La scelta di analizzare la questione del mito greco in Pasolini si deve in primo istanza al mio percorso personale, che mi lega a doppio filo al teatro tragico e all’arte drammatica, ma, anche al fatto che da sempre considero la personalità di Pasolini una delle più eclettiche e complesse del secolo scorso, caratterizzata da posizioni decisamente radicali e dettate anche da motivi autobiografici. Parlo di eclettismo in quanto Pasolini trova dunque modo di relazionarsi a diverse Arti, intese come vere τέχναι: teatro, romanzo, pittura, sceneggiatura, poesia, regia, traduzioni dal greco e dal latino, cui si aggiunge una prolifica attività critica e teorica. Una poliedricità quasi ossessiva, insomma. Se tanto si è detto e scritto riguardo alla sua produzione cinematografica e letteraria, meno si è parlato del teatro e del suo rapporto con esso. Dunque, partendo biograficamente dal valore che il teatro ha ricoperto nella vita di Pasolini, il mio intento è rilevare la forte attrattiva che, come un magnete, ha condotto l’autore friulano a voler affrontare mito e tragedia. Le motivazioni che lo hanno spinto ad affrontare l’Orestea sono riconducibili al sentimento politico che permea la trilogia e, certamente, alla possibilità di malleare e attualizzare le opere al fine di innestarvi il proprio pensiero ideologico. E’ inoltre noto che i progetti incompiuti, privi di una conclusione, siano tipici della poetica pasoliniana; eppure, paradossalmente, qualcosa lo spinge voler trovare in essa una conclusione: questa diventa una vera questione personale con la quale l’autore si confronterà, arrivando addirittura a modellare un personaggio che riporta chiaramente i caratteri della sua persona, Pilade ne il “Pilade”, tragedia che Pasolini stende come ideale prosecuzione dell’Orestea e che diventa focus della mia tesi.

Pasolini e la tragedia, mito e politica ne il Pilade

BALLIU, CINDY
2021/2022

Abstract

La scelta di analizzare la questione del mito greco in Pasolini si deve in primo istanza al mio percorso personale, che mi lega a doppio filo al teatro tragico e all’arte drammatica, ma, anche al fatto che da sempre considero la personalità di Pasolini una delle più eclettiche e complesse del secolo scorso, caratterizzata da posizioni decisamente radicali e dettate anche da motivi autobiografici. Parlo di eclettismo in quanto Pasolini trova dunque modo di relazionarsi a diverse Arti, intese come vere τέχναι: teatro, romanzo, pittura, sceneggiatura, poesia, regia, traduzioni dal greco e dal latino, cui si aggiunge una prolifica attività critica e teorica. Una poliedricità quasi ossessiva, insomma. Se tanto si è detto e scritto riguardo alla sua produzione cinematografica e letteraria, meno si è parlato del teatro e del suo rapporto con esso. Dunque, partendo biograficamente dal valore che il teatro ha ricoperto nella vita di Pasolini, il mio intento è rilevare la forte attrattiva che, come un magnete, ha condotto l’autore friulano a voler affrontare mito e tragedia. Le motivazioni che lo hanno spinto ad affrontare l’Orestea sono riconducibili al sentimento politico che permea la trilogia e, certamente, alla possibilità di malleare e attualizzare le opere al fine di innestarvi il proprio pensiero ideologico. E’ inoltre noto che i progetti incompiuti, privi di una conclusione, siano tipici della poetica pasoliniana; eppure, paradossalmente, qualcosa lo spinge voler trovare in essa una conclusione: questa diventa una vera questione personale con la quale l’autore si confronterà, arrivando addirittura a modellare un personaggio che riporta chiaramente i caratteri della sua persona, Pilade ne il “Pilade”, tragedia che Pasolini stende come ideale prosecuzione dell’Orestea e che diventa focus della mia tesi.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14240/79531