L’attività umana, nella particolare congiuntura storica in cui ci troviamo a vivere, sta progressivamente diventando meno rilevante sia per il benessere nostro che per il destino del pianeta. Si può ravvisare un movimento che ci sta facendo spostare dall’antropocene -dove tutto è condizionato o condizionabile dall’azione umana - verso un’epoca diversa, che possiamo chiamare “robocene”, dove ad essere cruciali sono la tecnica e i suoi sviluppi. La direzione di questa svolta è posta fuori dal nostro completo controllo, ma possiamo cogliere alcune traiettorie per assecondarle o indirizzarle, avendo come fine qualcosa di migliore per il genere umano. In particolare si analizza l’ipotesi di un futuro in cui il lavorare non sarà più necessario. Se partiamo dunque dall’assunto che l’attività umana stia andando man mano a perdere di rilevanza, sarà necessario definire cosa si intenda in particolare con questo termine: cioè il lavoro, lemma sfaccettato e complesso. Con chiarezza sarà anche necessario andare a definire cosa s’intenda per obsolescenza umana, altro argomento poliedrico e articolato. Mostrati passi che conducono a un domani che vede una massiva robotizzazione non già di ogni ambito dell’esistenza, ma solamente di quello lavorativo, invece che intenderlo come inevitabile - per via dell'avanzata dell'automazione e pertanto dello spettro della disoccupazione -, ci concentreremo sulle ragioni filosofiche che lo rendono desiderabile - l'aspetto degradante del lavoro e il suo valore morale socialmente e storicamente costruito, non positivo in assoluto - e sui cambiamenti da fare per renderlo possibile - come la costruzione di un nuovo senso comune che trascenda l'etica del lavoro, o “il togliere all'ozio il pregio esclusivo di costituire una piacevole alternativa al lavoro”. Una parte della trattazione sarà incentrata sul focus che occorre perseguire nella costruzione di una società senza lavoro, che potrebbe essere la fioritura dell’essere umano. È necessario andare a capire quali benefici, oltre a quelli economici -trascurabili ai fini della trattazione-, ad oggi il lavoro porta nella vita delle persone, in quanto sarà importante, come minimo, rimpiazzarli in un ipotetico domani senza lavoro. Non si tratterà della costruzione di un nuovo modello politico, ma di un ragionamento filosofico vòlto a capire, esplorando luci e ombre, non tanto il futuro e il significato del lavoro, quanto il futuro e il significato dell'esistenza umana. Messi in chiaro i presupposti e le basi, occorrerà delineare immaginari tangibili del post-lavoro, appoggiandoci anche al concetto di utopia e considerando cruciale, per guidare una transizione appropriata verso il domani, il ruolo dell’educazione.
Dopo il lavoro. Riflessione tra filosofia e avanzata dell'automazione
FAVARO, CARLOTTA
2020/2021
Abstract
L’attività umana, nella particolare congiuntura storica in cui ci troviamo a vivere, sta progressivamente diventando meno rilevante sia per il benessere nostro che per il destino del pianeta. Si può ravvisare un movimento che ci sta facendo spostare dall’antropocene -dove tutto è condizionato o condizionabile dall’azione umana - verso un’epoca diversa, che possiamo chiamare “robocene”, dove ad essere cruciali sono la tecnica e i suoi sviluppi. La direzione di questa svolta è posta fuori dal nostro completo controllo, ma possiamo cogliere alcune traiettorie per assecondarle o indirizzarle, avendo come fine qualcosa di migliore per il genere umano. In particolare si analizza l’ipotesi di un futuro in cui il lavorare non sarà più necessario. Se partiamo dunque dall’assunto che l’attività umana stia andando man mano a perdere di rilevanza, sarà necessario definire cosa si intenda in particolare con questo termine: cioè il lavoro, lemma sfaccettato e complesso. Con chiarezza sarà anche necessario andare a definire cosa s’intenda per obsolescenza umana, altro argomento poliedrico e articolato. Mostrati passi che conducono a un domani che vede una massiva robotizzazione non già di ogni ambito dell’esistenza, ma solamente di quello lavorativo, invece che intenderlo come inevitabile - per via dell'avanzata dell'automazione e pertanto dello spettro della disoccupazione -, ci concentreremo sulle ragioni filosofiche che lo rendono desiderabile - l'aspetto degradante del lavoro e il suo valore morale socialmente e storicamente costruito, non positivo in assoluto - e sui cambiamenti da fare per renderlo possibile - come la costruzione di un nuovo senso comune che trascenda l'etica del lavoro, o “il togliere all'ozio il pregio esclusivo di costituire una piacevole alternativa al lavoro”. Una parte della trattazione sarà incentrata sul focus che occorre perseguire nella costruzione di una società senza lavoro, che potrebbe essere la fioritura dell’essere umano. È necessario andare a capire quali benefici, oltre a quelli economici -trascurabili ai fini della trattazione-, ad oggi il lavoro porta nella vita delle persone, in quanto sarà importante, come minimo, rimpiazzarli in un ipotetico domani senza lavoro. Non si tratterà della costruzione di un nuovo modello politico, ma di un ragionamento filosofico vòlto a capire, esplorando luci e ombre, non tanto il futuro e il significato del lavoro, quanto il futuro e il significato dell'esistenza umana. Messi in chiaro i presupposti e le basi, occorrerà delineare immaginari tangibili del post-lavoro, appoggiandoci anche al concetto di utopia e considerando cruciale, per guidare una transizione appropriata verso il domani, il ruolo dell’educazione.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14240/80047