Nel mondo la pandemia da COVID-19 ha stravolto la vita di tutti, dai singoli alle famiglie. In Italia a partire dal 9 marzo 2020, con l’entrata in vigore del decreto #iorestoacasa, l’intera popolazione è stata costretta a sospendere tutte le attività sociali, culturali, lavorative ed è stata forzata a vivere chiusi all’interno delle proprie case. L’epoché culturale vissuta ha enfatizzato le disuguaglianze sociali all’interno del nostro territorio, a partire dell’emanazione del primo decreto. L’elaborato è frutto di una ricerca che inizia a marzo 2021. La ricerca si svolge durante la terza ondata epidemiologica. Il Piemonte era in zona rossa, erano vietati gli spostamenti tra regioni ed erano chiusi bar, ristoranti, cinema, teatri, musei, palestre e piscine. Gli unici studenti con il permesso di seguire le lezioni in presenza erano coloro che erano iscritti sino alla prima media, mentre la campagna vaccinale era appena iniziata per gli over 80 e per il personale sanitario e sociosanitario. La ricerca condotta ha come oggetto la vita delle famiglie e delle persone che non disponevanodi una casa, i clochard. Mentre tutti dovevano rimanere all’interno delle loro case per tutelare se stessi e gli altri, come hanno reagito i soggetti che una casa non ce l’avevano? ll periodo a cui l’elaborato fa riferimento è principalmente il primo lockdown a partire da marzo 2020. Per rispondere alla domanda di ricerca è stata svolta un’analisi sul campo presso l’Asilo Notturno Umberto I di Torino, presente sul territorio dal 1886 a disposizione di chiunque abbia bisogno di un aiuto, offrendo servizi quali dormitorio, mensa, distribuzioni di cibi o medicinali, visite specialistiche. Successivamente ad un lavoro di osservazione sono state svolte interviste al personale volontario e all’utenza. La pandemia ha colto tutti impreparati, la solidarietà è stata la chiave principale che ha concretamente aiutato e 1 tutelato coloro che sin dall’inizio del lockdown sono stati discriminati. La quotidianità dei clochard, da prima della diffusione del virus, è caratterizzata da situazioni di emergenza e con frequenti ostacoli improvvisi. Offrire servizi e aiuti vivendo anche questo tipo di quotidianità ha permesso agli Asili Notturno Umberto I di rispondere alla pandemia in maniera celere ed efficente per far fronte al meglio alle domande della sua utenza. Coloro che erano abituati a vivere con poche risorse a disposizione prima della pandemia han saputo affrontare al meglio questa situazione di crisi, le famiglie sono state invece maggiormente colpite. Durante il lavoro svolto ho infatti concentrato la ricerca nei confronti delle famiglie a differenza dell’ipotesi iniziale con cui mi ero approcciata. Aumentando la presenza di famiglie bisognose d’aiuto, a partire dal primo lockdown, la domanda di cibo, medicinali e indumenti è aumentata. Da parte loro, a causa di carenze economiche, vi era una forte paura di perdere i propri figli per via della presenza degli assistenti sociali sul territorio ed è cresciuto il timore di non saper far fronte alle spese “di fine mese”. Un tratto che ha accomunato tutti gli intervistati è stato l’imbarazzo di non poter sostenere economicamente da soli la propria famiglia e di non saper come fare a farsi aiutare dallo Stato ignorando le pratiche burocratiche e non sapendo a chi doversi rivolgere.
Gli Asili Notturni di Torino e lo scoppio della pandemia: famiglie e clochard
ROSSINI, ZOE
2020/2021
Abstract
Nel mondo la pandemia da COVID-19 ha stravolto la vita di tutti, dai singoli alle famiglie. In Italia a partire dal 9 marzo 2020, con l’entrata in vigore del decreto #iorestoacasa, l’intera popolazione è stata costretta a sospendere tutte le attività sociali, culturali, lavorative ed è stata forzata a vivere chiusi all’interno delle proprie case. L’epoché culturale vissuta ha enfatizzato le disuguaglianze sociali all’interno del nostro territorio, a partire dell’emanazione del primo decreto. L’elaborato è frutto di una ricerca che inizia a marzo 2021. La ricerca si svolge durante la terza ondata epidemiologica. Il Piemonte era in zona rossa, erano vietati gli spostamenti tra regioni ed erano chiusi bar, ristoranti, cinema, teatri, musei, palestre e piscine. Gli unici studenti con il permesso di seguire le lezioni in presenza erano coloro che erano iscritti sino alla prima media, mentre la campagna vaccinale era appena iniziata per gli over 80 e per il personale sanitario e sociosanitario. La ricerca condotta ha come oggetto la vita delle famiglie e delle persone che non disponevanodi una casa, i clochard. Mentre tutti dovevano rimanere all’interno delle loro case per tutelare se stessi e gli altri, come hanno reagito i soggetti che una casa non ce l’avevano? ll periodo a cui l’elaborato fa riferimento è principalmente il primo lockdown a partire da marzo 2020. Per rispondere alla domanda di ricerca è stata svolta un’analisi sul campo presso l’Asilo Notturno Umberto I di Torino, presente sul territorio dal 1886 a disposizione di chiunque abbia bisogno di un aiuto, offrendo servizi quali dormitorio, mensa, distribuzioni di cibi o medicinali, visite specialistiche. Successivamente ad un lavoro di osservazione sono state svolte interviste al personale volontario e all’utenza. La pandemia ha colto tutti impreparati, la solidarietà è stata la chiave principale che ha concretamente aiutato e 1 tutelato coloro che sin dall’inizio del lockdown sono stati discriminati. La quotidianità dei clochard, da prima della diffusione del virus, è caratterizzata da situazioni di emergenza e con frequenti ostacoli improvvisi. Offrire servizi e aiuti vivendo anche questo tipo di quotidianità ha permesso agli Asili Notturno Umberto I di rispondere alla pandemia in maniera celere ed efficente per far fronte al meglio alle domande della sua utenza. Coloro che erano abituati a vivere con poche risorse a disposizione prima della pandemia han saputo affrontare al meglio questa situazione di crisi, le famiglie sono state invece maggiormente colpite. Durante il lavoro svolto ho infatti concentrato la ricerca nei confronti delle famiglie a differenza dell’ipotesi iniziale con cui mi ero approcciata. Aumentando la presenza di famiglie bisognose d’aiuto, a partire dal primo lockdown, la domanda di cibo, medicinali e indumenti è aumentata. Da parte loro, a causa di carenze economiche, vi era una forte paura di perdere i propri figli per via della presenza degli assistenti sociali sul territorio ed è cresciuto il timore di non saper far fronte alle spese “di fine mese”. Un tratto che ha accomunato tutti gli intervistati è stato l’imbarazzo di non poter sostenere economicamente da soli la propria famiglia e di non saper come fare a farsi aiutare dallo Stato ignorando le pratiche burocratiche e non sapendo a chi doversi rivolgere.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14240/80020