Al giorno d’oggi le plastiche fanno parte della nostra vita quotidiana e sono necessarie poiché in grado di soddisfare molte necessità di un mercato in forte crescita. Il successo di questi materiali deriva dalle loro ottime proprietà, le quali però, si trasformano in ostacoli alla degradazione portando ad un inquinamento sempre più evidente per quanto riguarda le macroplastiche e meno evidente ma più preoccupante per le micro o nanoplastiche. I metodi di smaltimento di questi polimeri si dividono in: riciclo e degradazione; il meccanismo più sostenibile di riciclo è quello di tipo fisico, mentre la degradazione più promettente è quella ad opera di organismi, detta “biodegradazione”, per via dei suoi prodotti che non inquinano l’ambiente e dei costi contenuti. Le soluzioni alla problematica dei rifiuti plastici vanno trovate in molti campi, uno di questi si concentra sull’utilizzo di organismi viventi, come i funghi, per la degradazione e mineralizzazione di queste sostanze così recalcitranti. Sono stati studiati gli enzimi di questi organismi, ma anche le molecole che gli permettono di crescere su molti substrati, le idrofobine. Inoltre è stato evidenziato che la modalità di crescita filamentosa, che li caratterizza, permette la penetrazione nel substrato, portando ad un’azione degradativa anche di tipo fisico. La possibilità di utilizzare questi organismi per la degradazione dei rifiuti plastici da una speranza aggiuntiva anche per il riciclo e riutilizzo di questi, avvicinando sempre di più il concetto di economia circolare. Gli studi futuri dovrebbero occuparsi di identificare gli enzimi più efficaci e capire come massimizzare la loro attività. Al contempo la comunità industriale dovrebbe indirizzarsi alla produzione di bioplastiche prive o quasi di additivi che ostacolano la biodegradazione (stabilizzanti, antiossidanti, biocidi ed altri), e valutare l’aggiunta di composti che ne promuovano la degradazione (agenti ossidanti fotosensibili)
Biodegradazione delle plastiche da parte dei funghi
PADELLO, STEFANO
2021/2022
Abstract
Al giorno d’oggi le plastiche fanno parte della nostra vita quotidiana e sono necessarie poiché in grado di soddisfare molte necessità di un mercato in forte crescita. Il successo di questi materiali deriva dalle loro ottime proprietà, le quali però, si trasformano in ostacoli alla degradazione portando ad un inquinamento sempre più evidente per quanto riguarda le macroplastiche e meno evidente ma più preoccupante per le micro o nanoplastiche. I metodi di smaltimento di questi polimeri si dividono in: riciclo e degradazione; il meccanismo più sostenibile di riciclo è quello di tipo fisico, mentre la degradazione più promettente è quella ad opera di organismi, detta “biodegradazione”, per via dei suoi prodotti che non inquinano l’ambiente e dei costi contenuti. Le soluzioni alla problematica dei rifiuti plastici vanno trovate in molti campi, uno di questi si concentra sull’utilizzo di organismi viventi, come i funghi, per la degradazione e mineralizzazione di queste sostanze così recalcitranti. Sono stati studiati gli enzimi di questi organismi, ma anche le molecole che gli permettono di crescere su molti substrati, le idrofobine. Inoltre è stato evidenziato che la modalità di crescita filamentosa, che li caratterizza, permette la penetrazione nel substrato, portando ad un’azione degradativa anche di tipo fisico. La possibilità di utilizzare questi organismi per la degradazione dei rifiuti plastici da una speranza aggiuntiva anche per il riciclo e riutilizzo di questi, avvicinando sempre di più il concetto di economia circolare. Gli studi futuri dovrebbero occuparsi di identificare gli enzimi più efficaci e capire come massimizzare la loro attività. Al contempo la comunità industriale dovrebbe indirizzarsi alla produzione di bioplastiche prive o quasi di additivi che ostacolano la biodegradazione (stabilizzanti, antiossidanti, biocidi ed altri), e valutare l’aggiunta di composti che ne promuovano la degradazione (agenti ossidanti fotosensibili)File | Dimensione | Formato | |
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