Fin dalla mitologia greca, il mito di Orfeo è impresso nell’immaginario collettivo per le numerose chiavi di lettura che possiede, specie quelle legate al potere della musica e della poesia. Non è un caso, dunque, che proprio Orfeo venga scelto come soggetto dei primi melodrammi e delle successive opere che da questi si sono sviluppate. Nel XVII secolo, in particolare, non sono pochi i libretti in cui il mito orfico viene rielaborato e portato in scena con nuove varianti che sempre più si allontanano dalle fonti. In questa tesi, in particolare, si approfondiranno due opere: La morte di Orfeo di Stefano Landi, 1619, e L’Orfeo di Francesco Buti e Luigi Rossi, 1647.

Non è già morto Orfeo, ma vive in ciel celeste semideo Riscrittura del mito di Orfeo in due libretti d’opera del XVII secolo

NICOLOSI, MIRIAM
2021/2022

Abstract

Fin dalla mitologia greca, il mito di Orfeo è impresso nell’immaginario collettivo per le numerose chiavi di lettura che possiede, specie quelle legate al potere della musica e della poesia. Non è un caso, dunque, che proprio Orfeo venga scelto come soggetto dei primi melodrammi e delle successive opere che da questi si sono sviluppate. Nel XVII secolo, in particolare, non sono pochi i libretti in cui il mito orfico viene rielaborato e portato in scena con nuove varianti che sempre più si allontanano dalle fonti. In questa tesi, in particolare, si approfondiranno due opere: La morte di Orfeo di Stefano Landi, 1619, e L’Orfeo di Francesco Buti e Luigi Rossi, 1647.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14240/79551