conservata alla Bibliothèque nationale di Parigi, le miniature del manoscritto L.V.6 della Biblioteca Nazionale di Torino non hanno suscitato l’interesse degli storici dell’arte, probabilmente a causa del loro stato di conservazione non ottimale. Nel 1979, Ada Quazza avanzò un’ipotesi di attribuzione delle miniature del manoscritto L.V.6 di Torino a un maestro che operò nella bottega del Maestro dell’Epître d’Othéa à Ector, attivo per Christine de Pizan, con cui il miniatore dello Chevalier errant di Torino condividerebbe il taglio morbido e fanciullesco dei volti e gli analoghi personaggi immersi in un ambiente naturale scenografico. Tuttavia quest’ipotesi di attribuzione non risultò convincente perché sono diversi i due artisti, la loro tavolozza cromatica e il loro modo di rendere i dettagli: più squillante e particolareggiato, nel caso del Maestro dell’Epître d’Othéa; più delicato ed essenziale, nel caso dell’artista dello Chevalier errant. In mancanza di una corretta collocazione stilistica delle miniature del ms. L.V.6 di Torino, si è trovato un confronto convincente tra queste e le illustrazioni del ms. Latin 7789 della Bibliothèque nationale di Parigi, eseguite da una bottega parigina di alta qualità che sicuramente si occupò della decorazione di numerosi illustri manoscritti coevi. Le miniature di questi due manoscritti presentano numerose affinità nella scelta di una comune gamma cromatica dai toni chiari e nella scelta di collocare i protagonisti - caratterizzati, in entrambi i casi, da una linea morbida e sinuosa - entro un ambiente naturale scenografico e, al contempo, essenziale.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14240/80247